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VIA DEL LIBRO – PUNTA KAFMANN

sabato 13 luglio ‘13


Dopo l’ovest è il momento dell’est: la raccolta di bollini mi porta infatti verso la crolloniti ad inseguire un gruppo di amici che passeranno il week end al Catinaccio. Solita levataccia e poi mi metto in macchina per un viaggio solitario verso i monti pallidi con un occhio al tachimetro, uno all’indicatore dei consumi e un terzo (?) alla cartina! In questo senso mi sento un po’ donna: faccio più di una cosa contemporaneamente!

Raggiungo quindi il resto del gruppo al lago Carezza (toponimo che richiederebbe la presenza femminile di cui però devo ancora pazientare l’assenza); la località è quanto di più commerciale (dopo forse le tre Cime) possano rappresentare le Dolomiti: parcheggio a pagamento, bancarelle e sottopasso per raggiungere la vista panoramica su una pozza dai riflessi color smeraldo e sulla quale si specchia lo Scilliar.

Dopo esserci così riempiti gli occhi, facciamo l’ultimo passo verso il caianesimo. Con la seggiovia! Si perchè, forza della tecnologia, l’avvicinamento al rifugio implica un dislivello di ben 10 metri da superare in un minuto e mezzo dopo essersi catapultati dal seggiolino. Ma in realtà la discesa non è stata poi così semplice visto che quell’immobile ciccione del quarto componente della salita alla Salluard mi segue pure oggi! Così, toccato terra, afferro i legacci del saccone e mi metto a correre per evitare di essere investito dal seggiolino. La massa immobile si smuove e, come da prime lezioni di fisica, la sua forza potenziale si somma alla mia spinta: mi vedo così proiettare verso la ringhiera ma, siccome sono Fraclimb, evito il ribaltamento oltre la protezione ricordando che la potenza è nulla senza il controllo! Che poi si potrebbe tradurre: è inutile fare l’8a in falesia se non sai staffare!

Lasciamo il materiale in eccesso al rifugio e veniamo alle strette: che via facciamo? Con un avvicinamento di addirittura 30 minuti dobbiamo darci una mossa e, infatti, riusciamo a sbagliare percorso finendo sui ghiaioni quando un comodo sentiero ci avrebbe condotto subito sotto la parete. Alla fine comunque optiamo per la via più lunga e così inizio a risalire la pera dello zoccolo mentre Silvia fila le corde. Dietro, Christian con Roby e il Polacco attendono pazientemente il loro turno oppure di essere bombardati da un scarica dei numerosi sassi presenti. Fortunatamente tutto fila liscio (anche perchè chi avrebbe poi sentito Cece, Vera e Maura?) e rapidamente sono alla base della fessura di quinto. Non mi ricordavo che in crolloniti un classico 4c potesse sembrare così maledettamente e stomachevolmente duro: la fessura implacabile sale infatti diritta e verticale verso l’alto senza alcun evidente punto debole. Di friend, a meno che non si abbia un bel 5 o forse il 6, non se ne possono mettere e non ho nemmeno la borraccia da incastrare! L’unica protezione, per evitare una rovinosa caduta sulla sosta dal chiodo ballerino, è un bel sasso roteante incastrato: ci passo il cordino e poi tiro fuori la super potenza (cioè l’8a in falesia da cui però mi tengo bene alla larga); lo zaino caiano con tanto di bastoncini infilati non mi disturba più di tanto e con un paio di movimenti raggiungo la salvezza di una clessidra. Di sotto tirano tutti un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo: certo non dev’essere bello vedersi precipitare addosso una massa di 75kg più accessori! Di contro, anche al sottoscritto esce un “sono salvo” perchè non è piacevole vedersi proiettare contro una cengia! La scalata prosegue poi con tiri più semplici dove devo tirare fuori il segugio che c’è in me: il caiano da via sniffa l’aria, da uno sguardo alla relazione e poi sale verso l’alto fino al libro di via. La vetta però è ancora a due lunghezze che superiamo senza problemi fino ad arrivare sopra la valle del Catinaccio dove si apre lo spettacolo delle Dolomiti. Quindi una rapida discesa con annesso canalone innevato stile trampolino di lancio per un viaggio a valle ci riporta al rifugio dove possiamo finalmente chiudere il cerchio della giornata. O almeno questo è quello che credo: Marco mi chiama al telefono e mi propone di raggiungerlo a San Cassiano già questa sera così domani potremo partire presto per la “bollinata”. Una rapida occhiata alla cartina giusto per capire fin dove dovrò guidare quindi mi prendo il quarto componente (che nel frattempo non ha buttato giù un etto) e mi fiondo per il prato alla volta del parcheggio. Rotolo così a valle per poi concludere la maratona verso le 9 quando finalmente tolgo le chiavi dal quadro e mi estraggo dall’abitacolo con il solo desiderio di sdraiarmi finalmente sul materassino.


Cavallo Goloso


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