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MONTE BOGLIA – SOTTOCENERI

sabato 09 ottobre ‘21


Armeggio con la macchinetta del parchimetro cercando di scaricare la app per il pagamento visto che con me non ho nemmeno una moneta ma il cellulare non ne vuole sapere di connettersi alla rete. Tutta questa tecnologia mi fa diventare matto e, alla fine, per la centesima volta, la mia natura da caiano anni ‘30 si prende l’ennesimo smacco. Torno all’auto con la coda tra le gambe rimuginando se spostarci verso la vicina Italia o rischiare di dilapidare la futura tredicesima in un multone epocale per mancato pagamento del parcheggio quando la Jo scopre di avere un gruzzoletto metallico nel portafogli. Questa almeno è fatta, ora però dobbiamo metterci in moto perchè qui l’aria è frizzante come la Perrier! Usciamo così dal paese, ci facciamo sedurre da alcune castagne e poi siamo al primo enigmatico bivio: pare che la cima sia a destra ma, contemporaneamente, anche a sinistra così finisce che optiamo per la prima direzione per poi sbagliare qualche cosa e ritrovarci sull’altro sentiero. Poco importa, in fondo da qualche parte stiamo pur sempre andando! Passiamo così oltre il Sasso Rosso (un’altra cima simile al Nuvolone, buona solo per mettere una X sulle vette raggiunte) e, poco oltre, raggiungiamo l’anticima del monte Boglia. Siamo a picco sul lago di Lugano ma il panorama gioca al vedo non vedo con le nuvole. Verso l’Italia il nero di Mordor la fa da padrone mentre sembra che solo sopra le nostre teste il sole riesca ad aprirsi un timido spiraglio. Il risultato è che, dopo averci illuso, la temperatura torna a scendere e noi, invece, a salire alla vicina vetta. In cima siamo schiaffeggiati dall’arietta quel tanto che basta per guardarci velocemente intorno, domandarci perché diavolo due ragazzi abbiano deciso di piazzare la tendina sul punto più ventoso della zona e quindi valutare da che parte scendere. La guida suggerisce infatti un bel giro ad anello lungo la “selvaggia” cresta occidentale ma, apparentemente, il sentiero sembra proseguire solo nella direzione opposta. Ovvio che l’idea di scendere da un tracciato diverso mi attrae come i saldi in gelateria così riesco a convincere la scettica Jo a prendere il nuovo percorso. Imbocchiamo così un sentiero più per capre che per bipedi ma la direzione è ovvia e logica almeno finchè non finiamo in un anonimo bosco di faggi dove l’unica direzione, almeno all’inizio, è data da alcuni bolli rossi dispersi sugli alberi. La Jo mi guarda con le ciglia della perplessità e poi se ne esce con un commento mai più azzeccato: “… e per fortuna che in Svizzera i sentieri sono ben segnati”. In effetti la frecciata è più che meritata e l’unica difesa che posso addurre è che probabilmente sentono l’influsso della vicina Italia. Attivo quindi il radar segnaletico e, individuato un segno dietro l’altro, rapidamente torniamo su un sentiero che può definirsi tale; la Jo invece accende l’altro radar, quello per i funghi e, dopo aver costato la similitudine tra la mia parsimonia e l’avarizia delle faggete a produrre biodiversità ecco che individua un piccolo e solitario porcino. Peccato solo che l’esemplare sia stato già il pasto di qualche lumaca, così ci guardiamo un po’ intorno ma senza individuare nulla anche perché il mio terrore per la sedia elettrica inizia ad avere il sopravvento su tutto: il parchimetro giù al paese sta infatti per scadere e non vorrei trovarmi col plotone d’esecuzione così, abbandonata ogni velleità fungaiola, ci tuffiamo a capofitto lungo l’ultimo tratto di discesa fino al paese.


Cavallo Goloso


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