racconto della cima cassero, val gerola (sondrio, lombardia)


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CIMA CASSERO – VAL GEROLA

sabato 16 gennaio ‘16


È inaccettabile che, almeno sulla carta, la stagione sciistica sia già iniziata ma non abbia ancora potuto accarezzare la polvere bianca! devo correre ai ripari, tanto più che di passare l’ennesima giornata in falesia non ne ho proprio la minima voglia. Non dico che sia nauseato ma sono praticamente due mesi che a parte cercare di scalare non si fa granchè altro. È il momento di fare scodinzolare i legni, saettare giù per le bianche pendenze solo che di candido vedo solo le mutande! Stando ai bollettini, fuori dal Ticino o dalla Valtellina sembra come cacciare il collo sotto la falce della signora in nero. D’altra parte, a stare dove i rischi sono ben più ridotti, bisognerebbe misurarsi con la scala del pericolo frane! Così, alla fine, dopo aver accarezzato la possibilità di sciare in compagnia, mi trovo completamente da solo: sarò un folle o avrò fatto la scelta vincente? Gioco le mie carte con la val Gerola dove l’esposizione e il pericolo valanghe sono a mio favore mentre la scala del pericolo frane dovrebbe starsene appisolata e tranquilla verso il basso. Così mi ritrovo a salire i tornati sopra Gerola Alta con la disperazione di un rabdomante in mezzo al deserto. Ben presto però l’unica cosa che si avvicina cromaticamente al bianco della neve è una sottile coltre ghiacciata che ricopre il nastro d’asfalto: provo a proseguire con l’auto che risponde bene ma poi in discesa? Reggo poche decine di metri e quindi giro i tacchi scegliendo la soluzione più adrenalinica della giornata: meglio tornare indietro e limitare il rischio al minimo. Così, lasciata l’auto alla frazione di Castello, inizio, sci in spalla, a salire su per il pendio. Insomma, le vecchie tradizioni non si abbandonano mai! E pensare che una volta ero affascinato dalle rare opportunità di fare la capannina con gli sci sullo zaino, ora invece la cosa inizia ad essere quasi una routine. In ogni caso, non spallo per molto: raggiunta la frazione dove avevo pianificato di parcheggiare, inizia infatti una mulattiera innevata. La seguo e mi infilo così nella valle solitaria seguendo il percorso sulla carta. Quando la stradina raggiunge il torrente, l’abbandono continuando sempre diritto inseguendo un’inaspettata traccia di scialpinisti che si incunea in un ambiente sempre piö solitario e silenzioso. Supero un breve salto e poi la traccia piega decisamente a sinistra; guardo la carta e sono certo di dover invece continuare diritto e così faccio. L’errore ha inizio. Continuo ad avanzare finchè ben presto mi accorgo di essere fuori strada: poco male, continuando nella stessa direzione, dovrei superare la fascia rocciosa alla mia sinistra e quindi riuscire a salire su per il versante ricongiungendomi sulla traccia giusta. Così faccio e, affrontando un pendio disomogeneo per qualità nevosa, mi trovo ben presto su una specie di piccolo pianoro. La cima resta poco più avanti, verso il fondo della valle ma sembra protetta da un ultimo tratto molto ripido, forse anche troppo. Ci ficco lo stesso il naso scoprendo che, tutto sommato, il pendio è decisamente meno impegnativo di quanto sembrasse e così raggiungo il crinale senza problemi. Esco quindi dal regno delle ombre per entrare in quello del vento! In altre parole: dalla padella, alla brace! Guadagno gli ultimi metri che mi separano dalla croce, scatto un paio di foto e subito cerco riparo sul versante solatio. Ma praticamente è come volere scampare ad una tempesta di sabbia stando nel mezzo del deserto! Eolo soffia, sbuffa, urla in continuazione mentre devo stare ben attento che non mi porti via nulla. Quando poi finalmente sono ben coperto, improvvisamente, il vento cessa la sua corsa! È come se mi avesse beffardamente passato il testimone: lo raccolgo un po’ stizzito e mi preparo per la mia performance. Solo allora mi accorgo della presenza di una vetta più alta sulla sinistra anche se non presto caso al fatto che, stando alla mappa, da quelle parti dovrebbero esserci solo quote inferiori. Così solo un’idea tanto rapida e fuggevole quanto caiana riesce a distrarmi dal tuffarmi sulla discesa: perchè non risalire lungo il crinale e guadagnarsi una seconda cima? Ma l’idea di riprendere a salire quando l’obiettivo è stato già raggiunto non riesce a fare breccia e quindi mi butto giù tra le tenebre.

La prima ruggine se ne va con alcune curve su un pendio appena sufficiente per girare e poi inizio a scivolare veloce giù per il versante. La neve è dura con una crosta portante che mi accompagna fino al piano sottostante dove la situazione diventa meno idilliaca. Numerosi dossi, sotto i quali potrebbero nascondersi altrettanti sassi, costellano la vallata costringendomi ad una discesa di sopravvivenza tipo campo minato fino all’inizio della mulattiera dove finalmente torno a fare correre i legni: ma d’altra parte, in periodi di carestia, bisogna sapersi anche accontentare!

La storia però non può dirsi conclusa così. Quella cima inaspettata più alta della mia mi lascia perplesso; mi rimetto a studiare la carta, comodamente seduto a tavolino, e la soluzione è presto trovata: una volta sbagliavo gli attacchi delle vie, ora addirittura le montagne; toccato il fondo, si può sempre scavare!


Cavallo Goloso


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