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PIZZO CASSANDRA – VAL MALENCO

sabato 15 dicembre '18


Fuori fa freddo ma avrei pensato peggio, il fatto però è che dentro la temperatura sia praticamente uguale nonostante il fornelletto lavori alacremente per sciogliere la neve. Di effetto stalla praticamente manco a parlarne visto che l'unico asino presente è il sottoscritto; non mi resta quindi che starmene imbacuccato nel super piuminazzo alla Kammerlander in attesa che il risotto venga pronto per poi tuffarmi tra le braccia di Morfeo non prima di essermi portato al calduccio del sacco a pelo anche la maglietta usata per arrivare alla Porro, ora ridotta ad un cartonato congelato!

Sto guidando un pullman lungo una discesa piene di curve. I freni rispondono male e l'automezzo, fortunatamente vuoto, sfugge incontrollato lungo il nastro d'asfalto. Davanti un'auto cerca invano di sfuggire al mio folle inseguimento senza però distanziare il torpedone che rimane a pochi centimetri dal suo bagagliaio. Sulla destra il dirupo si apre come un'enorme cicatrice. Non ne vedo il fondo ma non sono nemmeno interessato a scorgerlo, gli occhi incollati alla strada mentre il pullman corre incontrollato sempre più velocemente. Poi mi manca l'appoggio. Scivolo. Porca put...! Sono intrappolato: la spalla sinistra sbatte contro il freddo pavimento mentre i due materassi impilati su cui dormivo sono come una cornice che slabbra oltre la rete del letto.

Alle 7 sono fuori a prendere freddo (ma tanto dentro è uguale tanto che nell'acqua della borraccia galleggia un iceberg che non si scioglierà per tutta la giornata!), il cielo ancora nella sua veste notturna mentre lentamente si avvicina la luce dell'alba. Conosco il percorso abbastanza bene: fino all'inizio del ghiacciaio dovrei essere relativamente sicuro, poi vedrò come sono messi i buchi. I legni scivolano silenziosi mentre batto la traccia finché sotto il manto nevoso scorgo i segni di quello che potrebbe essere un crepaccio. Mi fermo: studio la situazione spostandomi a destra e poi ancora finchè alla fine passo. Non succede nulla.

Sulla terminale, fortunatamente riempita da uno spesso strato nevoso, non ho problemi e così arrivo alla sella dove finalmente riesco a incrociare i timidi raggi del sole; ma è solo un attimo perchè poi mi infilo ancora sul lato oscuro della montagna prima di guadagnare definitivamente la cresta che mi porta in vetta. Intorno è un susseguirsi di montagne innevate: sono totalmente isolato e solitario, disperso in un oceano di picchi e cime mentre il ghiacciaio appena superato appare tormentato dalle cicatrici dei crepacci.

Sto lasciando il punto più alto quando un rumore secco mi raggela il sangue più di quanto non abbia già fatto la temperatura. Sembra il rombo di un tuono ma in cielo non c’è nemmeno una nuvola. Dalla parete del vicino Disgrazia precipita una valanga alzando un polverone che si spande sul pendio. Osservo la massa pietrificato. Sono da poco passate le 10 e il lavoro del sole ha già fatto il suo effetto e io dovrò passare sotto quella ghigliottina. Merda! Ho però solo quella possibilità e dovrò passare il più rapido possibile se non vorrò fare il Tomba ma con l'iniziale minuscola!

Affronto la prima curva e poi la seconda. La neve è dura e ventata. Alla terza lo sci sinistro si stacca e parte per la tangente. Lo vedo scivolare verso valle per poi arrestarsi pochi metri più in basso. Mi metto a correre più preoccupato del rischio di aver perso il mio regalo di Natale che non per il fatto che con questo assetto sia più lento e più facilmente soggetto a finire in qualche buco. Riparto. Una curva. Poi un'altra e un'altra ancora ma lo stronzo si stacca ancora una volta. Ma come diavolo li hanno regolati? Questa volta gli sci si allontanano ancora più in basso e io mi trovo nella zona in cui dovrebbe avere impattato la valanga anche se sul pendio non scorgo alcuna traccia. Rimetto i legni bloccando il puntale dell’attacco e così riesco a perdere quota rapidamente fino a 2100 metri circa. Sono fuori dal ghiacciaio, lontano dalle possibili scariche e sono incolume. A questo punto l'unico rischio che potrei correre è sbagliare qualche curva tra la Porro e Chiareggio e finire nel fiume! Invece sento il tallone muoversi. Cosa c'è adesso? Mi fermo prima di ruzzolare per l'ennesima volta. Guardo in basso. Cazzo! Cazzo! Cazzo! Attacchino di merda! La torretta è tranciata di netto sull'asse orizzontale, proprio sotto all'aggancio con lo scarpone. Tre volte, cazzo, li ho usati tre volte! Tolgo gli sci e affronto a piedi il tratto più pendente che mi resta prima del falso piano dove passa il sentiero glaciologico. Intanto due scialpinisti mi stanno venendo incontro lungo la traccia della mattina.

“Ciao!”

“Ciao; cosa hai fatto?”

“Sono andato al Cassandra”

“Ah! Cavolo. Complimenti! Ma fino alla sella?”

“No, no! Fino in cima”

“Apperò! Da solo? Complimenti e grazie per la traccia!”

“Si, peccato però che abbia rotto l'attacco. Ora mi tocca farmela a piedi”

“Usti! Guarda che affonderai troppo. Ti conviene scendere con uno sci”

Sono perplesso: non sono mica un fenomeno però ci provo lo stesso. Il risultato è che dopo pochi metri sono più stanco di prima: in questo modo non ce la farò mai! Mi conviene scendere con entrambi gli sci ai piedi: uno bloccato e l'altro con il tallone libero, tanto qui è un falso piano.

Così arrivo in prossimità della Porro mentre un escursionista si avvicina.

“Hai fatto il Cassandra? Ti abbiamo visto verso la sella e ti ho tenuto d'occhio. Complimenti!”

Lo riconosco: è l'Ivo Ferrari! I complimenti mi inorgogliscono e affievoliscono un po' l'incazzatura per l'attacco e il regalo di Natale che probabilmente per le prossime vacanze non potrò utilizzare.


Cavallo Goloso


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