racconto della via zucchi al pilone centrale, grignetta (lecco, lombardia)


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ZUCCHI – PILONE CENTRALE

sabato 07 settembre ‘13


Ritorno col super botto. Ho dovuto scartabellare non poco per ritrovare Micol sul “sitodiriferimento”: alla fine di giugno siamo saliti alla Ponti mentre l’ultima via risale addirittura ad un anno prima quando siamo andati a ripetere Tunnel Diagonale. Un abisso temporale che mi avrebbe ridotto nello stesso stato dei pochi libri di classici latini e greci sopravvissuti alla mattanza post maturità: ricoperti di terra e polvere nella dispersione apocalittica di un qualche scaffale della libreria. E invece no! Lei, dopo migliaia di ore di morte apparente, è uscita dal suo bozzolo, ha dato una rapida oliata agli ingranaggi ed è partita come se nulla fosse.

Quando mi dice che Silvia e Michelangelo vogliono andare a fare la Zucchi, sono quantomeno perplesso: già mi immagino in un catastrofico epilogo, incagliato lungo le difficoltà dell’avvicinamento. Infondo quindi sicurezza in Micol domandole se sia effettivamente, veramente, realmente, intrinsecamente convinta di andare al Pilone Centrale il cui nome fa già sembrare tutto più fico e caiano. Beh, a dirla tutta, ci limiteremo al Pilone della Grignetta, una meta comunque di tutto rispetto. Lei, sicura e risoluta, risponde che sabato vuole scalare con Silvia e Michelangelo in Grignetta: mi sembra di essere all’imbarco del Titanic ma comunque risalgo la scaletta e saluto il porto.

La partenza sembra quella di una Sky Marathon: il comandante sembra voler puntare diritto verso gli iceberg ben sapendo che abbiamo i braccioli bucati. Micol però tiene botta finchè Silvia non decide di cambiare marcia e rendere tutto un po’ più semplice. Così la meta si avvicina apparentemente senza alcun problema ma, proprio quando sto facendo Di Caprio sul ponte della nave, un maledetto cubetto di ghiaccio apre la chiglia come fosse una scatoletta di tonno. Micol si impianta, la via ci fa ciao ciao della luna mentre faccio macinare chilometri ai criceti per capire dove sia meglio andare: tornare indietro dalla Direttissima o raggiungere comunque la Cermenati e scendere da lì? Da perfetto iettatore, le mie catastrofiche previsione sembrano quindi compiute se non fosse per l’ultimo asso nella manica ancora disponibile; estraggo la pozione di Asterix e Obelix e questa fa effetto: il miele corrobora i muscoli di Micol e, dopo una breve pausa, la via ammara sana e salva nell’oceano. Dobbiamo comunque ancora andare a prenderla ma intanto la situazione si fa decisamente più rosea.

Al banco del salumiere c’è coda; abbiamo solo il numero 3 ma chi ci precede ha la capacità operativa e decisionale di un bradipo. Vero è che non abbiamo particolari esigenze ma sarebbe opportuno arrivare al supermercato con la lista già pronta! Così ci acciambelliamo sul sentiero in attesa che davanti ci aprino la via.

Quando finalmente arriva il nostro turno, schizzo verso l’alto e mi ricongiungo ai quattro che ci precedono. La processione continua lentamente una stazione dietro l’altra ma almeno si procede. Dietro, tutto fila liscio: la macchina scalatoria di Micol sembra non aver fatto nient’altro che arrampicare mentre mi rincorre una sosta dopo l’altra fino alla vetta del Pilone.

Ma sulla torta c’è sempre la ciliegina. L’aquila caiana spiega le ali e si alza in volo: dopo l’avvicinamento, conclusa la via, raggiunta la cima del torrione bisogna ora continuare verso l’alto, sempre e solo verso l’alto perchè è lì che sta l’ideale del caiano, sulla vetta della montagna. Non saremo a 4000 metri ma lo spirito è sempre quello. Ci prepariamo quindi per la conserva e iniziamo la parte conclusiva della Segantini. Micol, sebbene evidentemente non proprio a suo agio, mi segue lungo la cresta fino alla paretina “difficile”: anche dal formaggiaio c’è ressa, solo che il negozio è sul punto di chiudere le serrande. La nuvolaglia che si è data convegno sulla Grigna sembra ora farsi più minacciosa e, col cuore in frantumi, decidiamo di svicolare dalla cima e guadagnare rapidamente la Cermenati. Dagli occhi dell’impavida aquila scende una minuscola lacrima ma poi il reale volatile ci omaggia volteggiando sopra le nostre teste. Il caianesimo si è compiuto; ora Micol non ha più scuse, anche su di lei si sta imprimendo il simbolo settario: ora è tempo di tirar chiodi!


Cavallo Goloso


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