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VIA FANNY – TORRE CECILIA

sabato 01, domenica 02 giugno ’19


Sveglio il sole perchè andare in Grignetta col corso caiano è un po’ come voler fare in giornata qualcosa in zona Allievi col risultato che in giro non c’è ancora nessuno a parte, appunto, un drappello di persone col cuscino ancora stampato sul volto.

L’idea poi è di puntare al Pertusio perchè dei Magnaghi comincio ad averne le tasche piene mentre non ho alcuna intenzione di infilarmi sulla Segantini o sulla Zucchi: troppo sbatti! Così inizio ad elemosinare tra gli altri istruttori ma gli unici che verrebbero al Rosalba sono fissati su Cinquantenario e Cecilia. Mi pare di parlare con me stesso così alla fine rinuncio e mi accodo ai programmi degli altri finchè, stufo di rimirarne le chiappe, punto alla solitudine della Fanny. Sarà poi che il sole ha appena appoggiato un piede giù dal letto, fatto sta che, in quanto ad umidità, la linea ricorda più un ambiente in grotta che non quello di un’aperta parete: non che la via sia bagnata ma è come se la roccia avesse una patina di umido col diedro a sinistra che pare l’ingresso della cantina dei formaggi. Alla fine, salvi anche questa volta, sbuchiamo in cima per poi avviarci verso la calata alla cui base un altro corso caiano pare stia sperimentando prima le teorie di Newton e poi la scala del marcio e dell’erba su una linea che non si capisce bene dove diavolo passi.

Il criceto, una volta salito sulla ruota, entra in una specie di loop: correre, correre, correre per arrivare chissà dove. Così anch’io: l’idea di fermarmi al Rosalba non mi passa nemmeno per l’anticamera del cervello, piuttosto possiamo puntare al Cinquantenario e poi magari fare pure la Marimonti. Come al solito cerco di volare troppo alto per poi andare a schiantarmi da qualche parte. Intanto ci buttiamo sulla normale del torrione arrivando a spingere il deretano di chi ci precede. Il ricordo della placca finale, salita quando internet era una recente novità, rimanda ad una lavagna delicata ma mai avrei pensato di doverla guardare attentamente per trovare i giusti appoggi: sarà forse che a furia di tirare prese rosse o gialle stia perdendo il fiuto? Intanto sulla Marimonti una cordata sta appesa a stagionare così, se non vogliamo marcire, ci tocca abbandonare ogni altra velleità e calarci.

Sono da poco passate le 7 quando lo zaino torna ad appollaiarsi in spalla. Questa volta niente materiale per la scalata ma solo tenda, sacchi a pelo e cibarie. L’idea è quella di salire in cima alla Grignetta e passare lì la notte per poi tornare giù in tempo per il ritrovo della domenica (ovviamente sempre all’orario utile per salire al Freney). Quando arriviamo in vetta il tuorlo del sole sta dilagando in lungo e in largo con le cime che sono delle sagome che si stagliano contro l’orizzonte. Qualcun altro ha avuto la nostra stessa idea ma non riesco a capire se si tratti di un solitario o di una coppia: pare quindi che di folli ce ne siano in giro parecchi, per lo meno a 2184m di quota! Poi, implacabile, arriva la sveglia. Maledetta stronza: potrei trovarmi a dormire mentre sto camminando sulla Cermenati oppure in sosta. Alla fine riusciamo a contenere il ritardo ai Resinelli entro i 3 minuti per poi dover tornare nuovamente su perchè ho la brillante idea di andare a fare la Zucchi. Così risaliamo lungo la Direttissima fino ad arrivare all’attacco della via, uno strano caso di vigneto con grappoli di cordate che si accalcano alla base. Dovremmo attendere chissà quanto e così la mia mente malata partorisce l’ennesima brillante idea: salire lo spigolo Est del Pilone, una via azzeccata per il corso base tanto quanto l’invito ad una grigliata fatta ad un gruppo di vegetariani! D’altra parte la relazione ci mette un po’ del suo convincendomi che, tutto sommato, questa alternativa sia la soluzione migliore: il passo di sesto risulta infatti azzerabile e poi dopo ce n’è solo uno di quinto sul quale confido riuscirò a fare salire la coppia di sventurati. Così iniziamo la nostra salita con due bei tiri che si concedono ben più difficilmente di quanto avessi pensato. Mi viene quasi la tentazione di buttare una doppia ma poi cosa andremmo a fare? Così andiamo avanti: sul passo di VI, azzerabile forse usando qualche trucchetto, gli allievi si divertono a fare le ripetute manco fossimo al corso da FF ma la matassa di nodi, una specie di gomitolo informe, arriva al pettine sul tiro successivo. Quinto, dovrebbe essere uno stramaledetto V ma forse considerando la scala chiusa. A me pare più un gran palo, un passo di blocco sul quale scomoderei anche il 6a. Tirare su gli allievi non è impresa da poco ma almeno, in quanto a cocciutaggine, pare che i due possano rivaleggiare contro il coglionazzo che li ha portati da queste parti. Alla fine usciamo dalla via senza dover scomodare l’elisoccorso, superiamo anche abbastanza velocemente il tratto di Segantini con ressa da prima giornata dei saldi ma poi evitiamo di salire in vetta perchè l’orologio chiama e io ho già i 3 minuti di ritardo del mattino da dover smaltire.


