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MONT DE FLASSIN – VALLE DEL GRAN SAN BERNARDO

domenica 05 febbraio ‘23


Non ho molta voglia di andare all’uscita in valle d’Aosta, un po’ perchè ho una certa innata ritrosia verso la regione dei 4000 e poi perchè il pullman faccio fatica a tollerarlo, sarà per il suo implicito lato sociale o perchè mi ricorda il liceo o forse perchè poi ci toccherà fermarci alla merenda post sciata che, a volte, ricorda la prova per il pranzo del matrimonio. Eppure ho dato la mia parola e quella è bene che la mantenga perchè poi, per la legge del contrappasso, non vorrei che la cosa mi si ritorcesse contro al prossimo corso d’alpinismo. Così carico il materiale sul torpedone e mi incastro tra i sedili come fossi un pezzo di un puzzle, operazione che non sperimentavo da tempo immemore. Al parcheggio scendiamo nel regno dell’ombra ma, invece di venire presi a schiaffi da un ambiente da cella frigorifera, la colonnina di mercurio addirittura sovrasta il livello dello zero: “non ci sono più gli inverni di una volta” mi viene da pensare e la cosa mi lascia ancora di più sprofondare nell’oscurità perchè mi mette di fronte alla mia veneranda età! La discesa dal pullman poi fa anche un altro effetto, quello dell’apertura della stalla con tanto di occupanti raminghi a chiedersi cosa facciano in quell’imbuto come se non avessero pagato per dover sopportare freddo (ma dove?) e sveglie antelucane (quelle sempre all’ordine del giorno in ogni buon corso caiano che si rispetti). Così vado alla ricerca dei miei allievi e dell’aiuto istruttore per poi dare inizio alla solita pantomima di quello che dovrebbe saperne mentre ci infiliamo nella vallata accodandoci alla transumanza. Il pastore là davanti dev’essere però in preda ad un raptus da Indiana Jones facendoci prima infilare in un improbabile letto del torrente e, più avanti, facendoci ingarbugliare tra i rami degli alberi prima di scoprire che una comoda mulattiera ci avrebbe portati nella stessa posizione. Intanto usciamo dalla valle delle tenebre e arriviamo all’alpeggio de Flassin, obiettivo minimo dell’uscita. A quel punto il gruppo viene depistato su un montarozzo soprastante perchè, pare, la cima vera e propria non si confà al corso base. Così la carovana prosegue a gruppetti su per il pendio fino a guadagnare il traguardo da cui abbiamo una, per noi, insolita vista sul lato oscuro del Rosa. La discesa poi è una cavalcata su una neve che ricorda quella di una pista tanto che la domanda sorge spontanea: ma quanto potremo andare avanti a fare scialpinismo in simili condizioni?


Cavallo Goloso


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