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BISBINO

domenica 11 ottobre ’09


Mentre il treno sferraglia verso Milano accumulando minuti su minuti di consueto ritardo, non riesco ad addentrarmi nella lettura del libro che giace sulle mie gambe. La trama non sembra accattivante e il chiacchiericcio insistente delle vicine sono validi motivi per distogliere lo sguardo da quell’insieme di simboli che imbrattano il candore del foglio.
E lo sguardo non può che volgere alla pianura che sto attraversando: una sequenza di case basse è solo interrotta da qualche capannone o dalla striscia d’asfalto dell’autostrada; qua e là qualche albero sparuto ricorda tempi antichi in cui le foreste ricoprivano il milanese. Il cielo è incredibilmente limpido mentre il sole illumina le geometriche pareti del Dom. Sento il richiamo dell’alta quota e il ricordo della salita del Lenzspitze torna a farsi vivo: ora la montagna è custodita dall’imponenza delle due gemelle alla sua sinistra, mentre la massa dell’Alpubel guarda poco lontano crogiolandosi nella sua corpulenta massa glaciale. La Est del Rosa appare come imbronciata, scura in volto, in fremente attesa dei primi fiocchi che ne imbiancheranno i canali.

Insomma, vacillo come perso tra l’irrefrenabile desiderio di avventura e la dura realtà del pendolare; ma del resto ne ho anche ragione: il mese di settembre è passato piuttosto in sordina e ottobre non sembra da meno. Questo fine settimana l’ho passato in falesia (il sabato) e sul Bisbino la domenica, o meglio, lungo il suo ripido versante che sale da Cernobbio.

Non sono granchè motivato quando mi infilo nelle coperte evitando così di puntare la sveglia, con il risultato che la domenica riesco a partire solo verso le 9:30. A passo di corsa, salgo i noti sentieri della Spina Verde per poi scendere in città raggiungendo il lungo lago. Da qui, costeggiando il Lario, raggiungo Cernobbio dove rientro nel bosco. La mulattiera è subito ripida: quasi un muro si para d’innanzi alle mie gambe, ora molto simili a due tronchi d’albero. Con questi pendagli marmorei, affronto l’impervia salita camminando decisamente più tranquillamente, in preda all’abbondanza di acido lattico.
Alla fine, comunque, raggiungo l’osservatorio sulla cima intorno a mezzogiorno, in tempo per consumare lo speck e una buona dose di cioccolato. Abbandonate le mie ambizioni di proseguire verso il Sasso Gordona, mi butto lungo la ripida discesa che mi riporta verso il lago. Il cambio di programma, dettato si dalla mancanza di forti stimoli, è anche frutto dell’abbondanza di castagne incontrate lungo il percorso di salita. Così, appena raggiunti i primi ricci, comincio a riempire lo zaino: il volume di marroni raccolti cresce a dismisura e con esso anche il peso dello zaino, tantè che arriverò a raccogliere circa 12Kg di castagne in compagnia delle quali completerò il mio arrancante rientro verso casa.


Cavallo Goloso


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