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SUSANNA SOTTO LE GOCCE – MEDALE

domenica 20 febbraio ’22


Sono alla fine di Susanna e la relazione non torna (nemmeno i miei ricordi ma questo è un altro problema legato al fatto che tra solo una trentina di anni dovrei andare in pensione). Anche sul primo tiro, se non avessi avuto un provvidenziale friend, probabilmente avrei dovuto ingegnarmi con qualche astruseria o, forse più probabilmente, avrei finito con l’ennesima ritirata. Vatti a fidare delle informazioni prese su internet: per Susanna servirebbero solo i rinvii e, alla fine del terzo tiro, si dovrebbe essere alla partenza di Saronno. L’altro problema, e quello è più personale, è che la relazione l’ho scritta io: possibile che fossi così forte o forse folle? Sulla prima lunghezza qualcuno ha infilato il cavetto del dado incastrato rendendolo di fatto inutilizzabile. E su questo quindi mi sento la coscienza abbastanza a posto (anche se poi è discutibile che anche su Saronno i friend non siano utili: tutto dipende se, su alcuni tratti, si sia disposti a voli interminabili sbattendo a destra e a manca alla Homer Simpson). Mentre sul fatto che al termine di Susanna si arrivi sulla successiva via, beh, tutto forse dipende dall’orogenesi alpina, dalla spinta dell’Africa, dall’aggiustamento glaciale isostatico e probabilmente anche dal Covid. L’idea di partenza (o forse sarebbe meglio dire il sogno) è salire la linea in libera, altrimenti chiederò indietro i soldi alla palestra. Infatti già al primo passo impegnativo, l’aquila chiama mentre la mia incapacità negli incastri mi mette di fronte alla realtà: ma siamo solo all’inizio, sono ancora freddo, è un po’ che non faccio vie e soprattutto che non metto piede in Medale e poi Marte sta guardando di traverso Giove e ieri ho mangiato troppo. Mi rifaccio sul terzo tiro ma non sono a mio agio, mi sento spaesato: forse sto facendo un po’ troppa falesia e sto tirando troppa plastica (oltre a quella che lancio nel relativo bidone dell’immondizia). In ogni caso il tiro che non esiste se lo becca il Gughi e così risolviamo anche il problema seguente: cambiare l’ordine degli addendi perché il ragazzo vuole tirare le lunghezze dure di Saranno, tanto poi il risultato non cambia, bisogna comunque uscire dalla parete. Sul primo tiro rimpiango la spazzola ma pompo un po’ e mi levo dagli impicci.

- Ma è 6c? - mi chiede il Gughi visto che sbuffo come un mantice e sembra stia giocando a “non si muove neanche una foglia” mentre in realtà sto disperatamente cercando di capire come evitare di tirare il rinvio.

- No, no… è il successivo… - e nella mia testa mi pare di ricordare che dovrei essere su un 5c, però è sporco, sono giustificato. Per lo meno mi sono tolto il patema del muro verticale seguente che il ragazzo scala con precisione ed eleganza, quasi come il sottoscritto nel mondo delle favole. Poi le batterie durano ancora una lunghezza (dove comunque mi trovo a mungere dopo aver disperatamente cercato di decriptare il diedro strapiombante) e poi crollo definitivamente. Classica situazione da Fraclimb: ne ho le palle piene, voglio portare a termine la via e uscire dalla parete, la libera può anche farsi fottere. E così torno agli albori ma con maggior malizia tirando rinvii come fossero le corde delle campane la domenica di Pasqua. Il ragazzo invece resta fedele alla sua etica (dovrò fare un po’ di lavoro di conversione) e alla fine si porta a casa anche l’ultimo tiro di 6c rigorosamente a vista; io, invece, praticamente non tocco roccia: ci sono dei bellissimi appigli metallici con annessa fettuccia in tessuto e per i piedi dei comodi e solidi anelli argentati, perché sbattersi a trovare qualcosa in carbonato di calcio che sia tenibile?

