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PARRAVICINI – CIMA DI ZOCCA

sabato 06, domenica 07 luglio ‘19


“Incuranti del tempo foriero di tempesta, le truppe ardite, lasciati gli affetti familiari, si preparano per raggiungere il fronte nemico. La patria (caiana) segue con ardore e trasporto la marcia forzata del drappello”. La voce dell’istituto Luce martella incessante nel cranio come la pallina da squash, d’altra parte di spazio deve averne parecchio visto il nulla cosmico che impera all’interno. Parlare poi di “arditi” quando il ritrovo è continuamente rimandato per assecondare le voglie di piumone, pare quanto meno fuori luogo, soprattutto se si aggiunge che riusciamo a trovarci tutti e tre all’appuntamento con un quasi ritardo sincronizzato.

“La camionetta, carica di materiali, incombe rombante sulla strada ma per il potente motore inerpicarsi per l’erto pendio divorando i tornanti è ben poca cosa. Il morale della truppa è alto: gli uomini fremono dall’impazienza di imbracciare le armi e scalciare dal suolo patrio il nemico abbarbicato sulle vette!”. Qualcuno domanda che ne sia del morale delle donne visto che dei 3 partecipanti 2 sono del gentil sesso ma pare che la voce dell’istituto Luce sia rimasta ferma ad antichi cliché. Intanto abbiamo la prima (e forse unica) botta di culo insperata: al parcheggio gratuito riusciamo a scovare l’ultimo posto libero dove mi infilo stile Mr Bean. “La truppa, raggiunti gli ultimi avamposti del suolo patrio, inizia la lunga marcia verso il fronte nemico. Il cielo plumbeo osserva gli impavidi soldati diretti alla vittoria, il morale sempre alto”. In realtà quest’ultimo tende un po’ a fare come la fossa delle Marianne soprattutto quando, in attesa della navetta, qualcuno suona la grancassa dentro la Valle col risultato che, una volta iniziato a camminare, sembra di essere su una nave in procinto di affondare con i topi che fuggono da ogni dove e noi che procediamo in senso contrario. Poco prima del sentiero per l’Allievi iniziamo a prenderla: all’inizio sono poche gocce, poi sempre più insistenti e così finisce che ci ritroviamo piuttosto umidi. “La truppa, bersagliata dal fuoco nemico e e sotto l’imperversare della tempesta, avanza noncurante verso il fronte dove tosta tuona la battaglia. Nessun segno di cedimento balugina dagli occhi degli uomini che fremono nella cocente attesa dell’imminente scontro”. Poi finalmente arriva il pianone e l’ottimo posto da bivacco che avevamo sistemato in occasione della salita di Così è se Vi Pare: “gli arditi, raggiunti gli ultimi avamposti e ordinate le masserizie, si preparano alla gelida notte mentre le stelle vegliano sul sonno ristoratore”.

Quando suona la sveglia sto ronfando di brutto sotto l’asse che funge da tavolaccio; Jo invece sbuca dalla tenda arzilla e pimpante come stesse aspettando quel momento già da tempo: sarà forse perchè il mio russare l’ha da tempo strappata dalle braccia di Morfeo? Poi il tempo inizia a dilatarsi e finisce che accumuliamo un po’ di ritardo prima che si riesca ad abbandonare il tetto di pietra e ci si avvii su verso la parete.

