|racconto|   |relazione|   |foto|


VIA NORMALE – MONTE DISGRAZIA

martedì 13 agosto ‘24


Chiuso un progetto ci sarebbe l’altro da portare a termine ma ho un’idea in testa che potrebbe scombussolare i piani. Anche perchè la prospettiva di fermarmi alla Marco e Rosa e vedere la cima del Bernina a farmi gli sberleffi 400 metri più in alto non mi va molto a genio, soprattutto dopo che il Walter ha commentato - Beh, ma a quel punto potete arrivare in vetta! - e in effetti la cosa è sensata, 2000 metri di dislivello e gli infiniti tratti in falso piano a parte. Solo che c’è un altro tassello da mettere a posto: rodare un pochino gli ingranaggi e vedere come sia muoversi su una cresta di alta montagna. Già ma dove? In realtà la soluzione ce l’ho a portata di mano e ci abbiamo gironzolato intorno sia quest’inverno che una decina di giorni fa così provo a lanciare l’amo per vedere se il pesce abbocca - Potremmo (sempre mettere le mani avanti e mai dare la riuscita per scontata) tentare il Disgrazia... in giornata... dormendo in Predarossa - Ovviamente il pesce abbocca con una pesca di quelle fin troppo facili. Ma sapevo che sarei caduto in piedi. Approfittiamo quindi della settimana di Ferragosto per tentare la nostra impresa calcolando che, se tutto dovesse andare secondo i piani, ci sarebbe ancora tempo per il Marco e Rosa. Saliamo dunque in Predarossa, sistemiamo il Caddy e poi ci diamo ad una vigorosa ronfata. Baro un filo con la sveglia anticipandola di una manciata di minuti cosicché prima delle 4:30 siamo già fuori a rischiarare la notte. A dire il vero non siamo gli unici a tentare la sortita e la cosa non mi dispiace affatto anche perchè inizio ad avere qualche dubbio sulla nostra tabella oraria: non saremo magari un filo in ritardo? Intanto la Laura parte come se invece di 1700 metri dovessimo salirne un centinaio scarso. Ma d’altra parte non è la prima volta che mostra di soffrire di Walterite e io non sono certo di essere in grado di reggere un ritmo simile. Fortuna vuole che poco prima del secondo pianoro la Laura tiri indietro il piede dall’acceleratore e io posso iniziare a respirare. Arriviamo alla Ponti che siamo in linea con i tempi, anzi, abbiamo forse recuperato qualcosa (dopo aver perso mezzo polmone sulla parte iniziale). Il Disgrazia si staglia in fondo alla valle col ghiacciaio che sembra quasi “stare bene” rispetto le ultime stagioni. Ricominciamo la nostra marcia raggiungendo la morena e seguendone la cresta affilata come fossimo sulla lama di un coltello: il tempo passa ma noi siamo più veloci di lui e quando arriva il momento di legarci per salire il capezzale del ghiacciaio, siamo decisamente messi meglio di quanto avessi anche lontanamente sperato! Anche il cielo sembra dalla nostra parte e la neve, che fortunatamente ricopre ancora il ghiaccio, è in ottime condizioni. Risaliamo il pendio fino alle roccette sotto la bocchetta - Molto bene! Direi che possiamo lasciare qui picca e ramponi... - - E se ce li rubano? - Mi guardo attorno ad osservare lo stuolo di fantasmi che ci circonda: mi pare poco probabile che le cordate che ci precedono possano essere intenzionate alla nostra attrezzatura... - Mah... lo vedo poco probabile... però forse è meglio portarseli dietro nel caso dovessero servire sulla cresta... - In effetti mi mangerei le mani se dovessimo alzare bandiera bianca per uno sputo di neve gelata anche se da qui la cresta appare sostanzialmente asciutta e, in effetti, non avremo bisogno né di picca né dei ramponi. Saliamo la cresta un po’ con la stessa efficacia della Segantini anche se qui - È tutta un’altra storia rispetto la Grignetta - Ma la Laura sale sempre attenta sia sugli sfasciumi che dove ci sia da scalare (chissà cosa potremmo salire se solo si decidesse a venire un po’ in falesia) finchè davanti a noi la montagna smette di salire e intorno l’unica cosa più alta è il Bernina nascosto dietro un cappello di nuvole! Ce la prendiamo comoda perchè abbiamo tempo e quassù non c’è anima viva eccetto noi due finchè arriva il momento di scendere perchè la vetta la si è fatta solo quando si sono portate le chiappe al sicuro. E in discesa, quando siamo ancora sulla cresta, il cielo inizia ad alterarsi un po’ con una serie di nuvoloni che non portano alcun buon presagio. Così cerchiamo di spingere per quanto il terreno lo permetta: riguadagniamo il ghiacciaio e, a quel punto, tiro un sospiro di sollievo, ora possono aprirsi le cataratte (meglio di no) o possiamo anche scivolare (anche qui come sopra) che la pelle a casa la portiamo insieme ad un significativo carico di bollini che rimpinzano la tessera caiana della Laura.


Cavallo Goloso


Per lasciare un commento, clicca QUI