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ELEFANTENRUSSEL – HANIBAL

sabato 28 luglio ‘18


Pare che la zona della Sidelenhutte abbia qualche antipatia nei nostri confronti visto che, appena la capanna ci vede attraversare il pianoro, le prime nuvole iniziano a fermarsi sopra la conca glaciale; d’altra parte le previsioni non promettevano sole e caldo ma sorge spontaneo domandarsi per quale motivo sopra le montagne circostanti il cielo sia sostanzialmente sgombro: ovviamente ce ne freghiamo e risaliamo il breve pendio che porta al rifugio.

Mi sento stranito, quasi spossato: forse che il lungo camminare islandese per lo più in falso piano abbia già scombussolato le mie abitudini a muovermi in salita? Non presto grande attenzione al mio stato e preferisco pensare alla guglia su cui scaleremo e sulla quale brulica già un buon numero di arrampicatori. Il nostro obiettivo è Conquest of Paradise ma, appena arrivati, una cordata che sembra prepararsi per la processione ci ha appena soffiato l’attacco così, se non vogliamo mettere radici sulla cengia, ci conviene puntare a qualcosaltro. In fondo basta pescare dal dedalo di fili che costituisce la ragnatela di vie sulla parete! Così optiamo per la vicina Elefantenrussel, l’unica alternativa di cui, a dire il vero, abbiamo una relazione ma, una volta messe le mani sulla roccia, sprofondo in un opprimente senso di disagio col risultato che nella mia testa ci sono le stesse condizioni meteo che orbitano in cielo. Possibile che una decina di giorni lontano dall’arrampicata possano avere avuto un esito così nefasto? Alla sosta del secondo tiro inizia a piovigginare: già ho la sensazione che qualche simpatico burlone abbia spalmato la parete con una saponetta e ora, se la roccia si dovesse bagnare significativamente, potremo giocare con schiuma e bolle! Fortuna vuole che la piovuta in realtà è solo una leggera perdita dei rubinetti celesti e così parto per il tiro successivo ma dovrò attendere la penultima lunghezza e una caduta con esiti alla Homer Simpson per fugare ogni insicurezza. Mentre infatti cerco di venire a capo della delicata placca, il sapone fa il suo effetto facendo scivolare il piede dall’appoggio mentre io faccio il grana sulla grattugia granitica. In realtà la breve caduta non ha alcun esito nefasto ma è il tettino sottostante la placca che funge da mannaia per le tibie che ne sperimentano la morbidezza! In cima ci riposiamo una manciata di secondi comodamente seduti sulla panchina e in attesa dell’autobus volante poi gettiamo le doppie e ritorniamo alla base. Un rapido sguardo all’orologio e un altrettanto veloce scambio di battute e siamo su Conquest of Paradise. Abbiamo poco meno di 3 ore prima che le cataratte si aprano: vedremo allora dove riusciremo ad arrivare cercando di evitare una doccia fuori programma. Così inizio a salire ma, nel dedalo di fix, ho parecchie difficoltà a comprendere quali siano le protezioni che dovrei collegare. Uno sguardo allo schizzo della relazione insieme all’istinto caiano sono gli unici mezzi che ho a disposizione e che, alla fine, ci portano ad un paio di lunghezze dal tornare a spaparanzarci sulla panchina ma, a quel punto, decidiamo di abbandonare ogni velleità e iniziamo una rapida discesa scampando così all’ultimo secondo da una doccia non programmata che inizia il suo corso proprio nel momento in cui posiamo le chiappe sulla macchina.


Cavallo Goloso


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