racconto della via il sol dell'avvenir al primo magnaghi o magnaghi meridionale, grignetta (lecco, lombardia)


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IL SOL DELL'AVVENIR – PRIMO MAGNAGHI (O MAGNAGHI MERIDIONALE)

domenica 21 ottobre ‘12


Dopo l’abbondante raccolta di bollini di ieri, per oggi avevo previsto una tranquilla giornata in falesia anche perchè sabato sera, dopo la cena dagli amici di Micol, non si prevedeva di andare sotto la coperte ad un orario da cristiano e la mia età non mi permette certo di dormire poche ore per poi affrontare un’impegnativa giornata caiana; beh,a dire il vero, non me l’ha mai permesso e non credo certo inizierà a farlo ora!

In ogni caso, prima ancora che la cena entrasse nel vivo, cioè prima delle lasagne, squilla il cellulare. Con occhi da cerbiatto (che ovviamente non vedo perchè l’unica funzione in più del cellulare oltre la chiamata e l’utilissima pila), Cece mi chiede i programmi per l’indomani. Rispondo che pensavo di andare in falesia e, comunque, di partire ad orari da milanese plasticaro. Subito il buon caiano gira la leva dello scambio e il treno cambia direzione: domani niente falesia o si va in Grignetta o magari addirittura in valle! Solo l’orario resta da FF: le 9 a Lecco.

Così sono ancora in gioco per raccogliere qualche altro bollino senza però sapere bene dove racimolarli. Subito scartiamo l’ipotesi valle, l’ora e la super con una sola corsia aperta ci farebbero arrivare troppo tardi alle pareti e poi c’è da considerare il rientro. Morale, puntiamo decisi alla Grignetta decidendo dove scalare solo quando raggiungiamo i Resinelli. Fa caldo ma non ancora quel bollore e quella sensazione da altoforno che proveremo durante la giornata, ciò nonostante ci avviamo decisi verso la ovest del Primo Magnaghi ipotizzando di salire prima un qualche quartone giusto per aspettare che il sole arrivi a scaldare la parete. Rapidamente però ci rendiamo conto che non sarà necessario l’intervento del fochista per poter scalare e così lasciamo perdere il caianesimo classico e ci dirigiamo subito verso la morte certa, il Sol dell’Avvenir. La vista del primo tiro ha lo stesso effetto di un vento gelido sulla pancia: Cece corre subito in bagno mentre il sottoscritto, che ci ha dato dentro da poco, prosegue impietrito nella visione del film horror proiettato cercando di individuare gli appigli per raggiungere il primo spit e salvarsi le caviglie.

Per una volta lasciamo scegliere alla sorte e, col senno di prima, sono sfigato mentre con quello di poi mi baciano la fama e la gloria: in pratica mi cucco la prima lunghezza. Convinto di aver studiato per benino il trailer del film, parto alla volta del muro: fessura, clessidra e chiodo ballerino sono presto superati mentre raggiungo la zanca da cui dovrei brancare lo spit e salvarmi. È come nell’Esorcista: il letto inizia a tremare e poi la bambina scende le scale a quattro zampe ripiegando la testa all’indietro; col cavolo che dalla zanca si prende lo spit, dovrei essere l’ispettore gadget! E la scena si blocca con un caiano che più che smagnesare non fa molto: provo a infilare un dado ma questo tiene come un filo d’erba, lo sostituisco con un C3 che sembra fondamentalmente buono e quindi provo a salire. La sosta con tempi d’attesa tipo quelli di una stazione alla via Crucis mi ha permesso di osservare ogni piega della parete: prendo una tacca un po’ schifosa, alzo i piedi e con la sinistra sono ad un buon appiglio da cui posso rinviare: salvo! Almeno per oggi dovrei riportare a casa le caviglie integre. Ma la parete non è mica finita: salgo guardingo su difficoltà costanti mentre gli avambracci si gonfiano e pulsano sempre di più. Procedo come un’auto in tangenziale all’ora di punta e alla fine un piede sul chiodo ce lo metto ma sarà l’unica azzerata della via e solo perchè sono pieno come un uovo! Poi finalmente guadagno la sosta e, almeno per il momento, posso dirmi effettivamente salvo. Ovviamente, dopo prestazioni del genere, la propria autostima prende un razzo e si butta verso l’infinito e oltre; si guarda il resto della via con aria di sufficienza tirandosela di brutto perchè si è fatto il tiro più duro. E qui la linea ti fa lo scherzetto, scarta di lato e con gesto fulmineo te lo infila nel di dietro! Praticamente la solfa sarà sempre quella per tutte le lunghezze rimanenti eccetto l’ultima: la scalata è sempre più impegnativa di quanto ci aspettassimo, con passaggi che, pur rasentando o superando il limite umano, riusciamo a superare rigorosamente in libera anche perchè altrimenti non basterebbe un uso estremo del cliff per poter progredire. Intanto siamo come due pizze dentro il forno: nonostante si sia nella seconda metà di ottobre, fa più caldo della volta che ho salito la Graziella con Micol così, dopo aver buttato le doppie, ci prepariamo per la successiva salita della Panzeri rigorosamente a torso nudo sfoderando fisici da flaccide mozzarelle. Questa volta inizia Cece così che mi tocca la prima lunghezza strapiombante: è il valzer della staffata e dell’estremo tiraggio dei chiodi; ovviamente quando l’amico mi raggiunge in sosta non posso che giustificarmi affermando che l’estrema calura, provocando una sudorazione tipo fontana di Trevi, mi ha impedito di scalare in libera. In effetti siamo come due polli sul girarrosto oramai pronti per essere divorati e così, per non voler diventare freddi che il pollo freddo non è buono, lasciamo perdere il resto della salita tornando a terra e mettendo così fine all’osceno spettacolo di due lenzuola sgualcite appese sulla ovest dei Magnaghi!


Cavallo Goloso


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