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SPACCATURA DONES – PRIMO MAGNAGHI (O MAGNAGHI MERIDIONALE)

mercoledì 17 agosto ‘16


Sono ancora succube delle previsioni ma d’altra parte questo è anche il motivo per il quale mi trovo ancora vicino a casa. La mezza salita di ieri mi ha però rinvigorito: questa volta sento proprio il bisogno di una cainata e quindi perchè non puntare le attenzioni su una linea ideale per un vero sostenitore dell’aquila? Strisciare su per un camino, magari umido e un po’ muschioso, incastrarsi con ogni parte del corpo sverginando una specie di gigantesca vagina non è forse un sogno? No, non intendo chiudere il conto mezzo aperto con la Cassin alla Costanza ma piuttosto andare a mettere le mani su un’altra linea che, se un tempo mi procurava parecchia inquietudine, dopo la salita alla via Anna ha iniziato a ronzarmi in testa con sempre maggiore insistenza. Ovvio poi che per ficcarsi là dentro ci voglia un altro folle caiano e così mi ritrovo con il Jag sopra i Resinelli a selezionare il materiale utile per il nostro progetto. Poi, quando siamo sotto la parete, l’idillio si incrina: lo spettro del terrore torna velatamente a farsi avanti. La spaccatura Dones se ne sta lì irridente, disponibile ma contemporaneamente arroccata e difesa in tutta la sua orripilante e contemporaneamente magnifica struttura. Riusciremo a superarla, a entrare nelle viscere della montagna, a passare tra le sue cosce sode? Oppure verremo sputati indietro mentre la parete serrerà le gambe in una morsa inviolabile? L’unica soluzione è metterci dentro naso, braccia, gambe! Così mi carico il materiale e parto. Al cespuglio alla base del tetro camino la situazione inizia a farsi complicata: prima di decidermi a tirare il primo chiodo che incontro passano un paio di ere geologiche poi alla fine tiro fuori le palle e inizio la mia penetrazione. Mentre mi incastro con schiena e spalle sul lato sinistro, la parete sembra assecondare la mia foga almeno finchè mi viene proposta la seconda protezione: un cordino sbiancato e irrigidito del ’15-’18 a sua volta sostenuto da un chiodo appena tornato dalla crociera. Confidando che il primo non si spezzi e la ruggine del secondo tenga insieme i resti del metallo, rinvio la seconda protezione. Tanto più che da qui pare piuttosto difficile cadere visto come sono incastrato all’interno dell’immensa vagina! A questo punto arriva il vero problema: dovrei girarmi verso sinistra ma ciò che riesco a fare è solo voltarmi verso l’esterno della parete, quasi come se volessi farmi sputare fuori dalla spaccatura. Mi esce un “ma perchè mi devo sempre infilare in queste situazioni?” anche se in realtà si tratta di un’espressione più di circostanza che di una vera imprecazione perchè in fondo mi sto divertendo. Poi arriva la novità: incastro di un C3 di rovescio, dietro la schiena! Sostanzialmente non ho la più pallida idea di come la protezione sia incastrata nella roccia anche se, a tirarla, resta in posizione. Lentamente mi alzo ancora un po’ fino a riuscire a rinviare il successivo cordino solo grazie ad un braccio degno dell’ispettore Gadget! Struscio ancora un po’ verso l’alto e finalmente riesco a girarmi. A quel punto la sosta pare una formalità: strizzo un’ottima manetta, mi affido alla potenza del braccio rachitico e mi ribaldo sulla salvezza. A questo punto la parete pare un po’ più disponibile anche se ancora un po’ restia a farsi toccare nel suo intimo così, mentre il Jag mi raggiunge, inizio a studiare i successivi movimenti e come assecondare le voglie del camino.

Riprendo a scalare e, fino al masso incastrato poco sopra, tutto sommato mi va anche bene finchè nuovamente mi areno per superare l’ostacolo. Sembra quasi che provi un certo godimento nel perdere tempo o, più probabilmente, sarà che stare qua dentro mi procura un piacere celestiale? Alla fine mi smuovo almeno fino al successivo ostacolo. A quel punto però le mie braccia non ne possono più: lavoro di violenza, tiro un paio di chiodi e finalmente sono in sosta! A questo punto la parete è completamente nelle nostre mani: estasiata dal nostro atto di libidine, succube dell’orgasmica esperienza si abbandona totalmente alla nostra volontà fino all’apice del godimento, all’urlo liberatorio dopo altre tre lunghezze sempre su roccia spettacolare che ci accompagnano al punto più alto della struttura.


Cavallo Goloso


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