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TRAVERSATA DALLA CAPANNA CRISTALLINA AL PONCIONE VAL PIANA – VAL BEDRETTO

domenica 05 marzo ‘23


A tratti mi sembra di essere in gara: spella, scendi a fuoco, ripella e sali coi due allievi che spingono come se in cima ci fosse un vassoio di pasticcini e poi ancora giù a ripetere l’operazione. Non avrei mai pensato che un’uscita del corso si sarebbe potuta trasformare in una simile cavalcata che ricorda un po’ quella di giugno in Dolomiti! E pensare che non avrei nemmeno dovuto partecipare: poi salta fuori che il Tommy ha bisogno, faccio un paio di conti sul giro e alla fine rispondo presente per la domenica. Il Caianesimo si esalta sin dal mattino quando la sveglia suona per permettermi di raggiungere il ritrovo con Massimo alle 4:30: è da tempo che non esco così presto, al cambio turno tra i ragazzi della notte e noi caiani sadomaso per un passaggio di staffetta che resta sempre un simpatico aneddoto. Poi intorno alle 6 le nostre frontali rischiarano una notte tiepida, in linea con la scelta del Generale Inverno di passare il periodo da qualche altra parte mentre gli sci dondolano sullo zaino. Il bosco passa in fretta, più rapidamente della volta del Cristallina, sarà perchè ho smania di arrivare o perchè sono entrato nel loop del garista della domenica, poi quando gli alberi si diradano, i legni iniziano a scivolare su per il pendio. La colazione mancata al rifugio mi rotea in testa insieme al pensiero dei corsisti che se la ronfano sotto ai piumoni poi, all’inizio del vallone, la capanna si para all’orizzonte: spingo sui polpacci e mangio i metri davanti a me finchè inizio a sentire i primi segni di indigestione. Mi viene voglia di gettare la spugna ma poi qualcosa mi da la spinta finale, divoro quello che resta come avessi un fuoco dentro e arrivo alla prima tappa, quella dell’illusione che tutto sia finito. Dentro il rifugio fa un caldo fotonico, mi sento avviluppare dalla vampa ma forse sono io che sto andando in ebollizione e poi arriva il momento di vestire i panni dell’istruttore o quello del mandriano ignorante. Il gruppo parte in una fila indiana disordinata ma, dopo pochi minuti, qualcuno là davanti si accorge che forse abbiamo sbagliato percorso. È lì che avviene la svolta; non so cosa scatti nell’Ema e in Luca, fatto sta che poco dopo mi trovo catapultato in una versione ridotta della Patrouille des Glaciers, precisamente quando optiamo per levare gli sci in una breve discesa dove la colonna caiana si cimenta in una dimostrazione della tecnica della scaletta. L’Ema parte letteralmente di corsa, rimette gli sci e, poco oltre, inizia un forcing che temo mi faccia scoppiare il cuore! Sono ad un soffio dal superare il varco della crisi, sprofondare in un vortice senza fine: probabilmente mi accascerò da qualche parte, vittima della mia incapacità nel gestirmi. Invece dopo la pausa per alleggerire il vestiario, rinasco: la cima poco più avanti non è più un miraggio, forse anche perchè l’Ema sembra aver tirato un po’ il freno a mano. Arriviamo in cima mentre in basso l’orda barbarica del corso è una fila di formiche che si avvicina sempre più al culmine della zolletta di zucchero. Spelliamo e poi ci tuffiamo in discesa prima di venir fagocitati dal turbine in avvicinamento. Passiamo sul versante in ombra dove la neve è una farina granitosa e davanti ai nostri occhi si para un nuovo pendio tra la cima di Lago e il Poncione val Piana. Vedo le stelline negli occhi dei due allievi infoiati mentre nei miei cala un velo di terrore: quei 200 metri aggiuntivi potrebbero essere la mia mannaia. Spero che il Tommy dalla radio ci dia il diniego alla variante e invece dal gracidare dell’apparecchio viene fuori il via libera. Le gambe però rispondono bene e alla fine guadagno la sella di Cavagnolo per primo: la sfida inizia pure a piacermi e, se gara deve essere, che gara sia. In discesa, forti della neve in condizioni quasi perfette, lascio correre gli sci disegnando larghe curve nella granita ancora non troppo tritata e poi ci resta l’ultima ripellata, su in cima al Poncione val Piana. Quando siamo al colle sotto la vetta ho una specie di visione: mi sento trasportato a migliaia di chilometri, in un posto che non ho mai visto dal vivo ma di cui ho letto infinite volte. Mi sembra di essere al Colle Sud dell’Everest e, là in alto sul crinale verso il bombamento della cima, c’è la fila di alpinisti: ressa da domenica al supermercato! Ci infiliamo su per il pendio finale con la neve che a tratti assomiglia ad una lastra di marmo, superiamo i pinguini colorati che si lasciano schiaffeggiare da un fastidioso vento che sale dal fondovalle e poi arriviamo al punto più alto. La cima diventa ben presto un altro punto di ritrovo come se nessuno volesse lasciarla troppo presto, d’altra parte il sole ci coccola coi suoi caldi raggi e starsene appollaiati è decisamente piacevole prima di tuffarsi nella discesa finale rigorosamente a tutta birra.


Cavallo Goloso


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