Cavallo Goloso


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domenica 09 ottobre ‘11


Micol mi spiazza dopo essere stata lasciata di sasso dal mercurio del termometro. La scura colonnina è chiara: 38,8 gradi, domenica resta a casa ma mi da il benestare per andare a scarrozzare sui monti. Santa donna, prendo il telefono e inizio il giro mentale delle telefonate: Cece è al corso d’arrampicata e quindi anche Colo, Fabio è a sollazzarsi in centr’Italia, di Luca non ho notizie. Provo col Clod ma il telefono suona a vuoto. E allora gioco la carta Corbis: l’incauto risponde al telefono ed è subito assoldato.

Ho voglia di sprofondare nel cuscino, restare sdraiato sotto le coperte e, dopo un rapido calcolo, propongo il ritrovo per le 8; orario da falesista per caianare in grignetta. Si vedrà.

Il più delle volte non tiro la macchina: la benzina costa troppo e la pago io. Il più delle volte tiro a piedi: il mangiare non so quanto costa perchè non lo pago io. Così il Corbis conosce il Cavallo Goloso che sale senza tregua almeno finchè l’intestino glielo permette.

Il canale che sale alla Costanza è una traccia accennata, sassi mobili, brevi e facili passi d’arrampicata, il miglior antipasto per il nostro banchetto! Si respira un pizzico d’avventura, un senso di libertà che su altri torrioni della Grignetta è oramai sopito e ammansito dalle code alle soste.

La prima pietanza è insipida: all’attacco ci attende la ressa sotto forma di un’altra cordata. Aggiungo un po’ di sale e mi preparo alla prima lunghezza. Scaliamo in alternato menrte il Corbis assapora quest’avventura in scatola senza alcun problema.

Nutro un profondo odio per i camini: sono da secondo eppure certi movimenti mi restano indigesti. Provo a non darlo a vedere e raggiungo il Corbis; davanti a noi il tiro d’artificiale. Mi piacerebbe scalarlo in libera ma il grado è quello che è e la roccia è fredda, le dita perdono sensibilità e alla fine cedo. Non ho caldo e non vedo l’ora di raggiungere la cima. Dopo l’ultima stupenda lunghezza, raggiungo la patagonica vetta mentre Eolo ulula con raffiche alterne.

L’idea è quella di salire la Cassin al Palma: srotolo cautamente la proposta al Corbis rimandando però la decisione al Rosalba.

Il banchetto propone diverse pietanze ma fatti due conti con la nostra fame, posiamo l’attenzione su un piatto leggero; la Cecilia guarda indifferente due commensali sedersi al suo desco: voglio terminare un piatto che mi era risultato indigesto e, fidando del mio stomaco di ferro, rinuncio alle scarpette optando per le scarpe d’avvicinamento. È un po’ come mangiare con le bacchette cinesi!

La tavola non è imbandita a festa: avvolta com’è dalle ombre, mi appare quasi tetra mentre siamo avvolti dalla totale solitudine. Corbis parte per la seconda lunghezza mentre la corda fila regolare fino al termine. Mi ostino a voler usare le bacchette e mi preparo alla placca che mi aveva fatto ribattere la volta precedente. Studio il passo iniziale e lo supero sfruttando la fessurona del diedro per poi navigare in aperta placca: la barca non vacilla ma affronta con precisione la distesa calcarea. Il piatto è delicato ma decisamente gustoso mentre il contorno ha un sapore forte e deciso: all’ambiente cupo, completamente avvolto dalle ombre fa da contr’altare una roccia spettacolarmente compatta come si conviene alle classiche della Grignetta.

Il vento ha cessato di soffiare mentre il sole illumina un’incredibile scenario. Ho digerito senza difficoltà la Fanny e ora posso gustare in piena tranquillità il retrogusto delle nostre pietanze prima di gettarmi a capofitto lungo il sentiero di discesa.


Cavallo Goloso


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