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ALPE FIORINA E BOCCHETTA DI REGAGNO – VAL MENAGGIO O VALLE DI PORLEZZA

mercoledì 02 giugno ’21


Avevo immaginato che la strada sarebbe stata un po’ tortuosa (d’altra parte siamo vicini alla val Cavargna) ma non mi aspettavo una simile sequenza di curve e curvette tali da rischiare l’epicondilite al gomito per il continuo girare del volante. Sul limite dell’infortunio dal troppo tirar plastica e con la Jo nelle stesse condizioni dopo una traversata del Pacifico su un guscio di noce, arriviamo così a Seghebbia dove termina la strada e dove il lockdown sembra una condizione perenne e normale. Balzo fuori dall’auto in braghette e maglietta rendendo facile il gioco all’arietta che si diverte a prendermi a schiaffi mentre la Jo, crogiolandosi nel suo pile, si congratula con il sottoscritto che, dopo millenni ad andare per monti, non ha ancora capito che qualcosa di pesante sia sempre meglio infilarlo nello zaino. Tengo duro facendo l’impassibile e confidando che il movimento sia un mio alleato e, soprattutto, che le previsioni non mi lascino a piedi. Così carico la zainetto e iniziamo a camminare lungo la strada appena percorsa fino a raggiungere l’imbocco del sentiero, una mulattiera che si perde nel mare verde di un prato che chiama “zecca, zecca, zecca!” come un mantra a ripetizione. Mi tuffo nell’erba, Jolanda a seguire, sperando che il mio abbigliamento non favorisca troppo i piccoli insetti ma alla fine delle draculiane sanguisughe nemmeno l’ombra.

Il sentiero quindi inizia a prendere quota alternando faggete ad un paio di radure fino ad inerpicarsi tra alcuni torrioni che stanno a guardia della riserva della val Fiorina: entriamo in punta di piedi, guardinghi e speranzosi di vedere qualche animale ma, in realtà, arriviamo all’omonima alpe senza incrociare anima viva. Sono quindi intento a divorare la mia razione di formaggio quando Jolanda alza lo sguardo e mi fa un cenno: poco lontano, alle nostre spalle, un solitario camoscio è intento a passeggiare e pascolare tranquillo. Ci osserva per un attimo e poi riprende la sua attività senza preoccuparsi dei due ominidi che lo stanno guardando. L’animale risale il pendio e poi si infila nuovamente nel bosco sparendo alla nostra vista. Stiamo quindi per imitarlo quando qualcos’altro attira la nostra attenzione: due chiocciole stanno come fondendosi l’una all’altra in un atto che potrebbe essere una lotta o una fase dell’accoppiamento. In entrambi i casi, l’azione è caratterizzata da un immobilismo snervante. Ci accomodiamo a osservarle o, forse, ad invaderne la privacy ma il massimo movimento che quelle ci concedono è limitato ai corni oculari. Per il resto restano appiccicate come due ventose senza che apparentemente una delle due prevarichi sull’altra. Poi arriva il momento in cui questo immobilismo imperante inizia a farmi girare la testa e così convinco la Jo a riprendere il cammino tagliando sul percorso che avevamo pianificato. Risaliamo così la valle che ci sovrasta fino a raggiungere al bocchetta di Regagno e tornare sull’anfiteatro che domina Seghebbia. Il cielo è carico di boriose nuvole svizzere che coprono in parte le cime abbiamo davanti: inseguiamo i pascoli e, con un lungo giro che ci riporta nuovamente sotto un bosco di faggi, chiudiamo il cerchio tornando al punto di partenza.


Cavallo Goloso


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