BRIC SPAVENTAGGI      

venerdì 22, sabato 23, domenica 24 e lunedì 25 aprile ‘11


Cogliamo l’occasione delle vacanze di Pasqua per allontanarci dal tradizionale arco alpino e puntare a sud e ad un ambiente forse più legato al mare che non a ciò che vi sta sopra, anche se, tradizionalisti come siamo, siamo mossi dall’interesse per l’entroterra finalese. Certo, Finale è ambiente più idoneo ad un FF che ad un incallito caiano ma, d’altro canto, il VI grado non rappresenta forse “il limite umano che può essere salito solo dai più forti scalatori e solo per brevi periodi a causa del logoramento psicologico che porta nella mente degli stessi”? In ogni caso, ci andava di cambiare aria e quella ci è sembrata una meta indicata. Anche perchè devo ammortizzare la spesa della guida e l’unico modo è cercare di usarla! E poi dopo il freddo engadinese, potrò testare la tenda al caldo della Liguria e, soprattutto, al fango con cui dovremo convivere per la maggior parte della vacanza. Ma andiamo con ordine.

Parto con Micol venerdì pomeriggio alla volta della nota località balneare lasciandomi alle spalle la nevrotica Milano, mentre Fabio e Dello sono già intenti ad insudiciare le pareti di Finale. Raggiungiamo la nostra meta quasi all’ora di cena: il posto non manca e rapidamente montiamo la nostra tendina. Per cena lo chef propone un’abbondante pasta condita con un sugo già pronto e quindi una vasta scelta di carote: sostanzialmente ciò che di meno caro proponeva il supermercato vicino l’ufficio! E poi a nanna: per noi, in tenda, un dolce sonno cullato dal tintinnio della pioggia sul telo, mentre per Fabio e Dello una lotta con le secchiate d’acqua che scrosciano dal cielo inondando sacchi a pelo e loro contenuto finchè il clima tempestoso induce i valorosi al trasferimento in auto.

La mattina, il terreno intorno alla tenda è trasformato in un campo di fango che si attacca sotto le suole delle scarpe lasciando solo due possibilità: rimanere vincolati irrimediabilmente al suolo o trascinarsi un’indicibile zavorra. I tempi per avviarsi sono naturalmente biblici e alla fine ci muoviamo verso la Placca del Maleducato, giusto il tempo per salire 3 o 4 tiri prima che inizi definitivamente a piovere.

Il fuggi fuggi generale ci costringe, nostro malgrado, ad una visita presso un panificio di Finalborgo giusto per preparare lo stomaco alle prelibatezze della cena mentre Fabio e Dello, preferendo all’arrampicata il banchetto pasquale, ci lasciano alle prese con la poltiglia rossastra.

La domenica arriva rapidamente: il tempo è ancora grigio e solo in tarda mattinata smette definitivamente di piovere. Decidiamo di andare a scalare in un qualche settore della vicina Rocca di Perti dove siamo accolti dalla solita roccia monolitica e finalmente dai primi raggi di sole. Restando comunque fedeli allo stile della vacanza, gironzoliamo tra le prime strutture che incontriamo piuttosto indifferenti alle lunghezze che ci prepariamo a salire ma solo con il desiderio di muovere un po’ di passi su questa roccia, tanto più che qui la materia prima è sempre di gran qualità! Tra l’altro mi sembra quasi di saper scalare, riuscendo ad inanellare una serie di on sight su difficoltà che richiedono solitamente una certa dose di sudore e non mi permettono certo di badare all’estetica del movimento. Riesco anche a fare una super prestazione su un monotiro di un nuovo settore, evidentemente molto sovragradato tanto che trovo più impegnativa la lunghezza successiva dichiarata ben due gradi sotto la precedente!

E poi arriva il lunedì: l’obiettivo di oggi è il Bric Scimarco, ma in realtà passiamo quasi più tempo a gironzolare intorno al Settore Principale prima di raggiungere gli Antri Rossi dove scaliamo su tiri piuttosto atletici. Avrei preferito decisamente dei bei muri tecnici a buchi e gocce ma anche qui la scalata è molto interessante e l’ambiente particolarmente spettacolare, tanto più che, seppur da secondo, al primo tentativo raggiungo la catena di un tiro, almeno per me, duro. Ma l’orologio sa essere particolarmente tedioso e ci consiglia di levare le ancore e fare rotta verso l’arco alpino dopo aver soddisfatto le richieste dello stomaco riempito con focacce e farinata!


