racconto del bivacco zeb (como, lombardia)


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BIVACCO ZEB – ALTO LARIO

sabato 07, domenica 08 giugno ‘19


Jo: “Dai! Forza che è tardi: andiamo!”

Fra: “Mmmh! Ancora 5 minuti”

Poi i 5 minuti diventano 10, 15, 20 e alla fine Fra scopre cosa fa l’italiano medio il sabato mattina di una bella giornata: la coda in macchina, un’esperienza adrenalinica di sicura esaltazione! Fra prova ad adeguarsi alla massa ma proprio non ce la fa, è più forte di lui. Non che Jo sia tanto diversa: altrimenti chi la convincerebbe a passare un fine settimana sperduta su per i monti? Poi la macchina lascia la litoranea del lago e inizia ad inerpicarsi lungo i tornanti col Fra che lascia da parte l’istinto da Carlos Sainz finchè il nastro d’asfalto lascia il posto a quello in cemento e i due varcano i confini spazio temporali dell’epoca moderna. La poesia però finisce un po’ lì quando gli zaini con le provviste di una spedizione anni ‘50 fanno le cozze sulle spalle dei due con Jo che scuote la testa tra l’allibito e il rassegnato quando Fra afferma che questo sia il minimo indispensabile per evitare che il suo stomaco passi la notte a recitare le litanie dei santi.

Poi Jo si fa prendere dalle caprette instaurando un tentativo di amichevole approccio mentre Fra si imbambola a fissare le pupille squadrate dell’esemplare indeciso tra l’incornare lo spilungone riccioluto o, per il quieto vivere, lasciare perdere quel soggetto dallo sguardo acuto come una sogliola dopo un rave party. La mulattiera intanto scorre, fa la cura dimagrante e diventa sentiero infilandosi nella vallata come il coltello nel panetto del burro. Al Fra viene in mente di aver dimenticato il grasso elemento insieme ad una miriade di altre cibarie e allora Jo si domanda cosa diavolo le stia piegando la schiena: forse la raccolta dei volumi della Treccani? Poi arriva la faggeta, un’opera d’arte che incanta il Fra forse perchè è il bosco perfetto della strega e poi i due si imbattono nella casetta della vecchina. La casupola ha un potere magnetico verso Fra, un’attrazione fatale: “Ci andiamo a dare un occhio?”. La domanda praticamente non attende risposta. Fra è come Hansel davanti alla casa di dolciumi e Jo-Gretel non può che assecondare la mezza follia. Che poi, di per sé, non ci sarebbe nulla di insolito almeno finchè Fra-Hansel decide di tuffarsi nel muro dell’abitazione con la voracità di un piranha: prima sperimentando il boulder sul balcone quindi rovesciando l’immenso paiolo dove la strega cuoce intrugli e pozioni (e forse, viste le dimensioni, anche qualche bambino) e infine cercando di curiosare nell’unica finestra non sbarrata! Della vecchina barbuta e dal naso ritorto però nessuna traccia ma poi Jo mette in guardia Fra sull’aspetto della strega: se vuole ammaliare le sue vittime, la donna sarà certamente piuttosto avvenente. Fra lancia una veloce occhiata alla ragazza e inizia a sudare freddo mentre prega che Jo non sia la sorella minore della proprietaria della casa finchè, sentitosi chiamare, torna all’istante alla realtà. La casetta di Hansel e Gretel torna ad essere una struttura di sasso mentre Jo e Fra si voltano verso l’altra parte del fiume con la sensazione di essere stati pescati con le mani nella Nutella quindi ritornano sul sentiero principale, scambiano 4 battute col Cesare che ha terminato di segnare il sentiero e poi riprendono la marcia verso il bivacco.

L’incontro seguente è con la pecora assassina, evidente caso di travisamento delle favole di Fedro: l’ovino, anch’esso con le pupille rettangolari, si avvicina minaccioso al Fra che, anima impavida, cerca di dileguarsi dallo scontro ricordando che ogni pecora in fondo è vegetariana. Solo che bisognerebbe capire se qualcuno abbia informato anche l’animale killer! Alla fine Jo e Fra riescono comunque a darsi alla macchia, sarà forse per i ricci del primo che evidentemente gettano qualche dubbio nella pecora sull’origine dello spilungone. Così tra i due e il bivacco resta solo la rampa della morte che Jo e Fra si lasciano alle spalle quando oramai è l’ora di cena: nel bivacco non c’è anima viva così il Fra si spantega sul tavolo producendo nel giro di un nano secondo un casino controllato tra cibo e stoviglie varie. Jo pare un po’ perplessa ma alla fine si adegua al menù spazzolando a destra e a manca quanto è stato scarrozzato fin lassù. Poi il fatto che non ci sia nessuno a rompere le scatole permette ai due di fregarsene del coprifuoco delle 10 col risultato che Quintino (Sella) chiede a Zeus di scagliare qualche fulmine sulla capoccia di sogliola-rave-party-Fra. Solo che il divino, rottosi oramai le scatole di fare la vita del caiano in cima all’Olimpo e ben più propenso alla vita dissoluta, fa orecchie da mercante alla richiesta del baffuto padre del sodalizio e così Fra conserva la sua folta chioma lanosa proseguendo nell’opera idiota con Jo senza minimamente pensare che l’indomani si dovrà santificare l’aquila.

Verso le 9 il tamburellare sopra il tetto è piuttosto eloquente: siccome non si è al parco Sempione e non sembra che qualche hippy sia arrivato fino al bivacco né che la killer-pecora sia tornata a finire il lavoro del giorno prima, Sherlock-Fra, con arguto ragionamento, deduce che fuori stia piovendo. Jo, ammaliata da siffatta arguta deduzione, va in brodo di giuggiole. La risultanza è che i due proseguono nella loro opera blasfema di passare la mattina sotto le coperte finchè almeno l’istinto di sopravvivenza non li spinge a trascinarsi verso la colazione. Poi, a meno di decidere di gettare radici, arriva il momento che i due inizino a levare le tende per provare almeno un micro pezzo del sentiero programmato: Fra inizia ad annusare il sentiero che però di fatto non esiste con Jo che si trova a pedinare le chiappe di un folle su per il prato finchè o la toppa dell’idraulico salta o qualcuno apre un filo il rubinetto con la conseguenza che una leggera pioggerella riprende a scendere. I due si guardano con lo sguardo squadrato da capra e, in un picco di virtuosismo letterario e scomodando il Manzoni, sentenziano: “Non sa da fare!”. Così, girati i tacchi, Jo e Fra prendono la via del ritorno che però può diventare assai più lunga di quella dell’andata soprattutto se si è con bambino-iperattivo-Fra che inizia a fare strampalerie tra ponti, alberi e massi fessurati finchè il quasi nulla cosmico del sacco delle provviste non convince i due che sia meglio darsi al moto di gambe se non si vuole iniziare il digiuno serale.


Cavallo Goloso


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