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MONTE DEL CORGELL – VAL VERZASCA

domenica 05 dicembre ’21


Mi fermo di stucco davanti al cartello di divieto d’accesso: e ora che faccio? Secondo la guida dovrei proseguire fino al paese di Corippo e eventualmente parcheggiare lungo la strada: già vedo i morsi alle ruote e la gogna pronta a chiudersi sul mio collo. Faccio manovra valutando se lasciare l’auto in corrispondenza dell’ampia curva non si possa poi tradurre con una condanna in un campo di lavori forzati e, codardi, alla fine optiamo per cercare un parcheggio sulla cantonale. Così eccoci a scrutare il lato strada e il conta chilometri che macina decine di metri prima di riuscire a trovare uno slargo sufficiente per parcheggiare e mettere la prima X sulla lista delle cose da fare. La seconda forse è anche peggio: passare dai +20 dell’abitacolo al gelo polare dell’esterno. Rimpiango la cara vecchia Punto: senza il sensore della temperatura non si aveva idea di quanto si sarebbe dovuto precipitare, una volta aperta la portiera, prima di rimettere i piedi sulla colonnina di mercurio. Il freddo però non è sempre del tutto negativo: almeno ci obbliga a impostare un semi-turbo lungo il nastro d’asfalto che ci riporta al cartello, quindi al ponte e, finalmente, all’inizio del sentiero che funge da scorciatoia per raggiungere Corippo. Poi arriva il sole e i bastoncini Findus delle nostre dita iniziano a scongelarsi. Corippo è un minuscolo agglomerato di case avvinghiate le une sulle altre come a volersi tener caldo: strisciamo tra i viottoli per poi raggiungere il pendio che si impenna dietro il villaggio, una specie di sigaro arrotondato che sale sempre più ripido verso il cielo blu. Inizia così la nostra lenta marcia seguendo il sentiero a zig-zag che ci porta nel bosco soprastante. In giro non c’è anima viva, sarà forse per la stagione o per la meta non particolarmente famosa ma, tutto sommato, la solitudine non mi dispiace affatto. Il bosco di betulle si sostituisce a quello di castagni ma la pendenza quella no, quella resta sempre costante. Probabilmente in altre circostanze avrei parlato di “salita della morte” ma, forse per il ritmo posato, ora si limita solo a raggiungere il grado di “salita della sincope”!

In alto, intanto, si stagliano i segni di possibili future cascate: le strutture sembrano in procinto di formarsi anche se le frange della parte alta mi lasciano pensare più a qualche salita da dry (molto dry!) tooling estremo. In ogni caso mi limito ad osservare quell’angolo gelido senza per altro sentire alcun impulso ad andare a metterci le picche, preferendo tenere le mutande il più immacolate possibile. Intanto la ridente salita inizia ad allungarsi dietro le nostre chiappe e, evidentemente, a farsi più corta davanti tanto che dopo pochi minuti scorgiamo le case del monte del Corgell e, più a destra, l’imponente croce che decreta la fine delle nostre fatiche, frase che, scritta così, potrebbe assumere un significato a dir poco inquietante!

Passiamo oltre il simbolo cristiano e di fianco all’altare (manca solo l’apparizione della Madonna e qualche dubbio sull’essere ancora parte di questo mondo potrebbe iniziare a sorgere) con annesso libro di vetta che, diligentemente, compiliamo e poi andiamo a infilarci al riparo dei resti di una costruzione dove passiamo il peso del cibo dalle spalle agli stomaci così da abbassare il baricentro e permetterci un più rapido rotolamento verso valle.


Cavallo Goloso


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