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PIZ LUNGHIN – ENGADINA

sabato 30 dicembre ‘23


Ci sono cime intorno le quali si gira intorno a lungo, ci si passa di fianco una miriade di volte con l’idea che, prima o poi, se ne calcherà la sommità. Una volta però quello non è il giorno prescelto perchè la meta è un’altra, perchè mi fa male la pancia o, semplicemente, perchè non ho voglia e così la montagna resta lì in attesa. A volte poi, come dicevano i latini, “nomen omen” e, quando ci si chiama Lunghin, è abbastanza chiaro che si arriverà alle calende greche prima di calcarne la cima nonostante il dislivello non arrivi alle 4 cifre. Eppure il Lunghin è un po’ così. È come il vortice del rubinetto ma preso molto alla lontana: alla fine comunque ci si casca dentro e si finisce nello scarico. Oppure si porta a casa la vetta che forse è un po’ meglio: basta solo saper pazientare. Orbitiamo in zona già il venerdì con l’intento di provare qualcosa nella valle del Forno nonostante il tempo da caiani inebriati con cielo grigio e nuvole basse (o forse siamo noi che partiamo troppo in alto, dipende dai punti di vista) ma, del resto, dobbiamo rifarci della Cufercalhütte. Infatti dopo una manciata di metri lineari, senza nemmeno aver abbandonato la pista di fondo, alziamo bandiera bianca e giriamo i tacchi. La causa? Ancora i tritapiedi che indossa la Laura. Questa volta non ci perdiamo d’animo: torniamo a Chiavenna, cingiamo d’assedio il negoziante e, alla fine, usciamo con un altro paio di scarponi che sembra finalmente quello giusto. Ma la prova definitiva sarà l’indomani. Così eccoci nuovamente sui tornanti del Maloja, questa volta diretti allo Julier o, forse, a Diavolezza? Perchè c’è l’ipotesi di risalire a lato delle piste per poi scendere da quelle tavole da biliardo ma l’idea mi fa arricciare il naso e rizzare i capelli: inaugurare gli scarponi con una discesa in pista? Giammai! Sarebbe un affronto anche per gli scarponi. Così la Laura, forse un po’ rassegnata, mi risponde - Fai tu! - e io interpreto alla lettera: si va allo Julier! Ma qualcosa non pare essere d’accordo. A una manciata di chilometri dal Maloja siamo fermi in colonna, manco fossimo nel traffico pendolare infrasettimanale. La coda non si muove e, dietro di noi, continua ad allungarsi con nuovi venuti. - Io di starmene qui a guardare il traffico non ho voglia - - Nemmeno io! - Giro la macchina e so già dove andare: nello scarico del lavandino! O meglio: al Lunghin! Anche se sono un po’ perplesso perchè lo scarico è pur sempre un buco nero. Riusciremo a raggiungerlo? E soprattutto, riusciremo ad uscirne integri? Tutto però sembra ora girare nel verso giusto: al parcheggio è rimasto un solo posto libero e noi, zac!, ci infiliamo belli comodi e poi iniziamo a salire. O forse sarebbe meglio dire a traversare lungamente in diagonale. All’inizio penso di non farcela. Almeno al ritmo da tutina della Laura che, là davanti, spinge come volesse raggiungere la cima in poco più di un’oretta o dovesse levarsi di torno una masnada di altri corridori nonostante al momento siamo gli unici in vista. Poi la testa tira un po’ il fiato e allora la meta mi sembra più alla portata. Arriviamo così al deposito degli sci che pullula di aspiranti alla vetta manco fossimo sotto l’Hillary Step. Ovviamente non abbiamo né picca né ramponi perchè, per prima cosa, saremmo dovuti andare da un’altra parte e, secondo, comunque non servono. Laura non sembra altrettanto convinta soprattutto dopo che incrociamo un drappello che scende armato di tutto punto dagli 8 mila e 8. Poi il peggio arriva sotto il gradino del neozelandese dove chi scende sembra il sottoscritto su una cascata. Ci fermiamo ad aspettare e il livello di preoccupazione della Laura schizza alle stelle. Ma la cima è lì, ad un batter di ciglia. - E ma poi come scendiamo? - - Come siamo saliti - non fa una grinza. Così superiamo l’ultimo tratto e arriviamo finalmente sul punto più alto (lo scarico) a dominare sulla parte alta dell’Engadina e sui suoi laghi dall’intenso blu.


Cavallo Goloso


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domenica 30 gennaio ‘11


Dopo settimane, finalmente posso strappare Micol allo studio e andare a scodinzolare sulle nevi engadinesi. A dire il vero, già ieri avremmo dovuto fare qualcosa, ma le bizzarrie del tempo ci hanno costretti ad accontentarci di una falesiata a Galbiate: dopo giorni di bel tempo, proprio sabato hanno infatti iniziato a cadere leggeri fiocchi di neve mentre le temperature si sono abbassate rapidamente. Ma oggi le condizioni in Engadina promettono bene con il sole che dovrebbe brillare per tutta la giornata. Per l’occasione, scelgo una salita sulla carta tranquilla dato che per Micol si tratta della seconda uscita con le pelli. Con noi ci sono anche Cece e Silvia.

Ma già alla partenza mi devo ricredere: il pendio è piuttosto ripido per un neofito e per di più la neve gelata non facilita la progressione. È vera lotta con l’alpe! Micol ha così il suo bel da fare per riuscire a far aderire le sue lamine al bianco manto mentre lentamente guadagniamo quota. Nel frattempo le nuvole scavallano la cresta che ci separa dalla Valtellina fino a far sparire il sole sopra di noi. Intanto continuiamo la nostra marcia verso l’alto, pur sapendo che non raggiungeremo la cima di cui, in fondo, ci interessa ben poco. E poi, dopo pranzo, iniziamo la nostra discesa sulla peggior neve della stagione, con la speranza di rifarci prossimamente...


Cavallo Goloso


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