Cavallo Goloso


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venerdì 01, sabato 02 e domenica 03 ottobre ‘10


Sono vagamente perplesso: un po’ per preconcetto e un po’ perchè già mi vedevo a battere i denti in Valmalenco o a spalare neve in Ratikon. Ma in effetti le previsioni non fanno che richiamare verso sud e il sud è sinonimo di Finale! Così, dopo attento e prolungato studio meteorologico di centinaia di siti con successiva analisi mediante complessissimo algoritmo dei risultati ottenuti, mi rimetto alla proposta di Micol facendomi scarrozzare verso la nuova meta. Già sulle tempistiche autostradali prendo una memorabile cantonata e poi avrò modo di ricredermi sulla precedente poco positiva esperienza personale nel finalese.

Abbiamo tre problemi da risolvere: alloggio, acquisto della guida e decidere dove scalare. Veniamo così catapultati alle ferie estive: il primo campeggio è chiuso ma, troppo facilmente, al secondo facciamo buca risolvendo il primo problema. Piazziamo la nostra casa ambulante e, rivaleggiando coi genovesi, lasciamo l’auto fuori dal parcheggio del camping: soluzione forse poco comoda ma che riserva il portafoglio da un inutile salasso.

Troviamo la soluzione al secondo problema a Finalborgo, appoggiata al bancone del bar dove Micol sorseggia un caffè. Con la guida di Thomas tra le mani, possiamo facilmente venire a capo anche dell’ultimo dilemma giornaliero: Bric Spaventaggi – Placca dei Maleducati. Evitata l’aggressione della tigre del Bengala lungo l’estenuante avvicinamento di ben 10 minuti scarsi, raggiungiamo l’estremità destra del settore dove finalmente appoggiamo le mani sul calcare finalese. Memore dell’esperienza passata, dei gradi un po’ balenghi e del fatto che non ero riuscito a fare un 5c (e non ero nel periodo della pipponaggine estrema) ci confrontiamo con lo stesso grado su “Uno Diedro l’Aldro”. Chiuso il tiro senza patemi, approfondiamo la conoscenza della scala francese con “Giorni di Magia” (6a) inanellando un altro risultato positivo pur iniziando ad incontrare qualche difficoltà. Considerata comunque l’esperienza positiva, facciamo un altro passetto in avanti su “Dimensione Panza” (6a+) e poi su “Demolition Man” (6a+/b) portando a casa altre due belle on-sight che, insieme al sopraggiungere dell’oscurità, determinano la chiusura della giornata. Non ci rimane che ripercorrere a ritroso la foresta equatoriale accompagnati dal canto dei pappagalli e poi giù verso la doccia e una buona cenetta a base di paella liofilizzata il cui gradevole odore aleggerà in tenda per tutta la vacanza.

Il risveglio è cosa lunga e laboriosa, poi è incredibile che non ci sia una guida più completa. Così eccoci di nuovo a Finalborgo al Rockstore con in mano l’indispensabile e corposo manuale del climber finalese: la guida di Gallo. Caricato il librone nello zaino di fianco ad una focaccia, una farinata e una torta salata, ci incamminiamo finalmente verso il Monte Sordo con destinazione Settore Centrale. Ma siccome non siamo degli asettici invasati di roccia, ma abbiamo anche una certa apertura mentale, come non fare visita al vicino Alveare con con quei suoi architettonici e unici buchi? Il risultato è che arriviamo alla meta dopo pranzo e dopo aver consumato l’insignificante focaccia, l’immangiabile torta salata e la farinata che avrebbe potuto rivaleggiare con una suola di scarpa in quanto a morbidezza.

