VAL FEDERIA – ALTA VALTELLINA      

sabato 23 agosto ‘14


Quando partiamo da Dorio, piove e la domanda sorge spontanea e legittima: ma come vengono fatte le previsioni?! Non che mi aspettassi il sole del deserto ma nemmeno il diluvio di Noè! Forse, magari, se siamo fortunati salendo in alta Valtellina il tempo migliorerà! Infatti a Sondrio diluvia, a Tirano le cataratte restano aperte e a Bormio sembra di essere in Inghilterra! Continuiamo verso Arnoga dove siamo completamente avvolti dalla bruma: a questo punto, anche ad essere degli inguaribili ottimisti, è evidentemente palese che il giro in bici programmato non può che trasformarsi in un nulla di fatto. Siccome però siamo qui, tanto vale continuare il nostro viaggetto e puntare a Livigno dove poi si vedrà. In realtà, a questo punto, ogni speranza di tirare fuori dall’auto le mountainbikes è morta e sepolta ma l’azzardo alla fine ci concede la vittoria insperata. Infatti già al Foscagno usciamo dal pisciatoio e, man mano ci avviciniamo a Livigno, il tempo sembra volgere al bello: nel senso che le nuvole si alzano e la loro coltre grigia si fa più chiara e meno opprimente; nulla di più, chiaro, ma per noi può già essere sufficiente. A questo punto, dobbiamo solo reinventarci il programma di giornata scovando una nuova meta adatta alle nostre capacità di bikers alle prime armi. Certo fa un certo effetto vedere i nostri piccoli e datati mezzi circondati dalle simil-moto per il downhill ma noi ce ne infischiamo e, con l’equipaggiamento leggero, ci allontaniamo dalla massa di cavalieri mediovali agghindati per il torneo. Ci muoviamo un po’ a naso per il paese prima di trovare il primo cartello che ci indica la nostra meta: iniziamo quindi con una dolce salita, antipasto del vicino muro che ci sta attendendo fregandosi le mani. La strada si impenna e noi spingiamo sui pedali: le gambe stantuffano scaricando tutta la loro potenza sull’asfalto mentre il cuore inizia a ballare il tam tam. La salita molla un po’ per poi riprendere a impennarsi come un cavallo imbizzarrito ma è solo l’ultimo affondo di un animale oramai domato: ben presto la striscia d’asfalto torna in falsopiano addentrandosi sempre più nella vallata fino a dare spazio ad una comoda mulattiera. Questa continua insinuandosi tra i versanti e proponendo alcune brevi salitelle dove la mia potenza mi porta addirittura al ribaltamento: come un acrobata, sorvolo con un tuffo perfetto il mezzo inchiodatosi durante il massimo sforzo senza che io riesca a capacitarmi dell’incidente di cui già avevo fatto prova al termine della salita della morte per raggiungere la bocchetta di Palanzo. L’unica soluzione che escogito al momento consiste quindi nel restarmene “comodamente” seduto sul sellino ad attendere l’evolversi degli eventi: questi non tardano a ripetersi mettendomi nuovamente al palo perchè, per un insolito movimento della catena, questa si incastra tra il deragliatore e la corona interrompendo bruscamente la fluidità della pedalata. Con questa incombente minaccia, proseguo il viaggio in direzione dell’ultimo ristoro mentre, se non altro, le nuvole in cielo iniziano lentamente ad aprirsi rivelando qua e là qualche raro sprazzo d’azzurro. La nostra fantomatica meta passa dietro le spalle e noi continuiamo a salire fino ad un punto imprecisato dove decretiamo il termine definitivo del nostro pedalare. A quel punto non resta che girare i mezzi, mollare i freni e farsi accarezzare dal vento nei capelli! Micol saetta verso valle ad una velocità inaspettata che mi fa letteralmente mangiare la polvere visto che ho optato per una molto vaga traccia che taglia il prato. Rientro allora in carreggiata ma per raggiungere Micol sono costretto a spingere sui pedali finchè riesco a sfrecciarle di lato per poi lasciare correre liberamente il mezzo. Continuiamo così il nostro gioco di inseguimento per tutta la vallata fino a ritornare a Livigno mentre rimango felicemente stupito dell’inaspettata spavalderia di Micol: bisognerà ora migliorare l’allenamento per poter poi godere di discese ben più importanti!


Cavallo Goloso


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