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VIA NORMALE – AIGUILLE DE LESCHAUX

sabato 08, domenica 09 settembre ‘18


Quando arriviamo a Courmayeur sembriamo una squadra di una moderna spedizione leggera composta dai migliori alpinisti che le scale dei rispettivi caseggiati possano annoverare. Poi, per il resto, di leggero c’è ben poco a partire dalle rotondità dei soci ma, d’altra parte, anche Kukuczka e compagni non primeggiavano certo per il fisico atletico! Così, come prima di ogni partenza per un campo base, anche noi dobbiamo procacciarci qualche leccornia locale e quindi, dopo aver buttato l’occhio tra le vetrine del centro, incappiamo nella gioielleria del macellaio e, poco dopo, nella boutique dei formaggi. Spennati ma sufficientemente equipaggiati di cibarie per poter passare una settimana isolati dal mondo, non abbiamo più scuse per rimandare la partenza così, raggiunto il parcheggio, allestiamo il mercatino delle pulci col materiale che poi dovremo spallare fino al Gervasutti. Mentre quindi riscaldo le rotelle grattandomi la cute alla ricerca di una soluzione per incastrare tutto quanto nei 3 zaini, emerge dal mare dei ricordi il racconto del Boscacci sulla prima salita del Paradiso Può Attendere e sulle cibarie che i tre Sassisti si sono portati sul Qualido. Alla fine il grosso della dispensa passa sulle spalle di mio fratello così da essere sicuro di non venir lasciato indietro lungo la salita mentre il sottoscritto fa il ferramenta e il papà si cucca il resto dell’occorrente. Più che la partenza per un tranquillo fine settimana sembra quella di una spedizione alla ricerca delle sorgenti del Nilo! Dopo mezz’ora o poco più di arrancamenti anche le condizioni del vivandiere iniziano a rassomigliare a quelle di un disperso nella giungla ma il ragazzo tiene duro finchè, dopo un revival della salita al Calvario, ci troviamo a tu per tu col siluro del bivacco.

Basta solo una manciata di minuti e poi due compari si offrono per saggiare la morbidezza dei materassi mentre il sottoscritto rimane con un pugno di mosche in mano a dover vestire i panni del rabdomante. Così, dopo aver trovato il prezioso liquido, quando rientro nel cilindro metallico, la produzione di mobili Ikea è già in stato avanzato lasciandomi quindi la sola possibilità di aspettare che la falegnameria termini il turno. Poi arriva il momento della cena e finalmente gli Unni scendono in campo a saccheggiare la dispensa senza riuscire per altro a completare il lavoro come Attila avrebbe voluto.

La mattina arriva quando fuori è ancora buio: il Davide pacca il nostro annunciato tentativo verso l’aiguille de Leschaux ma non la colazione e così siamo io e papà e sgusciare dall’astronave e iniziare l’esplorazione. Davanti ci sono già tre ragazzi che puntano al nostro stesso obiettivo e che sono la causa della mia metamorfosi in un Amleto caiano: non è che ho ridotto un po’ troppo all’osso il materiale? Guardo i loro imbrachi che mi sembrano gli alberi di Natale dello Sport Specialist e poi osservo il mio che invece ricorda un abete dopo l’uragano Katrina ma per il momento continuo a puntare verso l’alto. Il ghiacciaio si inerpica su per la montagna in un evidente stato di sofferenza: almeno in questo dimostra una certa empatia verso i 5 che arrancano alla ricerca della linea più semplice. Poi arriviamo alle porte del labirinto di Minosse, un dedalo di seracchi e crepacci poco sotto le rocce: entriamo “zitti, zitti, piano, piano, senza far troppo baccano” sperando di non incappare nel Minotauro e invece, dopo pochi metri andiamo a sbattere contro le colonne d’Ercole, un intrigante saltino che decreta la nostra definitiva resa.


Cavallo Goloso


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