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PONCIONE VAL PIANA – VAL BEDRETTO

domenica 02 dicembre ‘18


Ieri ho scoperto di essere ciccione, di essere diventato vecchio e contemporaneamente essere cresciuto di 1 centimetro. Tutta colpa della visita medica per il certificato della palestra che mi ha appioppato qualche chilo in più rispetto quelli che credevo di avere e mi ha scalzato dalla categoria dei bradicardici. Con questi pesi insostenibili mi avvio a provare il regalo di Natale anticipato perchè, dopo 12 anni, è venuto il momento di pensionare sci e attacchi e cercare di adeguarsi alla tecnologia, in attesa ovviamente di tornare, col correre del tempo, tra i pezzi da museo. Così, nonostante la perturbazione invitatasi a pranzo, col Ricky e Gianni puntiamo all’inflazionata val Bedretto e all’ormai solito e a volte noioso Poncione di val Piana.

Al parcheggio inizia già a nevicare, non perchè noi la si abbia presa comoda ma perchè l’invadente rovina week end ha deciso di suonare al campanello quando, ancora in pigiama, ci si trascina per casa vagando alla ricerca del motivo per cui, anche questa mattina, si è dovuto abbandonare il caldo del piumone. Ovviamente la nuova arrivata non smuove minimamente le nostre intenzioni e, dopo aver faticosamente centrato l’attacco con lo scarpone destro, risultato per altro raggiunto al primo tentativo con il fratello, partiamo a razzo su per la traccia. Forse mi sono illuso che sui nuovi sci ci sia anche un qualche sistema di propulsione ma, evidentemente, così non è: il risultato mi porta ad avere per tutta la salita la compagnia di una sensazione di spossatezza cui avrei fatto volentieri a meno. Così la vetta diventa un fastidioso obiettivo che non vedo l’ora di raggiungere per poi vedere se effettivamente i legni aggiornati riescano a sopperire alle mie incapacità sciistiche e se quindi il salasso di Babbo Natale sia stato un investimento. Di mezzo però ci si mette ancora la perturbazione e una visibilità da mondo bidimensionale di bianchi su bianchi tanto che, quando voltiamo le punte verso valle dopo aver vinto l’ennesima lotta tra scarpone destro e relativo attacco, non si riesce a distinguere granchè. Mi butto quindi verso valle (anche perchè non ci sono grandi alternative) e, riuscendo a salvarmi dai tranelli dei cambi di pendenza, riesco quasi a mettere insieme qualche curva decente iniziando così ad assaporare le comodità della nuova tecnologia.


Cavallo Goloso


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domenica 03 aprile ‘16


La proposta arriva inaspettata ma è una richiesta verso la quale non posso e non voglio tirarmi indietro così inizio a muovere i pezzi del puzzle per riuscire a incastrare tutto. In primis, devo capire se ho il via libera di Micol: il permesso arriva immediato ma con un sottile velo malinconico. Se andrò a fare scialpinismo con papà, lei cosa potrà fare? Provo a rimescolare le carte e vedere di trovare la combinazione ideale che concili tutto. Così propongo una gita di mezza giornata riuscendo anche a coinvolgere il Ricky. Insomma, tutto sembra girare per il verso giusto, peccato solo non avere anche il potere di capovolgere la ruota del tempo e richiamare il sole sulle Alpi!

Poco male, alle 8:30 iniziamo a salire verso il breve bosco, sotto un cielo latteo che si confonde con il bianco del terreno. Nonostante gli ingranaggi arrugginiti, papà risale senza problemi lungo il pendio e, rapidamente, entriamo nella valle sospesa soprastante. Chiaramente ho voluto spingere sull’acceleratore ma il fisico sembra rispondere bene alle sollecitazioni mentre intorno a noi iniziano pure a turbinare sottili fiocchi. Fortuna che la perturbazione era prevista per il mezzogiorno! Risaliamo l’ultimo pendio su una neve dura e portante che lascia ben sperare per la discesa mentre, più in basso, la situazione non si profila altrettanto allettante: immagino un malefico crostone che trasformerà il rientro in una vera tortura cinese attraverso un campo minato.

