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MURTEL – ENGADINA

domenica 27 novembre ‘16


Chi inizia bene è a metà dell’opera e io cerco di mettermi nelle migliori condizioni per inaugurare al meglio la stagione sciistica. La voglia di neve inizia già dal lunedì spinta da un tempo che da settimane non permette di caianare e dalla bianca farina che ha iniziato a depositarsi sulle vette aggiungendo ulteriore combustibile ad un fuoco già particolarmente vivo. Inizio quindi la spasmodica ricerca di un socio ma sembra che quasi tutti i tentativi cadano nel vuoto: sarò forse costretto ad un’apertura in solitaria? Provo allora a giocarmi una nuova carta, una possibilità che non avevo ancora provato a buttare sul tavolo: recupero il numero di Giorgio, mi metto d’accordo e mi ritrovo così in ballo per una sciata a bordo pista con arrivo al Murtèl. D’altra parte sembra che di meglio non si possa fare visto che sotto i 2000 regnano ancora i prati e sopra i battelli di neve promettono condizioni difficilmente sciabili. Così, tolto dallo zaino qualsiasi intenzione di tranquilla pascolata, inforchiamo gli sci e iniziamo a macinare metri su metri come se fossimo inesorabilmente in ritardo. Praticamente il gruppo ben presto si srotola lungo il percorso come una stringa di liquirizia mentre cerco di non perderne mai la testa perchè ho una reputazione da difendere e, a discapito dell’attrezzatura anacronistica,, non ho alcuna intenzione di passare per lo scarso o il neofita di turno. Là davanti intanto premono con costanza sull'acceleratore senza alcuna intenzione a mollare la morsa così che rapidamente raggiungiamo la zona aperta delle piste per poi allontanarci sui tracciati ancora chiusi e avvicinarci rapidamente all’intermedio della funivia. Intanto si apre una sorta di partita a braccio di ferro tra la potenza psicologica della mia testa e quella fisica delle gambe: il timore di poter collassare da un momento all’altro si fa infatti sempre più vivo ma, evidentemente, la sotto tutto gira al meglio così da permettermi di arrivare all’intermedia con una buona dose di energie di riserva. Lasciamo quindi definitivamente l’area aperta ai pistaioli e ci tuffiamo in una breve discesa per poi risalire lungo la pista che conduce all’arrivo degli impianti. Guardo il percorso che mi resta da fare e ancora la testa sembra volermi buttare giù dal baratro lungo il cui bordo continuo inesorabilmente a muovermi. Per di più ci si mette il confronto tra altimetro e vetta: dove sarà l’inghippo? Mi pare infatti che la cima sia ben più vicina di quanto il misuratore barometrico mi stia dicendo e, forse proprio basandomi più sull’impressione emotiva che sul dato fisico, non do adito allo scoramento lasciando libera strada al collasso. Quando però supero l’ennesimo dosso, ogni nodo viene al pettine: la scoperta potrebbe essere un’inaspettata quanto indesiderata mazzata invece mi rassegno all’idea che la vera cima sia un po’ più in alto e a sinistra di quanto credessi e, forse anche per il fatto che qui di vette non se ne masticano da un po’, a testa bassa affronto l’ultimo strappo che mi porta finalmente alla tanto sospirata cima.

Ma se in salita ho sperimentato ritmi forsennati, certamente non avrei mai creduto di poter reggere alla velocità della discesa. Il tratto iniziale (nonchè l’unico effettivamente in fuori pista) è in condizioni praticamente perfette: una sottile e soffice polvere ricopre uno strato portante che mi permette di fare quasi credere di essere capace di sciare! Poi però quando raggiungiamo il tracciato delle future piste, là davanti aprono completamente il gas e io mi trovo ad inseguire sperando che i legni non decollino. Mi sembra quasi di essere finito in una gara visto che sia Gio che Michi non mi lasciano quasi il tempo di rifiatare tra una breve pausa e l’altra rituffandosi inesorabilmente verso valle pochi attimi dopo che li ho raggiunti. Così, dopo un tratto finale in cui ad ogni spigolata si accompagna l’urlo della gamba per contrastare la scivolata sulla neve gelata, da un lato termino la mia folle corsa e dall’altro apro nuovi interessanti scenari.


Cavallo Goloso


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