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VIA VEGIA – PLACCHE DI PALERIA

domenica 19 novembre ‘23


La Lella e l’Andre vorrebbero andare in val d’Ossola perchè, pare, lì ci sia il Meglio, il Top del Top: vuoi un fine settimana col sole e su roccia da urlo (nel senso Frocio Falesistico del termine)? Val d’Ossola! Vuoi andare a sciare nella polvere? Val d’Ossola! A me invece intriga il Ticino: sfoglio la guida e tiro fuori le placche di Paleria dove, scavando nella mole di articoli, scopro di essere stato agli albori di tutto, quando ancora i crostini galleggiavano nel brodo primordiale del mio Caianesimo. Di quell’uscita ricordo abbastanza bene la discesa: corde aggrovigliate e un freddo fotonico ad aspettare che Lorenzo, più in basso, trovi il bandolo della matassa. Non ho invece memoria del cartello che avvisa i casinari ad andare altrove ma noi, noncuranti, da lì a poco avremmo fatto riecheggiare i nostri comandi nella valle: “molla!”, “tira!”, “recupera!”. Puntiamo alla via che sulla carta dovrebbe essere la più abbordabile ma la linea è occupata e così optiamo per un’alternativa mentre sento bussare alla porta. Guardo nello spioncino e dall’altra parte vedo il maledetto fantasma di Nuovo Cinema! Sprango ben bene e mi preparo ma, intanto, l’asso nella manica che abbiamo saggiamente invitato se lo prendono la Lella e l’Andre mentre vinco la partenza della scalata. Così inizio a fare l’unica cosa che ci sia da fare su una placca: spingere sui piedi. Spingo che ti spingo, arrivo al primo fix poi, dopo un’infinità di ulteriori spinte, guadagno il secondo. Insomma, diciamocela tutta, mi aspettavo qualcosa di più vicino al falesismo! A metà lunghezza sono sfiorato dall’idea di lasciare perdere e far passare Andre-Piede-da-Hobbit mentre l’asso nella manica può starsene ancora tranquillo a succhiare la ruota ma mi convinco che spingendo sui piedi tutto si risolva e alla fine raggiungo la sosta. La Laura parte: verifica che il tappeto di foglie sia effettivamente morbido e poi inizia pure lei a spingere. Probabilmente avrebbe preferito altro ma il neurone che mi gira in testa non si è fatto saltare in mente l’Antimedale e così l’unica soluzione mi è sembrata l’ennesima via di placca. La seconda lunghezza è un po’ meno “spalmogena” ma anche lì qualche cruccio lo devo risolvere, come sul passo prima della fessura diedro dove mi convinco che, regolando il baricentro, riuscirò a stare incollato sull’appoggio. Ma il vero Caianesimo è altro e ci aspetta più in su quando la via dovrebbe essere finita ma da pollo cado nella padella della successiva fila di fix. Sono quindi, inconsapevole, alla sosta finale mentre la fetente protezione successiva mi chiede “lo vuoi un palloncino?”. Salire per la linea più breve non mi sembra la soluzione migliore così mi sposto a sinistra, rimonto una cengia erbosa e poi provo a salire sulla placca lavorata. L’unica cosa che vedo però è il sottoscritto che vola e poi sento il rumore secco di un ramo che si spezza ma è “solo” la mia gamba. Spengo il film e, lentamente, faccio retromarcia. A quel punto la soluzione è la linea più breve: staffo alla sosta, salgo sul fix e agguanto l’arbusto soprastante che un po’ molleggia e un po’ sembra sul punto di spezzarsi. Riesco a far passare un cordino e proteggermi ma la situazione sprofonda sempre più nel Caianesimo e nell’arte della sopravvivenza. L’asso nella manica però ancora non intendo giocarmelo. Strozzo un altro cordino un poco piè in alto e poi, spinto dalle incitazioni da stadio che mi giungono dal basso, decido che è il momento di raggiungere il clown che mi propina il palloncino. Stringo le tacchette, spingo sui piedi e finalmente rinvio qualcosa che non dovrebbe precipitare con me in caso di volo. Ora la sosta dovrebbe essere a portata pochi metri più in alto dove la parete si abbatte. Raggiungo quella specie di cengia col cuore in gola ma questo ruzzola fuori dalla bocca, apre le ali e si tuffa a valle perchè di soste nemmeno l’ombra! Il clown mi chiede un’altra volta se desideri un palloncino, solo che se ne sta ancora un po’ di metri in su. Devo raggiungerlo: voglio quel palloncino e anche i successivi! Osservo la placca che ho davanti e ancora la via più breve mi pare anche quella più difficile. Provo a sinistra sperando di non raggiungere il mio muscolo cardiaco ma la placca non oppone resistenza e io raggiungo il fix. Sono nuovamente nella merda: la situazione non è cambiata granchè, sperso in un mare di placca come un naufrago alla deriva. Continuo a spingere sui piedi perchè è l’unica cosa da fare. Riesco a proteggermi con un friendino e poi la parete si incurva verso l’alto. Raggiungo una serie di buchi che sembrano messi lì proprio per andare avanti. Forse potrò anche proteggermi: mi sembra l’unica cosa sensato da fare perchè lo 0.75 mi saluta parecchi metri più in basso. Ma quei buchi hanno la forma ad anfora con la bocca stretta e il corpo alla Pavarotti e ovviamente qualsiasi ammennicolo io provi a infilare viene rigorosamente sputato fuori o inizia a ballare il Cha Cha Cha. Escluso l’intervento dell’asso nella manica perchè il Jag è giù con gli altri ad aspettare che io mi dia una mossa, decido che l’unica soluzione sia tirare uno dei tre buchi, spalmare sullo gneiss granuloso e sperare. Per l’ennesima volta mi va bene: supero il tratto, continuo a salire e alla fine agguanto la sosta e, per oggi, posso considerare chiusi i conti col Caianesimo.


Cavallo Goloso


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