Intanto però, devo pensare a superare l’ultimo tratto di salita: il Ricky è già più avanti mentre mi separo da papà per superare l’ultimo tratto. Cerco di inserire il turbo e mi avvio verso l’ultimo breve pendio mentre intravedo sfrecciare già in discesa il Ricky. Abbandonare però la vetta quando mi restano meno di un centinaio di metri è un’opzione inaccettabile: spingo ancora di più, supero la salita e quindi mi butto sul crinale che mi porta finalmente sul punto più alto. Non mi formalizzo con i normali convenevoli di vetta anche perchè, a parte il sottoscritto, non c’è anima viva, e il panorama non offre molto di più di un candido grigiore bidimensionale. Mi preparo in fretta e furia e inizio quindi a scendere. La neve è buona, portante e compatta ma, forse per la luce che rende tutto uniformemente simile, non ne esce una sciata impeccabile. In ogni caso, raggiungo il duo più in basso e quindi iniziamo a scivolare verso valle. Il salto in cima alla valle sospesa si rivela per come l’avevo immaginato ma la sorpresa più grande è data dalle condizioni che troviamo sotto: la neve, nonostante il sole abbia lavorato solo attraverso lo spesso filtro delle nuvole, si è smollata diventando una specie di ammasso granitoide che rallenta la sciata senza però ostacolarla eccessivamente. Dell’odiata e temuta crosta non c’è alcuna traccia. Lasciando quindi correre gli sci e disegnando curve appena accennate, raggiungiamo l’inizio del bosco. Non riesco a resistere e mi tuffo tra alberi e arbusti: sfruttando il freno della neve e un paio di gambe tutto sommato in buone condizioni, riesco a fare lo slalom tra gli ostacoli godendo al massimo proprio lungo il tratto che mai avrei pensato potesse offrirmi simili emozioni. Insomma, se la neve lo permette, il bosco ripido è il massimo dello spasso! Peccato solo che il tratto sia lungo solo poche curve: sarebbe quasi da ripellare per lasciarsi andare nuovamente all’adrenalinico scodinzolamento.


Cavallo Goloso


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domenica 28 dicembre ‘14


La telefonata giunge inaspettata e io prendo al volo il treno trovandomi così in compagnia di Lele, Edo, Zacco e Luca per quella che sarà l’ultima impresa dell’anno. Non abbiamo grandi possibilità perchè la neve continua ad essere rara tanto che sembra si voglia includerla tra le specie in via di estinzione, così optiamo per la val Bedretto dove le informazioni in nostro possesso lasciano intendere che la magica polvere ricopra per bene i versanti. La stessa notizia deve però essere volata sulle ali del vento raggiungendo diversi scialpinisti radunatisi all’Acqua dove iniziamo la nostra salita. Ci incolonniamo quindi dietro uno dei numerosi gruppetti e iniziamo a salire lungo il rado e ripido bosco che conduce ad una valle sospesa che si addentra nei meandri della montagna. Le condizioni non sono certo quelle della volta precedente anche se siamo accompagnati da un insistente nevischio che si fa meno importante con l’aumento di quota: la visibilità risulta infatti sufficientemente ampia anche se le vette circostanti sono vittima dell’effetto vedo-non vedo dato dalle nuvole.

Procediamo verso la meta senza un attimo di sosta tanto che, rispetto i lontani ricordi della prima esperienza su questa montagna, mi sembra di trovarmi lungo una tranquilla passeggiata sensazione che stride non poco con la fatica provata durante quella lontana impresa titanica! La vetta intanto si fa sempre più vicina finchè davanti ai nostri sci si materializza l’ultimo breve strappo cui segue la crestina terminale che ci deposita sul punto più alto. In realtà si tratta di una cima un po’ anomala: piazzata al centro della vallata, circondata da montagne più imponenti là dove di norma dovrebbe trovarsi una vallata, sembra forse una cima “inventata” più per il gusto dello scialpinista che per vere ragioni topografiche. Nonostante le possibili elucubrazioni, la discesa offre un buon grado di divertimento anche se, sul tratto iniziale, forse bloccato da una para psicologica che mi porto dietro da inizio stagione, non sono minimamente soddisfatto della mia sciata. E pensare che della neve non posso certo lamentarmi, anzi: la polvere bianca lascia affondare i legni che accarezzano il soffice elemento senza mai prendere eccessiva velocità. Le condizioni insomma sono l’ideale per surfare e zig-zagare in piena tranquillità! Nonostante questo, devo attendere il bosco per provare il picco emozionale mentre saetto tra una pianta e l’altra. Forse che anche qui comincia a prendermi la foga del caianesimo e il gusto del difficile senza i quali un’impresa sembra essere solo una banale passeggiata senza un pizzico d’avventura?


