TESTA DEL RUTOR – VALGRISENCHE
giovedì 01 maggio ’25
Non mi sento in gran forma. Continuo a ripetermi che è colpa della barretta - non avrei dovuto mangiarla al deposito degli sci, prima del canale finale… - ma in realtà so benissimo che è ben altro. È un problema di testa, è solo un problema mentale. Tutto perché sono un cacasotto e c’ho la coda di paglia. Forse mi ha dato anche fastidio la ressa stile val Bedretto che ci ha seguito come fossimo un nugolo di vespe. Non c’è stato verso di mollarla di dosso, manco ci fossimo dati appuntamento anche con la masnada di aspiranti al Rutor. Ovviamente per riuscire a partire alle 7, la sveglia suona alle 3 e mezza ma oramai credo di averci fatto il callo: quella squilla, la spengo, esco da sotto le coperte e mi avvio come se la molla avesse ricevuto una carica completa. Lasciamo la macchina con gli sci in spalla e al momento di calzarli ci troviamo invischiati nel traffico. Provo a spingere ma quelli evidentemente si attaccano come la gomma sotto le scarpe e ce li portiamo dietro. Arriviamo così al pendio sotto il rifugio degli Angeli (probabilmente così chiamato perché allo step precedente prima di vedere la Madonna) e noi sfidiamo gravità e concubini. La neve è allo stato di marmo morbido ma le lamine riescono a tagliarlo a sufficiente - Poi tra poco migliorerà - e invece no: il pendio continua ripido, sembra quasi piallato e ogni momento potrebbe essere buono per iniziare a rotolare e fare strike con la mandria che ci sta ai calcagni. Alla fine ce la faccio, sono in cima al pendio e il rifugio mi guarda poco più in basso sull’altro lato: al momento nessuna visione, solo la statua della Madonna si staglia poco più in alto, sulla vetta. Appunto, è quel “poco” che forse mi gioca un brutto scherzo (insieme in parte alla barretta), però quella è la sensazione che ho. Aspetto il Walter e poi si riparte: voglio schizzare verso l’alto perché proprio non sopporto quella massa che ci tallona. Che belle le gite dove non c’è anima viva! Ma, nemmeno troppo lentamente, le distanze iniziano sempre più a dilatarsi. Non quella con la Madonna: no, quella no, la statuetta sembra restarsene sempre al suo posto ma dev’esserci un qualche strano fenomeno fisico quantistico tale per cui il deposito degli sci si allontana. Quello che invece si avvicina sono 4 tra i tanti che ci seguono: sembrano dei martelli, non particolarmente rapidi ma sicuramente costanti e efficaci. Forse hanno giocato meglio le loro carte, fatto sta che mi pettinano le orecchie poco prima del deposito e, diciamo le cose come stanno, io ci sto di merda. A dire il vero non sono gli unici a passarci sopra: prima ci hanno pensato due “tutine” ma quelli sono di un’altra categoria, altra gente e la cosa non fa lo stesso effetto. Comunque al deposito mi mangio la “maledetta” (o forse è solo una scusa), carico gli sci sullo zaino mentre il Walter sale leggero perché ci tiene alla pelle. Mi aspetto che al cambio di assetto corrisponda anche un cambio delle mie condizioni (di solito è così) ma non in senso negativo! Invece dopo poco che pesto neve, devo fermarmi a rifiatare. Il pendio mi da il voltastomaco e la Madonna inizia a prendere le sembianze di un essere diabolico. Riparto e poi mi rifermo e oramai ho deciso: non sono in condizione di affrontare il pendio con gli sci! Me li porto su a spalla e poi pure giù. Ecco il motivo del mio vero malessere: la disfatta, l’orgoglio soffocato nella paura. O forse nel senso di autoconservazione? Fatto sta che la cima (nonostante davanti si pari la sfilza dei 4 mila valdostani con in prima fila il signor Bianco) mi risulta quasi indifferente. Forse sarà anche perché ultimamente mi ci trovo al massimo con la Laura o col Walter e non con la ressa del supermercato. Così la lascio farsi pestare dal resto dei pretendenti e prendiamo la via del rientro senza riuscire veramente a godermi quella che probabilmente sarà l’ultima sciata della stagione.
Cavallo Goloso
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