VIA NORMALE – BADILE
domenica 23 febbraio ‘25
A Walter piace sfacchinare. Lui si sollazza, trova godimento nel portare carichi indicibili, roba da fare impallidire Atlante. Io provo anche a portarlo alla ragione e un po’ forse ci riesco, come quella volta al Gugliermina dove l’ho convinto a lasciare a casa il fornelletto che i pasti già precotti sono più che sufficienti ma la verità è che alla fine mi intorta e siamo in due ad avere sulle spalle una catasta che lentamente e inesorabilmente schiaccia a terra. Forse nemmeno troppo lentamente anche se il primo commento che lancio appena mi faccio uscire un’ernia nel tirare su lo zaino suona un po’ come una presa per il culo sarcastica - Beh, non è poi così pesante: pensavo peggio - A volte forse si farebbe meglio a stare zitti e tenersi certi commenti per sé che poi finisce che ci si pente. L’altra cosa di cui invece sono io il maestro è quella di sparare tempistiche che poi, inesorabilmente, non si avverano: i tempi prospettati si dilatano come pure distanze e dislivelli e alla fine resto col cerino in mano a contemplare il mio ottimismo. Queste quindi sono le due cause scatenanti il nostro epico fallimento domenicale anche se, a meglio analizzare, ci potrebbero essere anche altri motivi: il primo è che evidentemente siamo tecnicamente due mezze calzette (questo, almeno per quanto mi riguarda, è indiscutibilmente vero di fronte ad una salita invernale, altrimenti avrei avuto argomenti convincenti per lasciare un po’ di ferraglia e materiale in cantina); il secondo è che lo siamo anche fisicamente se impieghiamo poco più di 4 ore per arrivare alla Gianetti nonostante constati allibito che - Non mi sembrava stessimo salendo così piano... - e il fatto di aver dovuto parcheggiare un centinaio di metri più in basso rispetto i Bagni perchè quei cacasotto del comune hanno avuto la brillante idea di chiudere la strada per il pericolo valanghe non è certo la scusante per una simile tempistica da lumaca azzoppata.
Tutto inizia a metà settimana col Walter che tesse la sua tela sicuro di catturarmi come le mosche sul miele. - Va bene! Ci sono! - - Ottimo: possiamo salire sabato nel tardo pomeriggio che prima vado a fare cascate col Gabri - Sono un po’ perplesso ma mi tengo il commento per me: andranno a fare qualcosa di tranquillo, zero sbatta anche se il dubbio che il Walter stia sparando una sua “Walterata” un po’ mi viene. Infatti passano un paio di giorni e arriva la rettifica - No, forse è meglio rimandare... vado all’Albigna: non credo ce la farei! - Ecco, appunto, come volevasi dimostrare: per fortuna che un barlume di lucidità ha rischiarato l’ottenebramento da Caianesimo Extreme! Ed è qui che viene fuori il matematico che c’è in me: ipotizzando che in 4 ore si possa arrivare all’attacco, perchè non tentare in giornata? Se Colombo (Cristoforo) era ottimista, io gli faccio un baffo, questo è certo! Così la trappola scatta al contrario e questa volta sono io a ingabolare il Walter. Ma lui fa presto a rivoltare la focaccia facendo di fatto leva sulla mia inettitudine nelle salite di misto - Allora, servirà una serie di friend e qualche chiodo da roccia - Manco dovessimo fare la Supercanaleta ma siccome sono un impedito su questo terreno, non ho alcun dubbio che sia meglio “abundare quam deficere” nonostante spalle e schiena inizino a pensare che siamo solo due deficienti. Poi arriva la ciliegina sulla torta quando, data per scontata la salita con gli sci, il Walter mi risponde che però così dovremo portarci pure gli scarponi da alpinismo e che forse si potrebbe salire a piedi. Evidentemente non ha idea di cosa significhi: lo convinco dell’indispensabilità dei legni (che poi si mostreranno gli unici attrezzi veramente utili in tutta la sfacchinata) e mi lascio intortare sulla necessità degli scarponi sempre per il motivo di cui sopra. Ovviamente, in tutto questo, non può mancare la coppia di picche che, almeno nel mio caso, giacevano ad ammuffire in cantina, tutto questo perchè è meglio avere una caterba di materiale secondo la massima del “fat and furious” che si oppone a quella più modaiola del “fast and light” ma a seguire le mode sono capaci tutti: i veri geni sono quelli che rompono gli schemi. Lasciamo quindi la macchina senza abbatterci per il centinaio di metri in più: cosa vuoi che siano di fronte alla doppia migliaia che ci aspetta? Anche sul sentiero nel bosco, tutto sommato, si sale bene (salto ad ostacoli dell’abete abbattuto permettendo) poi quando arrivo alle baite delle Termopili e il nostro obiettivo finalmente si staglia in lontananza qualche dubbio inizia a venirmi - Ehi Walter, forse erano più utili le scarpette! - e indico la parete che si para davanti quasi completamente pulita e asciutta. Oramai però siamo carichi e quindi si continua così. Poco sopra il pianone, quando gli sci hanno terminato da un po’ a fare i ripetitori sullo zaino, il Walter inizia ad alzare la prima bandiera bianca. O forse ad avere il primo barlume di sanità mentale: evidentemente la sua schiena sta prendendo il sopravvento mentre la mia nulla può contro il mio offuscamento da trance da Caianesimo. Così convinco l’amico a continuare a portare la sua croce almeno fino alla Gianetti - perchè non è ancora detto che non si riesca a compiere la salita! - anche se, in effetti, l’orario non sembra giocare a nostro favore. E infatti al rifugio raggiungiamo anche la cima del nostro Calvario: a nulla vale la mia proposta di provare almeno a raggiungere la punta Torelli, il Walter è irremovibile così tutto il materiale ritorna a valle come è salito fin lì godendosi solo un’altra gitarella fuori porta. E in tutto questo, perchè al masochismo non c’è mai fine, neppure la gioia di una discesa appagante: in un sol colpo vengo catapultato indietro di anni, tra neve non ottimale e zavorra sulle spalle più che sciare mi tiro giù in qualche orripilante modo finchè mi arrendo all’evidenza (e all’impossibilità ad andare molto oltre) e ritorno a fare il ripetitore umano fino all’auto.
Cavallo Goloso
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