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STEGER – PUNTA EMMA

sabato 28, domenica 29 giugno ‘25


Di andare ancora una volta al Catinaccio proprio non ne ho voglia: le oltre 4 ore di auto insieme al fatto che oramai le vie papabili per il corso le ho (forse) quasi fatte tutte e che, francamente, questo gruppo dolomitico non stimoli più di tanto il mio entusiasmo (ancora non ho capito cos’abbiano di così stupefacente ‘ste tre torri rispetto ad altre pareti) non sono un buon punto di partenza per spronarmi. Però visto che mi tocca, tanto vale farsi andar giù la pillola e guardare i lati positivi: almeno questa volta si può aggregare Laura e alla cena non dovremmo ingurgitare sciacquatura di piatti e cartone al pizzocchero (infatti, non riuscendo a racimolare gli avanzi dei corsisti, finisce che mi dovrò far bastare la mia sola misera porzione per far funzionare i meccanismi che rendono Fraclimb Fraclimb). E poi c’è la scelta della via: punto al minor sbattimento (anche perché, come detto, le torri del Vajolet proprio mi stanno indigeste o, forse, è più l’idea della risalita sul sentiero attrezzato a farmi venire il mal di pancia) e così, almeno per il sabato, riesco ad infilarmi tra quelli che puntano alla Emma (e poi la domenica si vedrà). Ci portiamo quindi all’attacco della Fedele ma qui la ressa preannuncia la possibilità del bivacco (cosa che comunque avremmo potuto rischiare sulla seconda scelta) così torno sui miei passi e punto alla Steger dove si trova solo il Marco con le sue due allieve. Loro hanno grandi ambizioni di fare ripetute sul torrione mentre io mi accontento di portare a casa la via e tornare al rifugio ad un orario più che decente. E le premesse sono anche buone, tanto che inizio a pensare che magari potrei rischiare anch’io un concatenamento sempre che poi i due allievi non mi stramazzino in parete; forse però, a ben vedere, è solo l’illusione dettata dai primi tiri che, oggettivamente, sono piuttosto sempliciotti: fatto sta che la cosa giova almeno al morale visto che, rapidamente, ci troviamo abbastanza alti in parete. Quando però le cose iniziano a farsi serie, il Marco si fa richiamare da una fila di chiodi che mi puzzano di variante inculante. Lo seguo e, in effetti, ho il mio bel da fare per mantenere il controllo mentale e evitare di precipitare con l’ultima protezione che riesco ad intravvedere col binocolo. E qui c’è il tracollo degli allievi (oltre al fatto che, molto probabilmente, è qui che mi lasciano il Camalot del 2 con tanto di moschettone pensando che sia materiale della parete!) che, quando arrivano in sosta, assomigliano ai sopravvissuti di un attacco alle Ardenne. Ad ogni modo proseguo (anche perchè non ci sono alternative). Raggiungo la sosta successiva, recupero i malcapitati uno dei quali ostenta la sicurezza e la tranquillità di un condannato al patibolo e quindi mi faccio passare il materiale - Ma dov’è il kevlar e lo spezzone da sosta con moschettone? - - Quali? Ma non erano della via? - Risparmio gli improperi che mi passano per la testa, mi faccio calare e recupero il materiale (poi, appunto, alla fine scoprirò che anche il friend giallo deve aver fatto la stessa fine sul tiro precedente). Successivo intreccio e incasinamento di corde a parte, riusciamo a cavarcela, uscire dalla parete e raggiungere le cordate impegnate sulla Fedele sull’unica calata e poi non mi resta che fare la “fame” a cena ed aspettare di rimpinguarmi l’indomani a colazione. E poi arriva la domenica. Questa volte mi toccano le torri. In realtà l’avvicinamento si fa meno lungo e impegnativo di quanto temessi (sarà forse perchè nello zaino ho un ferro in meno, sic!): punto al Piaz ma, quando lo abbiamo relativamente vicino, abbiamo modo di osservare come possa avvenire la stagionatura del prosciutto a 36 mesi sotto forma di alpinista lumaca azzoppata cui evidentemente potrebbe tornare utile una portaledge. La lentezza estenuante insieme al fatto che avremmo altre cordate davanti mi spingono a puntare alla Winkler alla Winkler. Qui le cose, tutto sommato, vanno meglio rispetto alla giornata precedente: di materiale in parete i due allievi non ne seminano perchè hanno capito che non mi va di avere a che fare con una coppia di agricoltori e perchè da cordini e friend non nasce nulla (e soprattutto dalle mie tasche). Così, a parte un piccolo aiutino esterno per superare la variante di IV della famigerata fessura Winkler e poi di un bel cordone che lascio per superare lo strapiombino del diedro, i due malcapitati si ritrovano in cima alla torre. Poi mi viene la brillante idea: fare le doppie insieme alle cordate del Gabri e del Roby che abbiamo alle calcagna (o che meglio, avremmo alle calcagna se fossimo l’ispettore Gadget). Quindi parto per la prima calata e poi resto in attesa. Resto in attesa. Resto ancora in attesa. Non so quanto rimango appollaiato prima di vedere il primo allievo raggiungermi: credo che la collaborazione tra più cordate sia efficacie se tutte sono rapide e una dietro l’altra, altrimenti diventa solo un’occasione per stagionare (un po’ come il tipo sul Piaz); in tal caso viene molto utile il detto chi fa da sé fa per tre e aspettare poi davanti ad una bella fetta di torta al rifugio!


