racconto del roseg, engadina (grigioni)


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ROSEG – ENGADINA

sabato 26 gennaio ‘13


Ci riproviamo ancora una volta. Questa volta però la neve c’è e pure un bel cielo terso, con l’unico inconveniente di un insistente freddo pungente. Ma andiamo con ordine. Siamo solo io e Micol e in effetti la gita ha poco dello scialpinismo ma tanto del percorso da escursionista improvvisato: circa 8km di sviluppo per poco più di 200 metri di dislivello su una mulattiera con la neve perfettamente battuta e, dulcis in fundo, la possibilità di prendere la slitta per raggiungere la meta. Insomma, potrebbe essere la classica idilliaca sgambata da affrontare in totale tranquillità se non fosse per il conto aperto con l’orologio causa inderogabile invito a cena che ci costringe ad anticipare i tempi più di quanto sia necessario.

L’Engadina ci accoglie in tutta la sua bellezza e accoglienza alle quali si aggiunge nostro malgrado una colonnina del mercurio in profonda picchiata: alla partenza la temperatura si aggira infatti intorno ai -20 mentre non vedo all’orizzonte alcuna prospettiva di essere raggiunti dai raggi del sole. Così l’inizio è degno della migliore tradizione caiana: le gambe sono martoriate da una miriade di spilli mentre le mani subiscono un rapido processo di congelamento. Fa così freddo che indosso il super piumino e con quello continuerò per tutta la salita! Micol è un piccolo frigorifero con gli sci e l’unica soluzione per scaldarla è salire a lato della strada, tra la neve polverosa che, se da un lato implica maggiore fatica, dall’altro permette al corpo di guadagnare rapidamente una temperatura accettabile. Propongo anche di abbandonare e seguire un altro percorso esposto al sole ma lei, imperterrita e testarda, scarta l’alternativa e prosegue diritta per la sua strada. Brava!

E alla fine l’ostinazione paga: il corpo inizia a scaldarsi e, finalmente, compare anche il sole; così la valle che prima pareva un luogo austero si trasforma rapidamente in un piccolo paradiso mentre la meta si avvicina lentamente. Nel contempo però anche il tempo implacabile ha camminato sul suo percorso e così, temendo di non raggiungere la meta, spingo un po’ sull’acceleratore proprio quando Micol sembra entrare in riserva. La tecnica, seppure poco cavalleresca e appropriata, ha però l’esito atteso: Micol stringe i denti e finalmente raggiungiamo l’obiettivo, l’albergo-rifugio al termine della mulattiera. Ma non avendo una chiara idea di quanto impiegheremo per rientrare, consumiamo rapidamente il nostro pranzo per poi prendere la strada del ritorno.

Se all’andata abbiamo faticato, la discesa non è molto da meno: il percorso quasi pianeggiante ci costringe a un continuo e ripetuto racchettare con l’unico lato positivo di allenare anche i muscoli delle braccia! Il timore di arrivare in ritardo si dimostra alla fine infondato, visto che dopo un’oretta scarsa siamo di nuovo a Pontresina pronti a rimetterci in auto per affrontare la prossima maratona, ma questa volta a sfondo mangereccio!


Cavallo Goloso


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