WINTERHORN O PIZZO D'ORSINO – URSERENTAL
domenica 09 marzo ’25
Sono solo, abbandonato e devo correre. Sento la pressione addosso e forse l’unico modo per liberarsene è quello: muovere le chiappe e darmi una sbrigata. Il primo ad aver fatto saltare il banco è stato il vento: infido, incostante e freddo ci sferza senza lasciare alcuna prospettiva di un riparo anche se, a dire il vero, sono stato preso a schiaffi da ben altri combattenti. Oggi Eolo si “limita” a fare il fastidioso petulante ma tanto basta. E poi ci siamo noi: trasformati in 5 birilli sul pavimento lucido del bowling con gli sci che sgattaiolano ora a destra ora a sinistra sul pendio che sembra una pista da sci col risultato che Laura ne prende le misure scivolando come il miglior gatto Silvestro; ottima scusante per poi millantare di aver fatto una ventina di metri in più rispetto noi quattro! Ma noi si va avanti anche se il Marcello già dalla macchina aveva iniziato a storcere il naso: d’altra parte so bene che questa è solo una delle sfaccettature con cui il Caianesimo gode nel mettere alla prova i suoi figli ed io, a mia volta, provo un insolito piacere in tutto questo. Il masochismo è una brutta bestia! Ma è proprio in queste condizioni che rifulge la vera fede (tanto è vero che la Laura non batte ciglio dopo la scivolata ma si rialza col sorriso) e chi trema nelle tenebre non ha alcuna speranza e cade come il grano sotto la falce. Ma poi qualcuno cede, certamente non i prediletti o, forse, quelli che un po’ di sale in zucca l’hanno mantenuto e così, a metà circa, la Chiara e il Marcello ritirano ogni velleità di raggiungere la cima e si preparano al rientro. Dal canto mio sono deciso a continuare: sarà forse che dopo l’inutile trasloco di mercanzie di un paio di domeniche fa, lo zaino mi sembra una briciola appoggiata sulle spalle, fatto sta che la vetta resta il mio chiodo fisso. E forse anche perchè non ho intenzione di presentare ai posteri l’ennesimo fallimento: e poi questo è nulla rispetto l’ultima giornata della mitica cavalcata sul Roma in inverno, là sì che Eolo ci dava dentro dopo aver ingurgitato un pacco intero di Action Vigorsol! E anche la Laura non batte ciglio: avanti, sempre avanti! Finchè poi arriva il tracollo, portato da una folata un poco più forte - Io torno indietro - È la prima volta che capita e io non so che fare, mi sento perduto: l’impulso a proseguire è irresistibile, quasi come quello dei pasticcini a fine cena. E in mio aiuto arriva mio papà: forse entrambi colgono al balzo l’occasione per lasciarmi da solo nella lotta caiana. E a quel punto mi tocca correre (almeno figurativamente). Inizio così la mia gara contro il tempo, a recuperare e poi superare gli scialpinisti che mi precedono mentre l’obiettivo si fa sempre più vicino. Scelgo di salire per la cresta perchè il pendio che si impenna proprio sotto la croce e da cui potrei scendere mi sembra un po’ troppo ripido. Carico quindi gli sci sullo zaino (probabilmente, nel profondo, sentivo la mancanza del portage della Gianetti) e mi involo. Devo stare attento a farlo verso l’alto e non verso il basso perchè, ovviamente, ho lasciato a casa i ramponi. Eppure, sfruttando le rocce affioranti, riesco a evitare i tratti più ghiacciati. Sarà forse perchè il Caianesimo aiuta sempre i suoi figli? Oppure trova gusto a gettare le basi per una bella inculata: preferisco non soffermarmi troppo sulla fine alla Homer Simpson se dovessi scivolare e mi concentro sul passo successivo. Alla fine arrivo alla croce, una specie di mega mirino puntato suppergiù verso il passo del San Gottardo: un paio di foto veloci (per quanto la visibilità permetta di catturare le cime che mi circondano) e poi scendo al pendio adocchiato e già abbondantemente tritato. Ravano nello zaino (praticamente vuoto) ma del casco nessuna traccia: già me lo vedo perso e disperato da qualche parte lungo il percorso finchè mi passa il fotogramma del momento in cui l’ho appoggiato nel baule. Perfetto: ora nel mio tentativo di discesa “estrema” dovrò stare ancora più attento. La sciata inizia con una bella derapata: d’altra parte mi pare la soluzione più ovvia per evitare i primi metri poco più larghi degli sci. E poi inizio a curvare. La neve non è male, anzi a tratti ci sono ancora tracce di vaga polvere! Peccato non si possa dire altrettanto della visibilità: siamo al limite della situazione in cui il pendio pare una tavola biancastra indecifrabile. Mi barcameno tra i sassi cercando di intuire quale sia il percorso migliore, supero il crinale più stretto e poi mi tuffo su quella che una volta era una pista da sci senza dare alcuna tregua alle gambe.
Cavallo Goloso
Per lasciare un commento, clicca QUI