Cavallo Goloso


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domenica 19, venerdì 24 agosto ‘18


Non ci siamo proprio: una simile disfatta non l’avrei mai preventivata né lontanamente immaginata. E pensare che sono stato proprio io a tirarmi la zappa sui piedi, troppo sicuro delle mie capacità.

Ci sono tre priorità: arrampicare, mangiare e giocare a Uno capendone le regole ufficiali. Ebbene, la prima sono riuscito a soddisfarla anche se non proprio come avrei voluto, la terza è stata abbondantemente rispettata nei lunghi momenti di attesa pre e post cena. E poi arriva la seconda, quella che dovrebbe essere il mio cavallo di battaglia ma che in realtà, sotto forma di due strudel degni della Taverna dei Giganti di Obelix, si è trasformata nel cavallo di Troia per Priamo!

Domenica arriviamo al Vajolet e alla fine vengo battezzato con una mezza lavata mentre sto recuperando le corde usate durante le manovre caiane, poi arriva lunedì e finalmente si fa quello per cui siamo in venuti in Crolloniti: scalare, scalare, scalare! Solo che sopra la testa abbiamo sempre la mannaia dei temporali del primo pomeriggio, così va a finire che le vie candidate non superano i 7/8 tiri. Mi trovo così a recuperare la mancata esperienza della coda da esodo estivo con un’interminabile attesa alla base della Fedele alla punta Emma: avessimo almeno le carte da Uno potremmo alleviare il dolce far niente! Poi finalmente inizio a scalare concatenando il diedrone iniziale prima di lasciare al Gughi il tiro successivo mentre dall’alto, a intervalli regolari, grandinano pezzi di dolomia; peccato non avere l’ombrello ma avevo capito che il brutto sarebbe arrivato intorno alle 4. Poi il lassativo funziona e il tappo là davanti si sblocca e così riusciamo a raggiungere una coppia di scimmie urlatrici che mi fanno partire entrambi i timpani con le loro comunicazioni da sosta a sosta. Menomato ma ancora vivo, arrivo alla fine della via di cui mi resta un parere da limbo ma almeno, pur trovandomi “tra quelli che son sospesi”, riesco a scampare dall’opera di Giovani il Battista.

Martedì mi mandano sulla Ferhmann alla torre Stabeler. Già perchè come al solito io non so praticamente nulla delle vie che ci sono in zona e, alla fine, mi lascio guidare dalle scelte degli altri. All’attacco seguo le indicazioni del Jag e mi trovo sotto una pancia che mi pare un bel palo: possibile che sia solo V? Eppure tutto sembra tornare: le roccette facili, la cengia di partenza e poi la fettuccia nera. Sotto lo strapiombo arrotondato vedo l’anello da calata: sono nel punto giusto e allora inizio a scalare mentre le prese saltano fuori come le amanite nei boschi della Walt Disney. Esco dalla pancia e mi trovo sul bagnato ma è solo un antipasto rispetto il terzo tiro dove, più che un pacchetto di Tampax e un bel phone, sarebbe utile un’idrovora con canna da pesca: indosso la muta, afferro le zanche e liquido la lunghezza con la tipica maestria del caiano d’esperienza per poi guadagnare la vetta con un ultimo lungo tiro. Il meglio però arriva al rifugio quando, durante una partita a scopa per alleviare la noia delle gare di Uno, mi illumino di immenso davanti al frigo dei dolci che non la smette di ammiccare e, alla fine, scommetto di divorare due strudel in 1 ora e un quarto. I malefici sponsor che devono avere una qualche partecipazione in aziende di farmaci per diabetici, non tardano a cacciare fuori il grano e io mi ritrovo con più di 2 chili di dolce davanti al naso. Lo attacco quasi come fosse una via ma verso la quarta enorme fetta il livello glicemico che ho in bocca è più alto rispetto quello di uno zuccherificio. Vado avanti ma alla fine della sesta fetta, nauseato dal dolciume del ripieno, sono davanti ad un passo insuperabile e, alla fine, alzo definitivamente bandiera bianca con più di 1 chilo di strudel nello stomaco e qualcosa come 2500kcal che circolano nel sangue!

