racconto del bächenstock, meiental (uri)


|racconto|   |relazione|   |foto|


BÄCHENSTOCK – MEIENTAL

domenica 26 febbraio ‘17


Devo avere la faccia del farabutto e quella del caiano neofita; entrambe mi fanno girare gli attributi come le pale dell’elicottero. Quasi immancabilmente la guardia del negozio mi scruta, pedina e osserva come se fossi un potenziale criminale; l’ultima volta sono stato tenuto d’occhio durante l’acquisto di due confezioni di tè. Credo che la prossima volta chiederò un chiarimento al solerte controllore! Nel secondo caso, non è raro sentirmi dire “se sei poco esperto, forse è meglio...” a cui mi viene voglia di rispondere “...che ti fai i cazzi tuoi!”. Questa volta il super figo della situazione, marchiato e sponsorizzato quasi come un Arlecchino da pubblicità, si intromette alla domanda che il Dany mi pone sulla necessità o meno, a mio parere, di calzare i ramponi: “se siete poco esperti, è meglio che li mettiate” risponde il saccente. Un vortice tipo tornado si sprigiona tra la mia cintola e l’attaccatura delle gambe. Guardo il pendio nevoso ben tracciato, ci penso su un attimo e rispondo: “No, non credo li metterò; sai, sono abbastanza esperto”. Le parole si liquefanno come neve al sole dal tono acido della risposta ma io mi sento punto nel vivo tanto che, dopo un attimo, parto a razzo lungo le peste come se non ci fosse un domani e come se non avessi nelle gambe quasi tre ore di salita. O forse è perchè voglio rincorrere gli occhi azzurri della bella svizzera partita da poco alla volta della vetta!

Tutto inizia con un accordo dell'ultim'ora: quando oramai sono sulla via per Morfeo e con l’alternativa pronta per una solitaria, il Dany mi conferma la sua presenza e con essa l’intenzione di tornare verso il Susten. Così, parcheggiato dietro una lunga fila di auto, partiamo alla volta della nostra vetta proprio alla quota minima per evitare di fare lo slalom tra arbusti, sassi e rimasugli nevosi agonizzanti. Questa volta però detto io i ritmi così da permettere al mio motore modello diesel di riscaldare tutti i meccanismi mentre attraversiamo un infinito bosco degno dell’ambientazione di un thriller: non mi stupirei di trovarmi davanti ad un orso sollevato sulle zampe posteriori mentre dalle enormi fauci saetta bava per ogni dove! Sbucati quindi dalla foresta, ci addentriamo nella vallata mentre le mie gambe iniziano a rullare come un aereo pronto al decollo. A differenza di quanto previsto dalla torre di controllo, un ammasso lattiginoso si è intanto sparso nel cielo assorbendosi in quella che alla partenza era la volta azzurra senza per altro alleviarci da una calura decisamente anomala. Superiamo quindi altri scialpinisti mentre il mio aereo si alza e spicca il volo: mi sento bene o, più semplicemente, non mi sono ammazzato con una partenza da centometrista così, sul circo finale, immaginandomi forse vero atleta, rischio di fare la fine del pagliaccio. Parto a manetta, prendo l’ampio curvone ma a metà del tracciato inizio a sentire il motore borbottare e mandare segnali di una possibile resa così approfitto dei metri guadagnati al Dany per abbassare il ritmo fino ad arrivare al deposito degli sci e, appunto, al super esperto di alpinismo.

Mi bastano una manciata di minuti per raggiungere gli occhi azzurri della svizzera e un’altra duo di scialpinisti. Mi lasciano passare: supero un bel sorriso della ragazza e poi mi avvio alle vicine corde fisse. Mi avvinghio alle protezioni issandomi con la grazia di un elefante zoppo, rimpiango i ramponi ma sono troppo orgoglioso per calzarli finchè finalmente esco dalle difficoltà. Supero il tipo della ragazza che non mi butta in basso e riprendo la mia corsa verso la vetta finchè mi ricordo che forse sarebbe opportuno aspettare il mio amico. Il Dany spunta poco dopo e così ci involiamo lungo gli ultimi metri di cresta fino alla croce per poi rituffarci sulla discesa. Ora il breve tratto con le corde mi pare meno impegnativo: sarà che non c’è più la tipa a guardare il mio deretano? Oppure che sono diventato pratico? Poi arriva il mio tallone d’Achille con il sottoscritto che scia come fosse su una sdraio sulla spiaggia mentre la neve inizia lentamente a prendere le sembianze di un porridge. All’altezza del bosco, inseguiamo le tracce di chi ci ha preceduto cercando di non arenarci tra gli arbusti finchè, in vista della strada, il manto bianco lascia il posto al triste prato paglierino e alla minaccia che, se non dovesse decidersi a nevicare, dovremo attaccare gli sci al chiodo ben prima del previsto.


Cavallo Goloso


Per lasciare un commento, clicca QUI