Eppure, nonostante il tracollo mentale, alla fine mi ritrovo a fantasticare e sognare nuove salite perché la verità è che alla quinta fetta di torta si inizia a pensare che sia il caso di piantarla lì con i dolci ma quando tutto è ben assestato nello stomaco, non si vede l’ora di scofanarsi l’ennesimo bignè.


Cavallo Goloso


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sabato 19 novembre ‘11


Lasciamo la macchina con la prospettiva di fare gli FF in parete, tant’è vero che portiamo con noi solo l’intera da 80 (!) e il gri-gri: così possiamo osare di più. L’importante è crederci!

Infatti già sul primo tiro di Susanna, Fabio tira il dado nella fessura sopra il tettino mentre il sottoscritto azzera sul ristabilimento. Alé! Poi ovviamente diremo che il passo è molto duro, che si è ancora freddi, che la roccia è unta. Insomma, le solite balle.

Parto per la seconda lunghezza e poi proseguo per la successiva; la parete non finisce mai, è come l’universo in continua espansione: continua a salire senza pietà, raggiunto uno spit ce n’è un altro sopra e poi ancora uno. E quando poi finiscono gli spit, iniziano i chiodi! I rinvii intanto scarseggiano con la conseguenza che devo inventarmi improbabili sicurezze usando i moschettoni a disposizione. La corda perlomeno scorre senza problemi, per quanto possano farlo i 70 metri circa che mi separano da Fabio! E poi, dopo un’era geologica, raggiungo la sosta: due cordate sono impegnate su Anniversario. Recupero Fabio e iniziamo il nostro vero obiettivo.

La prima lunghezza è una formalità e poi ci attende il muro strapiombante di 6c. Scalo in libera il primo tratto poi pasticcio con le mani cadendo nel mio solito errore: ostinarmi a tenere delle tacche senza considerare i piedi. Ovviamente mi ghiso subito e mi devo appendere. La scala sotto di me mi rallegra come i ritardi del treno; bastava aver guardato dove mettere i piedi e sarei uscito senza alcuna difficoltà! Fabio invece, scala il tiro completamente in libera.

Sul diedro della terza lunghezza mi invento un improbabile incrocio; passo in libera (da secondo) ma quel movimento è peggio che sollevare i sacchi del cemento. E poi ci sono due tiri facili. O meglio: crediamo ci siano due lunghezze semplici. Appuriamo che, in effetti, i tiri sono facilmente azzerabili, ma non era proprio quello che avevamo in mente alla partenza dalla sosta! Proprio non capisco i movimenti di quel muro verticale e forse non ho neanche voglia di applicarmi, il rinvio è una tentazione troppo forte e alla fine lo afferro. Anche sulla terzultima lunghezza la nostra vera indole caiana ha la meglio: Fabio sente il richiamo del facile diedro ed evita così un muro verticale eccessivamente repulsivo. Con la scusa che la corda è incastrata in uno spuntone e dopo aver maledetto l’infame sperone, seguo anch’io il percorso del capocordata che, nel frattempo, è in piena lotta intestina. È come una bomba ad orologeria: potrebbe esplodere da un momento all’altro e spandere di merda tutta la parete!

Afferro ogni rinvio e sfrutto gli 80 metri della corda così da raggiungere prima possibile l’uscita della parete, recuperare Fabio e permettergli di liberarsi del marcio che lo corrode.

Recupera che ti recupera, sbuca dalla parete Colo: si devono essere scambiati i ruoli o forse l’esplosione ha portato ad una metamorfosi corporale inaspettata. Segue Fabio (che va subito a liberarsi) e poi Cece.

Mentre la cordata dalle doppie effe ha appena affrontato Susanna più Saronno, quella dalle doppie ci ha salito un altro capolavoro della parete: Poseidone. Interessante il richiamo delle cordate ai due principi contrastanti della scalata: Frocio Falesismo e Caianesimo. Chissà a mischiare le carte: Falesismo Caiano o Caianesimo Falesista? C’è da perderci la testa...


Cavallo Goloso


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