Mercoledì mi lascio intortare con la Steger alla punta Emma: lasciato il ricordo dello strudel ai piedi della parete, sono pronto per il sentiero-arrampicata dei primi tiri. Per rendere il tutto più interessante, salgo con le scarpe d’avvicinamento confidando che sarà poi Alessandro a smazzarsi i tiri duri. Così, poco prima del tiro di V, mi accodo alla cordata e mi lascio scarrozzare sull’ultima parte di parete.

Ciò che mi suona più strano fino a questo momento è la difficoltà dichiarata delle varie lunghezze percorse. Il V non è il classico V dolomitico: duro, paloso, da morte certa e dove devi tirare come un ossesso. No, qui in Catinaccio sembra abbiano adottato la stessa scala che si trova da altre parti e infatti, come volevasi dimostrare, giovedì sulla Steger alla torre Winkler la scala ritorna ristretta come una maglietta dopo un lavaggio a 90° tanto da spaccarmi le braccia su dei VI che, come dirà il Marco, sono più duri di certi 6c! All’inizio sono titubante: mi immagino l’ennesima caianata mentre mi sono fissato con Passeggiata sui Neri al Catinaccio senza però trovare un pesce (o forse sarebbe meglio dire un allocco) che abbocchi alla mia esca. Così alla fine do una sbirciata alla guida, scopro che saremo prossimi al limite umano e alla fine accolgo la proposta alla torre Winkler. In salita spingo come un treno: non ho voglia di beccarmi il temporale delle 13. All’attacco siamo i primi, dietro una coda da giorno di presentazione del nuovo Iphone: c’è Marco con Alessandro che seguiranno le mie e le chiappe di Elena e poi uno sproposito di cordate che punta alla Winkler sulla Winkler.

Il primo tiro dopo la cengia è un bel palo, oltretutto con alcune prese non proprio asciutte: che strano, è solo una settimana che, tutti i giorni, dall’alto bagnano l’orto! Me la cavo in qualche modo ma alla fine arrivo alla sosta. La partenza del tiro seguente è una specie di boulder a meno di essere alti sufficienti per afferrare la presa buona e, siccome la scala evidentemente si ferma ancora al VI/VI+, la guida recita che si tratta di un bel sesto! Sarà: io so solo che ogni tanto mi devo fermare a sghisare e, quando arrivo in sosta, ho i bicipiti come quelli di Schwarzenegger! La lunghezza seguente mi catapulta sul granito. Già, perchè si alza con un diedro tagliato da una fessura perfetta e regolare da salire con tecnica ad incastro a meno di volere, ancora una volta, tirare come Maciste. Così, vinte le tentazioni del secondo friend che mi stuzzica ad essere tirato, supero il passo più duro e poi inizio a incastrare le mani nella spaccatura umida. Ancora una volta vinco il braccio di ferro con Newton e alla fine arrivo alla sosta pronto per superare lo strapiombo soprastante che si dimostra essere un tranquillo agnellino.

Ma non può certo finire qui perchè alla sosta di calata ci raggiunge la prima cordata proveniente dalla Winkler così ci organizziamo per una discesa rapida e in sequenza. Tutto funzionerebbe al meglio se non fosse per due turisti teutonici che, persa la strada per il museo di Otzi, si sono trovati a risalire la torre su una via non ben precisata. Alla fine ci tocca prestar loro le corde, sistemargli la calata risparmiando così all’elicottero del soccorso una gita sul Catinaccio.


Cavallo Goloso


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