RIFUGIO DEL GRANDE CAMERINI E PASSO VAZZEDA – VAL MALENCO      

sabato 16, domenica 17 febbraio ‘19


Sono entrato nell’alpinismo degli anni 2000, quello che accende i riflettori mediatici con tanto di collegamento internet in diretta e con un altro bottone spegne il purismo dell’avventura caiana. Già per preparare la salita passo la settimana a guardare la webcam del rifugio Del Grande Camerini ma, soprattutto, quella montagna di neve che ostruisce l’ingresso del bivacco invernale: per la mia mente autolesionista quell’ammasso da spalare è però un ulteriore sprone a partire; poi c’è l’immagine di Chiareggio e della sua strada inesorabilmente bianca che dovremo superare a piedi con una passeggiata piacevole come l’attraversamento della val di Mello dopo una salita in quota.

L’inconveniente ci costringe ad anticipare il ritrovo ma poi perdiamo tempo perchè il Matteo ci impiega mezz’ora per svegliarsi, poi a Chiesa svaligiamo l’alimentari con mio fratello in preda ad un attacco di shopping compulsivo e quindi ci prendiamo del tempo anche per una veloce colazione col risultato che iniziamo a sfacchinare alle 10 e mezza passate. Lo zaino è un basto da spedizione himalaiana con tanto di materassino che cerca di toccare il cielo da sopra la cupola; poi ci sono i maledetti e inutili attrezzi del demonio: le ciaspole. Alla fine della due giorni raggiungerò la matematica certezza che l’invenzione serva solo in pianura o su percorsi perfettamente battuti; praticamente hanno la stessa utilità di un paio di sci d’acqua sulla Streif!

All’imbocco del sentiero le racchette da tennis ci giocano già un brutto scherzo decretando il pensionamento di un cavetto d’acciaio che vincolerebbe il piede e costringendo Davide ad inventarsi un astruso sistema sostitutivo con alcuni legacci. Poi più in alto, nonostante gli ammennicoli, il manto nevoso non sempre riesce a sostenere il nostro peso col risultato che, a intervalli, ci ritroviamo a sprofondare nell’abisso. Ma forse la colpa è solo nostra perchè abbiamo saltato il passaggio dall’esorcista o, forse, bisognerebbe farsene una ragione e, per la prossima sfacchinata, procurarsi un bel paio di sci.

Ciaspole a parte, tutto fila liscio anche se il nostro obiettivo se ne sta appollaiato al termine del traverso di gomma che pare allontanarsi come la linea dell’orizzonte. Eppure alle 3 e mezza mi sorge il dubbio che i Terrapiattisti abbiano una qualche ragione perchè finalmente sono davanti alla montagna da spalare con la webcam che mi immortalerà tra circa 30 minuti. Passo allora alla sezione del trucco, prendo la pala e inizio a scavare. Alla fine avremo un ingresso degno di un bunker della seconda guerra mondiale con tanto di muraglioni di neve ai lati. E poi ci tocca l’ennesima lezione di fisica sul passaggio di stato, la cena luculliana e altri esperimenti per sciogliere la neve per l’indomani mentre gli ignari compagni si sarebbero volentieri dedicati ad una rumoreggiante jazz-section della fase digestiva. Quando finalmente arriva il momento della nanna, i 4 compari si accoccolano sui comodi materassi mentre al sottoscritto è riservata una notte da incubo ai piedi del letto del Samu in cui meditare se sia più dura la spalla o il pavimento.

Poco dopo le 6:30 non ce la faccio più: infilo i vestiti, sguscio dal sacco a pelo ma comunque rimango avvolto da un tepore quasi opprimente. In testa intanto qualcuno ha iniziato a battere sulla gran cassa. Esco allora dalla scatola di sardine convinto di venire schiaffeggiato dal gelo invernale e invece, tutto sommato, trovo che non si stia così male: anche il musicista smette di martellare ma appena rientro, quello riprende il suo insistente riff. Nel bivacco l’ossigeno è avvinghiato al carbonio come una coppia di quattordicenni. Probabilmente non si riuscirebbe nemmeno ad accendere un fiammifero ma, in compenso, abbiamo lo stesso quantitativo di anidride carbonica emesso da una centrale a carbone. Spero solo che gli altri non abbiano già attraversato l’Acheronte. Invece la sveglia suona e 3 soci lentamente si alzano mentre il Teo resta immobile nel suo sacco. Ma a lui ci vuole almeno mezz’ora per svegliarsi, quindi non mi preoccupo anche perchè l’ho sentito ingurgitare di notte litri di acqua come un’idrovora: se ne avesse lasciata solo qualche goccia, ora avremmo potuto fare la Perrier!

Prima di colazione ci toccano i lavori in altezza per riposizionare la copertura in cellofan al camino principale, il tutto sotto la supervisione di un direttore lavori (mio fratello) e di chi lavora per un ente di certificazione (il sottoscritto) ma, siccome è domenica, la sicurezza la lasciamo riposare. Intanto il Teo continua a ronfare perchè i 30 minuti non sono ancora passati.

In qualche modo riusciamo a mettere insieme i pezzi, dare una pulita al locale invernale e uscire definitivamente dalle due muraglie di neve per salire al passo Vazzeda. Le ciaspole intanto stanno nell’unico posto a loro consono: appese allo zaino e così riusciamo a salire senza grossi problemi tecnici. Quelli fisici invece sono una specie di valanga in crescente ingrossamento. A poco più di cento metri dalla meta decidiamo che scarrozzare i basti con sopra gli attrezzi del demonio non sia una buona idea così, individuato un buon deposito, lasciamo i carichi e, leggeri (per quanto la cena del sabato ci permetta), raggiungiamo il valico. Ma io sono caiano e quindi assalto la punta sulla destra prima di iniziare la calata degli Unni fino a Chiareggio.

Da qui è il tracollo dell’etica caiana, dello spirito masochista di Fraclimb. Siccome c’è un via vai di trabiccoli cingolati che riportano i turisti verso san Giuseppe, riusciamo a saltare a bordo di uno di questi senza che il sottoscritto accenni alla questione etica di una tale riprovevole scelta. Così gli altri 4 non tardano ad insinuare che anche il grande Fraclimb in realtà paga lo scotto della due giorni. Il divino non può che tacitamente acconsentire alla conclusione ma i profani non capiscono che è solo un modo per scendere dagli altari e mettersi ad un livello più umano.

Infatti nel viaggio di ritorno tengo botta solo perchè ho bevuto una Coca e poi, a casa, sprofondo sotto il piumone che non sono ancora le 10!

Cavallo Goloso


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