SASSO D'INTROBIO      

Sabato 28 novembre ‘09


Rispettando il programmad’allenamento, siamo alla ricerca di una falesia che non siaavvolta dalle nebbie. Sembra che la frequentazione dei monotiri inizia dare i suoi frutti: intendiamoci, il livello è sempre quello, male tacche iniziano a sembrare un po’ più grosse.


Mentre dunque l’autocorre verso le montagne del lecchese spariamo a raffica i nomi dellefalesie della zona, senza però arrivare a una decisione:l’accavallamento di proposte non fa che confonderci le idee.Saliamo in Valsassina, dopo aver escluso il lungolago favoriti dallacopertura nuvolosa. Uno dei parametri fondamentali nella scelta èl’avvicinamento; il dictat è categorico e lapidatorio: “pocosbatti e, se proprio bisogna camminare, il percorso deve essere ilpiù pianeggiante possibile!” Insomma, l’Angelone no sa da farsi:i suoi “ripidi” sentieri sono troppo impegnativi e faticosi. Cisarebbe il Vaccarese, ma anche lì c’è da camminare. Si, in piano,però comunque bisogna muovere un piede dietro l’altro, posizionareuna gamba davanti all’altra, con gran inutile dispendio di prezioseenergie. Preziose a cosa, poi, mi risulta difficile da comprenderema, in ogni caso, anche questa falesia viene bocciata.

Del resto la proposta diCece è di quelle irrinunciabili, che appagano il nostro essere FFdoc (almeno nello spirito dell’avvicinamento!): il Sassod’Introbio!

Certo che Cece, autistadi giornata, avrebbe potuto parcheggiare anche un po’ più vicino enon costringerci ad attraversare la strada per arrivare alla basedella falesia. Ma del resto, lo spirito alpinistico è difficile dasopprimere e, volente o nolente, riesce sempre a tirare la suazampata. Così, succubi della situazione, dopo 30 secondi di camminogettiamo gli zaini a terra per riprenderli solo a fine giornata.

Abbiamo trovato il nostroWenden, il Sasso Cavallo! Certo, tutto è in miniatura (a partiredall’avvicinamento!), ma la roccia è superbamente,meravigliosamente, incredibilmente compatta. Una lavagna verticale sucui è stata tessuta una ragnatela di vie e tracciati che siintersecano sfruttando i (pochi) punti deboli della parete.

Iniziamo con il“riscaldarci” sulla gelida Francesca per l’ombra che ancora ciavvolge. Con due pezzi di legno al posto delle mani, afferro leultime prese (fortunatamente grosse) che mi permettono di raggiungerela sosta, con la constatazione che la spittatura non è generosa comein altri posti. Intanto il termosifone solare ha iniziato a scaldarel’ambiente e la roccia: saliamo cosi il primo tiro di Paolo VI, poiPaolo VIII e, santificati dalle nostre esperienze mistiche, tentiamola purificazione sul liscio mare di Dormi Martina. Avremmo graditoche Eolo avesse increspato le placide acque ma, purtroppo, all’attodella formazione, il dio dei venti si deve essere trasferito inqualche altro recesso con il risultato che quella porzione di pareteè rimasta troppo liscia per le nostre capacità (chiedendo venia aLuca, quello forte del trio). E così sono i due alpinisti a doverrisolvere il problematico raggiungimento della sosta con un accuratoutilizzo della staffa; rimane poi da salire Oltre il Tramonto(oggettivamente un po’ sottogradato) e tentare il traverso di Murodi Cristallo.

Per chiudere la giornata(e affaticare le braccia già abbastanza provate) ci spostiamo su LaPancia che mi offre l’ebbrezza di un bel voletto sull’unto diedroiniziale. L’ennesima staffata mi permette di raggiungere la sostacon la quasi certezza che a questa nostra prima visita ne seguirannodelle altre.


CavalloGoloso


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