SASSO REMENNO      

sabato 01 e domenica 02 maggio ‘10


Matematicamente parlando la somma FF + C da ancora FF + C; le regole algebriche del calcolo letterale del resto parlano chiare: si possono sommare solo lettere uguali. Ma, nel nostro caso, la somma darà FFC, fusione micidiale, unione allucinante e dagli effetti devastanti. Questo, più o meno, è quello che è successo in questo week end rovinato dalla minaccia di temporali e inumidito da fastidiosi e ripetuti piovaschi, raggiungendo il suo apice proprio nella giornata di domenica quando le condizioni meteo avrebbero consigliato a chiunque sano di mente di restare sotto il caldo delle coperte.

Ora, l’individuo FF (Frocio Falesista) è ormai noto: trattasi del classico falesista infighettato, coperto da cima a piedi da indumenti dell’E9, sacchetto di magnesite cool che penzola dall’imbraco ultimo grido e rinvii ultra leggeri con leve che si aprono solo a guardarle. Per lui l’unico casco è quello della moto: per scalare bisogna essere leggeri e quindi ogni peso superfluo è abolito. Proprio in rispetto di questa regola, l’FF si preoccupa di mantenere la sua linea con una dieta mirata; per ostentare il suo fisico non disdegna di scalare a torso nudo anche in pieno inverno e con la neve, per poi tornare a coprirsi col piumino della North Face (unica deroga concessa all’E9) mentre tedia i vicini su come abbia chiuso il tiro al primo tentativo. L’FF parla per sigle: quel tiro l’ho fatto OS, quello mi è venuto RP, quell’altro flash, solo per ostentare la sua conoscenza terminologica.

Il vero FF ovviamente si dedica solo ed esclusivamente alla falesia e ai monotiri. Disdegna gli avvicinamenti: il suo luogo ideale è Scarenna o il Sasso Remenno; oddio, il Sasso d’Introbio sarebbe ancora meglio, ma la distanza chilometrica tra gli spit rende la scalata eccessivamente alpinistica. E lui l’alpinismo lo aborra. Non vedrete mai un FF con la staffa: lui i tiri li sale rigorosamente in libera e non manca di fiondare con il risultato che ogni anno (e forse anche meno) cambia la corda (anche perché la moda impone nuovi colori...). Ovviamente l’FF doc è stato il primo a prendere le Miura col velcro, anche se pochi mesi prima si era svenato acquistando un bel paio di Solution, con il risultato che é diventato in poco tempo il miglior cliente di Sport Specialist, ma essendo FF fino in fondo non può usufruire dello sconto riservato ai soci CAI. Perché lui non comprerà mai il bollino: non si mischierà mai con quei Caiani fermi ancora agli anni ‘30!

Il Caiano (C) lo si riconosce facilmente: innanzi tutto lui in falesia non ci va. Usa ancora la scala UIAA, o meglio, la scala Welzenbach chiusa al VI grado, che rappresenta l’umanamente possibile. Non sa nulla dell’alpinismo post anni ‘60: per lui, l’ultimo grande è stato Bonatti. Beh, per forza di cose conosce anche Messner, ma solo per i 14 8000: ignora nel modo più assoluto che probabilmente l’himalaista è stato il primo a salire un VIII grado (anche perché la scala delle difficoltà si ferma al VI). E non provate a parlare di arrampicata sportiva: il Caiano doc storcerà il naso rispondendo “ma l’alpinismo è un’altra cosa”. Di conseguenza, località come Wenden, Ratikon, Verdon, Paklenica, Finale, la Valle, Arco non sono segnate sulle sue mappe; lui è ancora fissato con la conquista delle tre grandi Nord, ma ha superato la sindrome da paracarro delle Dolomiti.

Le uniche concessioni alla modernità sono legate all’attrezzatura alpinistica: utilizza i friend (ma preferibilmente quelli della Ande o, ancora meglio, della Kong), ha acquistato le mezze che però, per la forte usura, ora hanno il diametro del 15. Alla fine ha dovuto acquistare l’imbraco basso (perché quello intero non l’ha trovato neanche rovistando nel magazzino della Decathlon), ma ha rimediato subito comprando anche lo spallaccio. Lui scala sempre e solo con lo zaino, da 60L: non si sa mai, in montagna bisogna essere pronti a tutto. Usa ancora il mezzo barcaiolo e l’otto per la doppia. I suoi rinvii pesano un fottio: ma almeno non si slega più per far passare la corda nell’anello del chiodo. Ovviamente le sue vie devono essere rigorosamente classiche e a chiodi: probabilmente non ha nemmeno mai visto uno spit, per non parlare dei resinati. E veniamo all’abbigliamento: il vero Caiano indossa la tuta di Terinda ad ogni occasione, la usa anche per andare in ufficio. In alcuni casi si è evoluto, concedendosi di ricoprirsi interamente con la Montura: “la marca di quelli del Soccorso Alpino”. Se poi è titolato CAI, il suo distintivo è attaccato all’altezza del petto di ogni suo indumento. Se gli è stato dato un solo stemmino, indosserà il pile anche a 40°!

Il Caiano non va in montagna: lui va a lottare con l’alpe. Ogni mezzo è lecito per salire (tolto l’uso del trapano di cui ignora l’esistenza) e, se non arrivi in vetta, è meglio starsene buoni e non dire nulla.

Sono quindi queste due mentalità, due gruppi, due entità contrapposte, direi agli antipodi: l’Alfa e l’Omega, lo Yin e lo Yang, il Più e il Meno lo 0 e l’1 della scalata; ma dalla cui fusione (rara, ma comunque possibile) scaturisce la nascita di un nuovo essere che sa mettere insieme il peggio delle due realtà fondatrici: l’FFC, il Frocio Falesista Caiano. Quello, insomma, che va in falesia anche con la pioggia. Che prova i tiri sopra il VI (scusate, sopra il 5c), ma con sé ha sempre un cordino per staffare. Che usa il casco, ma solo sulle multipich. Che è iscritto al CAI (ed è anche titolato), ma ce l’ha con i Caiani. Che scala sulle vie sportive (preferibilmente al suo limite), ma anche sulle classiche da proteggere. Insomma, quello che vi tedia con i suoi racconti sulle sue scorribande del week end, sbandierando le sue staffate a destra e a manca.

E siccome di inchiostro ne ho già consuma tanto, trovo poco opportuno proseguire raccontando come sabato, insieme a Micol, mi sia salvato dalla pioggerellina sul diedro dei comaschi al Sasso Remenno o narrare dei miei patetici tentativi (con la corda rigorosamente dall’alto) sulle due vie a destra del diedro, prima di spostarci sulla sud (finalmente asciutta) per riuscire a scalare. Ma poi l’apice si è avuto la domenica quando con Cece e Luca sono andato all’Angelone: nonostante la pioggia e la roccia ridotta ad una spugna siamo riusciti anche qui a combinare qualcosa, sempre nell’ottica FFC: difficoltà e raggiungimento della sosta a qualunque costo!


Cavallo Goloso


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