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PIANCHETTE – VAL CAVARGNA

domenica 10 gennaio ‘10


Dopo aver passato diversegiornate a tirare tacche e cercare lo spalmo piu efficace nellafalesia di turno, il richiamo della montagna inizia a farsiinsostenibile. Così quando leggo l’SMS di Ucci che mi propone unasciata non perdo il treno e, afferrato il telefono, sono già intentoad accordarmi per l’indomani.

Il ritrovo ad Albese civede un po’ spiazzati: la meteo prevedeva pioggia, ma in realtàdal cielo grigio non scende neppure una goccia. Dobbiamo soloscegliere la meta: Luca e Ucci sono un po’ titubanti, ma alla fineriesco a spuntarla e così ci ritroviamo diretti in direzione dellaval Cavargna.


Il parcheggio èaffollato, nonostante il cielo uggioso non lasci intravedere nessunadelle cime circostanti; ancora una volta, lo scialpinismo ci proiettain un ambiente sovraffollato con buona pace del desiderio disolitudine e isolamento! La pista sulla strada è ottimamentetracciata e gli sci scivolano senza alcuna difficoltà: mi sentoparticolarmente in forma (sarà l’effetto del cotechino e dellamezza torta ingollata la sera prima dai nonni!) e così trasmettotutta la mia energia sugli arti inferiori che iniziano a “girare”con un ritmo incalzante.

Il bosco viene ben prestofagocitato dalle nebbie e anche noi ci troviamo proiettati in unambiente spettrale: la visibilità è praticamente nulla e riusciamoa progredire solo grazie all’evidente traccia che si snoda sotto inostri legni. Intuendo le pendenze del percorso solo grazie allamaggiore o minore fatica che il nostro progredire ci impone, benpresto ci accodiamo ad un nutrito gruppo di scialpinisti eciaspolatori che sale nella nostra stessa direzione; scalpitante piùche mai, non tollero questo rallentamento e così mi adopero in unaserie di avventati quanto faticosi sorpassi. Batter traccia nellaprofonda coltre nevosa non è certo facile, ma lo stato di grazia incui mi trovo mi permette di completare le mie peripezie finchèl’ostacolo della neve intonsa si fa insormontabile costringendomi arimanere nella scia del quartetto che mi precede.

In condizioni divisibilità praticamente nulla, con il pensiero più rivolto alladiscesa che non alla fase di salita, raggiungiamo il rifugio dalquale inizia il costolone che conduce alla cima del Pianchette. Labella traccia muore però proprio contro le mura della costruzione,così ci troviamo costretti a tirar fuori bussola e cartina e amuoverci in questo oceano di nuvole guidati solo dall’agomagnetico. Nonostante la neve sia piuttosto pesante, la progressionecontinua a mantenere un buon ritmo, pur rallentata dalla necessitàdi battere e procedere a tentoni. Dietro di noi si snoda unserpentone colorato costituito da tutti gli altri escursionisti cheiniziano ad accodarsi ai nuovi apri pista. La progressione nel tristegrigiore è fortunatamente breve: in pochi minuti riemergiamo daquesta massa oscura venendo baciati dal sole. Lo spettacolo che cicirconda è incantevole: solo le cime più alte riescono a bucare lenuvole, mentre ai loro piedi dorme la civiltà sommersa dal torporedel grigiore imperante. Sono troppo preso dal mio battere perfermarmi a fotografare le Grigne o il Pizzo di Gino, quasi con lapaura di perdere il privilegio dell’essere davanti e così continuoimperterrito nel mio lavoro in direzione della cima che ora sistaglia nella cornice di un cielo incredibilmente terso.

Scivolare sul mantovergine è una sensazione unica: la traccia è lì davanti in attesadi essere disegnata e il battipista ha l’artistico compito ditracciare la sua linea personale su questo foglio immacolato. Dietrodi me, gli sci lasciano la loro scia, mentre davanti è il regno delnulla. Mantengo la posizione per circa metà della distanza che cisepara dalla nostra meta, ma poi cedo alla stanchezza avanzante elascio passare Luca: ora il pittore è lui, mentre io mi limito aripassare sul suo disegno fino al raggiungimento della vetta delPianchette.

La comoda cima ben prestoè sovraffollata e noi non tardiamo ad iniziare la discesa: un paiodi sciatori ci hanno già preceduto, ma non manca l’opportunitàper lasciare la propria firma sulla neve intonsa. Fino al rifugio ladiscesa è un vero piacere: i legni scivolano veloci incidendo l’altacoltre. Poi le pendenze si fanno meno accentuate e, a causa dellaridotta scorrevolezza degli sci, mi vedo costretto a procedere lungola linea di massima pendenza affondando abbondantemente nellozucchero. Solo sul tratto finale riesco nuovamente ad abbozzarequalche curva, prima di raggiungere la strada innevata e, dopo unabuona racchettata, il punto di partenza della gita.


Cavallo Goloso


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