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SENTIERO ROMA – VAL MASINO

sabato 01, domenica 02 luglio ’23


È tutta colpa di una spazzola per capelli e di un libro. D’altra parte, anch’io ho la mia fetta di responsabilità: la prossima volta una controllatina preventiva allo zaino della Laura sarà meglio farla, un bel ribaltamento del contenuto sul piazzale del parcheggio con annessa analisi e selezione di ciò che la borsa di Mary Poppins dovesse vomitare fuori. Che poi se qualcosa dovesse sporcarsi, che problema c’è? Sarebbe in linea collo sozzume del bivacco: troppa pulizia non sarebbe ben accetta! È pur vero che il progetto è piuttosto ambizioso ma se c’è chi fa il percorso del Kima in poco più di 6 ore, perché noi non dovremmo farcela in due giorni? Perché nello zaino ci si mette la spazzola e il libro: è noto che la sera, al bivacco, bisogna scendere in sala da pranzo con un certo tono, capelli ben in ordine, puliti e profumati. E poi dopo le leccornie dello chef stellato, vuoi forse perderti una sana lettura al lume dell’abatjour, sommersi nei cuscini di piuma d’oca? D’altra parte, c’ho l’agenda come quella del papa: devo trovare col lanternino un weekend libero e così non ne restano molti per il nostro tentativo andato già a ramengo al ponte del 2 giugno. Lì ce la saremmo presa con comoda: avremmo potuto dormire all’invernale della Ponti o a quello dell’Allievi e, magari, pure in Gianetti. O meglio io avrei ronfato, la Laura invece, sotto attacco di pulci, cimici e parassiti, sommersa dai batuffoli di polvere che corrono tipo i rotolacampo dei film del far west, si sarebbe sbizzarrita a passare la notte a studiare le travi del soffitto o della rete del letto soprastante per poi propormi alle 4 di levare le chiappe dal giaciglio e mettersi in marcia. E invece, per evitare questo rischio lordume e, illudendomi, per un approccio più soft alle rudi esperienze di una dormita in quota, punto il dito al bivacco Kima, quello di cui parlano i racconti mirabolanti del Gabri e del Gughi, tanto da farmi immaginare una reggia da Mille e Una Notte. Così, giunti in quel di Filorera, lasciamo il bolide per iniziare la nostra passeggiata lungo quel doppio migliaio di metri che ci porterà alla bocchetta Roma mentre gli opulenti escursionisti, sprofondati nei sedili di pelle delle loro lussuose autovetture, ci sfrecciano di lato probabilmente commentando la nostra pitoccheria per non aver pagato il biglietto d’accesso. A volte la mente umana è proprio subdola e prevenuta eppure, ogni tanto, a pensare male ci si azzecca! Poi arriviamo alla Ponti con le mie scarpe zuppe dopo il lavaggio nell’erba delle scorciatoie e, a discapito delle inspiegabili maldicenze, ci concediamo il lusso di una merenda. Alla bocchetta Roma, mentre le nuvole si divertono a nascondere le cime che ci circondano, l’escursionista che incrociamo, evidentemente scambiandoci per due scappati di casa, si convince che getteremo la spugna. Così, quando ci muoviamo verso la val Cameraccio, il suo unico commento è - Ah, ma quindi proseguite? – Ovvio che si va avanti! E con l’agilità di una capra zoppa ci involiamo lungo le catene alla volta del Kima. Al bivacco siamo soli. O forse sono semplicemente accecato per evidente effetto dell’altitudine perchè la Laura vede una folla da concerto dei Rolling Stones che le impedisce di varcare la soglia dell’ameno chalet. Mostri inferociti, pulci dalle zanne dai denti a sciabola, cimici con la voracità del Diavolo della Tasmania dei Looney Tunes sono tutti lì con gli accendini accesi in attesa dei loro idoli. Poi si aggiunge un terzo incomodo e la mia idea di una cenetta a lume di candela con i Saikebon va a ramengo. Ma non tutto il male vien per nuocere: avendo l’acquario di Genova nelle scarpe e le calze come se avessi attraversato le risaie a Vercelli, inizio l’improbabile operazione di provare ad asciugarle con la fiamma del fornello finchè cedo all’evidenza e mi infilo i calzini della Laura perchè ovviamente per quale motivo dovrei averne portato uno di cambio? La notte passa con la consueta ronfata godereccia. Almeno per me. La Laura invece fa amicizia con i fans dei Rolling Stones e alle 4, stufa di cantare Satisfaction, mi propone di lasciare le comodità del materasso. - Chi? Cosa? Chi è? Perchè? - Riesco a trattare ancora una mezz’ora abbondante ma poi desisto e, senza nulla nello stomaco (perchè i Saikebon sono come una sciacquatura di piatti), vengo buttato fuori dal bivacco che non sono ancora le 5. La scusa è che in questo modo aumentano le probabilità di completare il giro ma io resto dell’idea che, se al posto dei Rolling Stones, ci fosse stato Totò Cutugno, avrei potuto continuare a ronfare sul mio bel guanciale.

Poco prima del passo di Cameraccio risciacquo nuovamente le scarpe nella neve con la Laura che mi ricorda che senza le sue calze i miei piedi avrebbero ora le branchie e poi, superato il Valli, raggiungiamo l’Allievi. È chiaro che non completeremo l’impresa eroica, che dovremo gettare la spugna ma, d’altra parte, il Roma per me ha un po’ questa maledizione, oppure sono io che mi diverto a fare la pallina da ping pong e venire continuamente rimbalzato da una parte all’altra. Così valichiamo in Qualido per poi avviarci verso la val del Ferro. Sulla ripida risalita, la Laura si appoggia ad un pietrone, mi volto, lei mi rivolge uno sguardo implorante e poi con voce rotta esclama - Non so se me la sento... - Non so se ridere o cosa fatto sta che, dopo una breve pausa, riprendiamo la nostra marcia che poi nell’ultimo tratto con la Laura rinvigorita dalle visioni del sedile dell’auto, si trasforma nella mia ritirata di Russia mentre trascino le gambe come un automa alla meta.


Cavallo Goloso


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