Borioso per i risultati del venerdì, eviterei il riscaldamento sul 5c, ma considerando bellezza e richiesta della morosa mi preparo per la fessura de “l’Arco dei Guaitechi”. Spavaldo, avverto Micol che tenterò di unire due lunghezze così da ottenere un bel tirone. Ma la realtà è decisamente meno rosea e fin dall’inizio, cerco disperatamente la prima sosta come un naufrago un’isola in mezzo al mare. Scalo malissimo su una dulferaccia tutta di braccia, cagandomi a dosso non poco e pensando che “se Luna (Nascente) fosse così, ci vorrebbero 8 serie di friends!”. E poi acchiappo la sosta salvatrice e con un perentorio “cala” ritorno sulla piatta terra. Nonostante la traumatica esperienza, mi butto su “Franco e Ketty” (6b) e del resto non potrei fare diversamente viste le indicazioni della guida: “da non mancare i buchi di Franco e Ketty” che scritta così sembra quasi il preludio ad un pornazzo, ma posso garantire che gli unici buchi incontrati sono quelli di una roccia sublime. E poi, al massimo, sarebbero stati problemi di Franco...

Calzato il paracadute, mi rivolgo alla lunghezza a destra (“Introspezione Elettrostatica”, 6b): questa volta sono costretto ad un resting e ad usare uno spit della via salita poco prima per evitare un infinito e molto probabile fiondo chilometrico. Raggiungo quindi delle enormi zanche grazie alle quali arrivo in prossimità della sosta dove mi fermo a domandarmi come diavolo risolvere quello spalmo con l’ultima protezione ben sotto i piedi. Tasto la roccia e poi finalmente mi decido: spalmo di sinistro e poi di destro e finalmente afferro la catena, maledicendo e non poco ‘sti liguri dalle braccine corte.

E poi, con l’inizio dell’ultimo giorno, si ripropone nuovamente il terzo problema: dove scaleremo oggi? A dir la verità avevamo già focalizzato la Grotta dell’Edera dove Micol era stata con il corso. Ma prima, vogliamo dare un’altra possibilità alla cucina ligure: individuiamo una panetteria aperta e ci riforniamo di focaccia classica, una specie di focaccia con lo stracchino e farinata. Ma del resto il “rischio” è il pane del climber!

Ci affacciamo così verso l’interno del particolare cilindro da cui sento rimbombare il suono di antichi tamburi mentre mi figuro una tribù primitiva in quel particolare budello mentre celebra chissà quale misterioso rito.

Uomini primitivi a parte, entriamo nella buia grotta che da l’accesso alla base del “cilindrone”, per poi sbucare nel cuore della struttura attraverso uno stretto passaggio che pare un viatico verso un altro mondo. I tiri sono tutti piuttosto duretti e noi ci accontentiamo di salire i due 6a+ (“Remember Me as a Friend” e “Potopa”): mi viene la on-sight sui fantastici buchi della prima lunghezza, mentre sull’altra sono costretto ad appendermi causa braccia completamente devastate dalla ghisa. Poi le possibilità per le nostre povere e deboli estremità si esauriscono (anche perchè vorremmo scalare “di fuori”) e così ripercorriamo all’inverso il tragitto di purificazione interiore per raggiungere la Parete Dimenticata.

Ovviamente punto ad un 6b (“Sandokan”) perchè altrimenti non c’è gusto: scalo il primo tratto massacrandomi le dita sulle ruvidissime asperità della roccia e poi arriva il tratto in placca. Salgo lentamente individuando prese e appoggi fino a raggiungere il nulla assoluto. Tasto di qua e di là con l’unico risultato di ghisarmi sempre più le braccia ma poi alla fine desisto e mi appendo. Guardo meglio e individuo la linea di salita decisamente a sinistra degli ultimi spit: delicatamente mi alzo fino a raggiungere la sosta chiedendomi il perchè di quella chiodatura un po’ fuori asse. Ma tantè, l’importante è non aver lasciato materiali in parete e soprattutto non aver preso il volo verso terra! Per oggi e per questo week end direi che possa essere sufficiente e così diamo l’arrivederci alla scalata finalese e alla cucina ligure che, questa volta, ha soddisfatto i nostri palati, anche se ricordavo una farinata un po’ più gustosa...


CavalloGoloso


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