BREGAGNO (DA SAN SIRO) – SPONDA OCCIDENTALE DEL LARIO
domenica 02 febbraio ‘25
Sembro uno scappato di casa, uno che lo scialpinismo deve averlo conosciuto il giorno prima o che forse ha svaligiato la soffitta dei nonni e, dopo avervi trovato un residuato di inizio secolo, ha avuto la brillante idea di provare a fare scintille sopra il lago. D’altra parte devo cercare di risolvere l’inconveniente di ieri che, per la gioia della Laura nel fare il passeggero per oltre 2 ore e mezza nello sconosciuto territorio elvetico, ci ha visti ribattere dopo un centinaio di metri perchè il puntale del mio attacco ha deciso di troncare la sua relazione con lo sci! E allora vado da Tutankhamon: tiro fuori dalla naftalina gli sci vecchi (che ora mi sembrano due pezzi di piombo arricchito con qualche elemento finale della tavola periodica), spero che la soluzione casalinga del cordino che blocca il tacco del Diamir che altrimenti farebbe avanti e indietro come il treno dei pendolari continui a funzionare e sono di nuovo in pista. Ma a parte questo, faccio l’upgrade: il pollaio si allarga e, dopo lo Zwolfihorn e il Bärenhorn, mi ritrovo a fare il gallo con quattro pulzelle tre delle quali, a dire il vero, avrei successivamente ceduto ad un altro allocco. Comunque pianifichiamo il ritrovo: ore otto, orario da merenderos su cui però ho poco da lamentarmi visto che a proporlo è proprio il sottoscritto. Solo che i miei piani prevedevano il “rapido” arrivo al parcheggio e poi una salita che si sarebbe dovuta chiudere nel giro di un quattro e quattr’otto. E invece no. La quadriglia decide di fare tappa per la seconda colazione e io ho nulla voce in capitolo: lascio il carro nelle mani di chi lo tira e mi ritrovo a fare il reggi moccolo al bar. Tutto sommato, l’inconveniente non dovrebbe essere poi tanto grave: la gita dovrebbe essere relativamente rapida e la deviazione (ben più lunga del “caffè veloce” promessomi) non dovrebbe avere grosse ripercussioni. Sì, appunto, “dovrebbe”! Al parcheggio capiamo due cose: o non siamo gli unici matti o hanno aperto le gabbie. Davanti a noi dondolano già gli sci di una coppia che sta risalendo la mulattiera. Carichiamo i nostri basti e ci avviamo in processione, termine che risulta subdolamente e perfettamente appropriato nonostante non mi sembri di avere lo stesso ritmo dei tempi in cui facevo il chierichetto: certo, là mi toccava la croce mentre qui due legni di mogano imbevuti di cemento appollaiati sullo zaino (almeno la gerla l’ho lasciata a casa) eppure, per il resto, abbiamo la stessa velocità di un gruppo di devote nonnine pur non avendone cortezza. Infatti, dopo circa un’ora e mezza abbondante dalla nostra partenza quando l’altimetro mi informa che abbiamo superato sì e no 400 metri di dislivello, vengo preso prima da un coccolone e poi dall’impulso di scuotere le redini. Forse abbiamo oltrepassato una qualche porta spazio temporale perchè non trovo altre spiegazioni se non il fatto che il ciacolare delle quattro scialpiniste mi ha completamente rincretinito. Provo a dare una sveglia e la cosa per un po’ funziona per poi tornare nuovamente nell’abisso delle nonne col rosario e le relative litanie che vengono snocciolate sui suoi grani con annesso ritorno al ritmo da processione. È solo dopo il Bregagnino che le cose cambiano un po’: sarà forse perchè ci si rende conto che altrimenti dovremmo improvvisare un bivacco passando in tal caso alla storia per essere i primi ad averlo fatto! Seguiamo la spalla con l’odiosa breve discesina e poi il muro finale, una specie di Hillary Step messo a difesa della calotta finale. In effetti, visto dall’inizio del crinale quando una fila di puntini era impegnato in quel tratto, la situazione sembrava un po’ quella con un incolonnamento da esodo ferragostiano. E poi la salita finisce: appare la croce che con quel suo manto gelato e immacolato assomiglia ad un’apparizione al termine delle via Crucis, noi ci mettiamo in sua adorazione elemosinando foto di vetta a destra e a manca e poi ci prepariamo per la discesa. Nonostante il materiale non proprio di ultimissima generazione, sembro quasi un campione mondiale dello sci mentre pennello una serpentina da fare invidia a Giotto. D’altra parte ho gioco facile viste le condizioni ideali della neve caduta i giorni scorsi. Poi arriva la risalita dove la Laura sembra volersi giocare l’oro olimpico nel pattinato e quindi, come ultimo canto della Fenice, la troppo rapida discesa alla stradina sottostante. Ora entriamo in officina perchè, volendo sfruttare al massimo la poca neve presente, gli sci, certamente poco felici della mia scelta, iniziano a lanciare scintille contro i sassi costringendoci a tornare alla modalità asino da soma per tornare al parcheggio.
Cavallo Goloso
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