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PASSO DI BARBACAN – VAL MASINO

sabato 20, domenica 21 giugno ‘15


Pare strano affrontare i quasi 1400 metri che portano alla Gianetti senza avere velleità alpinistiche. Eppure questa volta è così: salgo spinto da un diabolico quanto astuto e lungimirante progetto, passare il virus a Micol con la prospettiva di aprire nuovi orizzonti! L’attacco biologico è molto semplice: il caianesimo ha un lungo periodo di incubazione, rimane quieto e senza lasciare traccia per anni e poi, quando esplode, è come una valanga. Ma affinchè tutto funzioni alla perfezione, è necessario partire cautamente: iniziamo quindi col Cevedale per poi passare al Blinnenhorn ma alla fine anche qui alziamo bandiera bianca; non mi è chiaro a chi dare la colpa, se alla neve o al rifugio non ancora aperto, fatto sta che, con un non celato disappunto da parte del sottroscritto, al venerdì sera siamo ancora a decidere dove passare il week end finchè la spunta la Gianetti.

Lasciata quindi l’auto ai Bagni, iniziamo la nostra salita: l’importante è mantenere un ritmo tranquillo e costante. Tiro il freno a mano, blocco il cruise control e mi butto lungo i tornanti che risalgono nel bosco lasciando lavorare tranquillamente il tarlo del caianesimo .

Usciamo dal bosco e superiamo le Termopili: il sentiero continua ad inerpicarsi facendoci guadagnare quota mentre Micol procede ben più rapidamente di quanto avessi pensato. Ma, ovviamente, la ruota non può girare perfettamente: al pianone un vento freddo ci da il benvenuto mentre le cime mostrano il loro lato pudico restando completamente avvolte in uno scialle grigio. Ma non doveva essere bello? Devo smetterla di farmi abbindolare dai modelli matematici! Comunque le sorprese non finiscono qui: un rarissimo esemplare di biker (!) supera gli ultimi ostacoli prima del ponte passandoci accanto mentre lo osserviamo con la bocca spalancata. Forse l’idea visionaria non è poi così balzana come mi poteva essere sembrata all’inizio: fare il sentiero Roma in bici, sempre che non si finisca in una spirale infinita come per il tentativo in invernale!

La Gianetti si presenta sempre nello stesso modo: piccola ma accogliente, un isolotto nel mare in tempesta. Non so quante volte l’edificio ha rappresentato la fine di una mia cavalcata ma per Micol è la prima volta, il termine vittorioso di una sfida. Ci assicuriamo il posto per la notte per poi mitragliare una foto dietro l’altra in attesa della cena: per il sottoscritto, pitocco caiano tradizionalista, a base di risotto liofilizzato da consumarsi rigorosamente all’aperto mentre Micol spazzola un piatto di pasta in compagnia dell’eterogeneo gruppo di avventori. Il minestrone offerto copre in effetti uno spettro praticamente completo: l’alpinista solitario venuto per la normale al Badile, la coppia che punta al Cengalo e quella che fa il nostro giro al contrario; più in disparte restano due ragazzi che vogliono salire la Mauri Fiorelli alla Torelli.

La sveglia arriva per la luce che entra dalla finestra; alle 7 fuori ci sono 3 gradi: tempi duri per i climber! Un’altra giornata all’insegna della rilassatezza avvia i suoi ingranaggi finchè, pure lei giunta al limite, ci butta fuori dal rifugio indirizzandoci verso il passo di Barbacane.

Come se già non ce ne fossimo allontanati, usciamo definitivamente dalla civiltà: le marmotte, quasi a smentire le mie ultime parole, sbucano come funghi mentre ci avviciniamo alle catene che conducono al passo. Superiamo qualche nevaio e poi riprendiamo a salire mentre dietro le nostre spalle le nuvole continuano a litigare tra i picchi rocciosi. La salita al passo è una piccola avventura mistica, come il sentiero per il pellegrino alla ricerca di una svolta spirituale. Per noi il luogo sacro è valicare sull’altro versante, scoprire ciò che al momento ci rimane nascosto finchè la rivelazione si manifesta in tutta la sua vastità: la vallata della Omio si apre con il rifugio che si profila lontanissimo all’orizzonte; un punto insignificante nello spazio infinito. Cavalchiamo sulla lunga e ripida discesa mentre sembra che, ad ogni nostro passo, ne corrisponda uno uguale da parte della capanna! Solo quando riusciamo a nasconderci dietro un dosso, l’edificio smette di sfuggire all’inseguimento per poi abboccare sconfitto ai nostri ami. Ma non è l’unico pesce ad avere abboccato: l’altro pescatore, un cielo grigio e pesante, ritira le reti ricolme per poi, clementemente, spruzzarci con una noiosa e bagnata pioggerellina a metà strada tra la Omio e il bosco facendoci così assaporare un’esperienza caiana praticamente completa!


Cavallo Goloso


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