Cavallo Goloso


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domenica 13 marzo ‘11


Ho un’impellente bisogno di andare a fare qualcosa: la settimana che viene sarà abbastanza di fuoco e voglio avere le pile ben cariche. Così, nonostante il tempo consigli di dedicarsi agli origami, sono diretto verso la val Bedretto con obiettivo la cima di valle Piana. Piove già da casa e solo una volta uscito dall’autostrada incontro i primi fiocchi di neve. La strada per il passo della Nufenen è imbiancata ma la macchina sembra salire senza problemi finchè, quando manca poco al parcheggio, inizia a slittare perdendo d’aderenza. Nessun problema: accosto e monto le catene ma, nel tentativo di stringere per bene quella di sinistra, mi rimane in mano la gomma che va a bloccare il tirante. Bella merda! In qualche modo, sfruttando la mia vena ingegneristica (a dire il vero quanto mai scarsa) risolvo il problema e riprendo così il viaggio.

Raggiunta all’Acqua, calzo gli sci e inizio la mia salita: nevica, non abbondantemente ma i fiocchi sono continui e hanno già accumulato diversi centimetri di neve fresca. Supero il primo ripido tratto con un ritmo insostenibile e infatti, quando entro nella vallata sospesa, sono già piuttosto provato. Mi ricordo discretamente il percorso che devo affrontare ma la visibilità non mi facilita nell’individuazione del tracciato sebbene le nuvole non troppo basse lascino un discreto campo visivo. La luce infatti non è certamente delle migliori: tutto appare indistintamente bianco, cielo e terra sembrano fusi in un unico elemento rendendo estremamente complesso il riconoscimento delle pendenze. Al momento però la situazione è ancora sostenibile e, seppure a fatica, posso progredire con una certa sicurezza. Mi addentro così nella valle superando un primo saltino e poi un tratto pianeggiante sfruttando un grosso masso come punto di riferimento. Ho ora davanti a me un altro tratto ripido: la visibilità è ulteriormente diminuita ma riesco ancora a capire dove sia meglio passare superando anche questo passaggio. La memoria mi dice che è ora il momento di piegare verso sinistra mentre la visibilità è diventata veramente pessima: riesco a vedere a diverse decine di metri di distanza ma perdo completamente il senso della tridimensionalità; tutto mi appare indistintamente piatto o verticale a seconda del punto di vista. In queste condizioni avanzo per pochi metri senza accorgermi inizialmente di una piccola contropendenza e poi rendendomi conto di un tratto in falsopiano solo perchè gli sci scorrono più facilmente. Direi che per oggi può anche essere sufficiente nonostante non abbia fatto nemmeno 800m di dislivello e così tolgo le pelli e inizio la discesa.

Più che una sciata è un tirarsi verso valle. Distinguo sempre meno le pendenze, anzi, non le distinguo affatto! Inizialmente riesco a seguire la mia traccia di salita ma poi la perdo. Provo a scendere ma mi trovo in una specie di piccola insenatura: devo allontanarmi quanto prima da questa pessima posizione ma la neve fresca si stacca e parte una piccola slavina. Mi cago in mano. Migliore espressione non c’è! La neve si rompe poco a monte come se fosse un puzzle e, a blocchi, inizia a scendere verso valle e io con lei. Fortunatamente il quantitativo è modesto e io riesco a uscire rapidamente dalla linea di caduta. La valanga scende ancora pochi metri e poi si arresta. Il volume è modesto ma non sto certo lì a sincerarmi dell’entità della neve spostata, piuttosto cerco di portarmi in una posizione sicura il più rapidamente possibile. L’unica soluzione è ritrovare la traccia di salita e seguirla guadagnando così preziosi metri verso valle.

Sono fermo a riprendere fiato o almeno così credo perchè ho la maledetta sensazione di muovermi verso il basso: preso da un forte senso di inquietudine visto anche il recente scampato pericolo, guardo verso monte alla ricerca della linea di distacco della valanga che ho la sensazione mi stia trascinando verso valle. Il manto nevoso è perfettamente omogeneo e immobile come del resto il sottoscritto: tutto questo biancore mi sta dando alla testa!

Devo riprendere a scendere. supero il pianoro del sasso e poi devo affrontare il successivo tratto ripido; la visibilità è decisamente migliorata: almeno riesco ad avere un’idea abbastanza precisa delle pendenze. Dopo un’attenta osservazione, scelgo da seguire riuscendo anche a mettere insieme qualche curva decente e quindi raggiungo il bosco dove finalmente posso distinguere le forme del pendio e tirare un sospiro di sollievo!


Cavallo Goloso


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