La realtà è che non ho ben chiaro dove sia la sella da cui raggiungere l’attacco, così procedo a naso su per il ghiaione, poi mi faccio intortare da una cengia che pare quella della relazione e infine, non contento, inizio ad inerpicarmi con un paio di tiri su per una placca fessurata mentre Jo e Anna si ritrovano ad inseguire un folle che pare voglia mostrare loro cosa sia il Caianesimo Extreme! E poi, siccome la roccia non è sufficiente, non ci facciamo mancare nemmeno un ripido nevaio superato il quale il cielo sopra di noi inizia a fare l’incontinente bagnando nel giro di poco tutte le pareti circostanti. “Nell’infuriare della tempesta, i prodi soldati non cedono il passo e, sprezzanti del pericolo, proseguono la marcia indefessa puntando decisi alla meta. Il nemico, asserragliato sugli erti picchi, sente oramai vicina la sconfitta perchè nulla può contro l’impeto dei nostri uomini pronti all’assalto finale”. E come no? In un’altra vita, magari! Non sono un cuor di leone e certamente non sarà questa l’occasione per diventarlo: confidando che il sasso da cui sto facendo sicura sia sufficientemente saldo, butto la doppia e così ci ritroviamo nuovamente sugli sfasciumi giusto in tempo perchè il cielo riprenda a pigliarci per i fondelli tornando nuovamente azzurro! Solo che la giornata arrampicatoria è oramai andata in vacca e così iniziamo la discesa verso il rifugio; intanto l’altro pazzo che staziona da queste parti, preso da un’insolita vena pittorica, inizia a dipingere nuovamente di grigio tutto ciò che ci sovrasta per poi aprire le cateratte col risultato che, quando arriviamo all’Allievi, l’unica parte asciutta è il timpano dell’orecchio! “Sferzati dalla pioggia incessante, gli arditi rientrano alle postazioni amiche dopo una vittoriosa azione fulminea contro le linee nemiche. Il morale è sempre alto e, tosto, la sacra bandiera patria sventolerà sui picchi!”. Sarà, ma per il momento ci resta solo da ricaricarci il materiale da bivacco per poi sorbirci la discesa verso valle.


Cavallo Goloso


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sabato 08 luglio ‘17


Ogni mattina, la preoccupazione principale del leone è essere più veloce della gazzella.

Ogni mattina, la preoccupazione principale della gazzella è essere più veloce del leone.

Ogni settimana, la preoccupazione principale del caiano è organizzare il terreno per la lotta con l’alpe di sabato e domenica.

Giovedì sera sono ancora in balia delle mie paturnie: sembra proprio che questo week end tutti siano impegnati a fare altro. Perchè il canto stridulo dell’aquila non ammalia più come un tempo? Poi a Carate sono folgorato come Paolo sulla via di Damasco: incontro il Danilo e la mia memoria da gallina mi ricorda delle sue parole sul Parravicini così riesco a convincerlo al battesimo di fuoco a base di bivacco il venerdì sera per poi scalare il giorno successivo.

L’ignaro si ritrova quindi a sobbarcarsi la piacevole passeggiata lungo la Valle con partenza da san Martino dato che la navetta ha già terminato il servizio per poi scarpinare verso l’Allievi, il tutto condito dagli effetti dei miei ricordi a macchia di leopardo. Così inizio a rassicurarlo sul fatto che dal ponte ad un fantomatico alpeggio e da qui alla fine della foresta tropicale di abeti e poi al mitico pianone non ci sia poi molta strada ma, evidentemente, qualcuno deve essersi divertito ad allungare il sentiero! Perdendo così di colpo tutta la (scarsa) credibilità e ingurgitando l’amaro calice della verità, mi rassegno al da farsi e ai movimenti tettonici, evidente causa dell’innalzarsi del percorso, e continuo a trascinarmi il più in alto possibile finchè gambe, schiena ma soprattutto stomaco iniziano il loro ‘48. Al pianoro decidiamo quindi di assecondare le richieste dei rivoltosi mentre, come due rabdomanti al contrario, cerchiamo un posto asciutto dove abbandonare la soma e installare la nostra cucina nonché camera da letto sotto un tetto stellato. Oramai ho una specie di routine che rasenta l’autismo: risotto liofilizzato e quindi prendo le sembianze di Tutankhamon nel sacco a pelo.

Il sabato mattina arriviamo all’Allievi con un tempismo perfetto: i componenti del corso regionale per istruttori d’alpinismo si stanno infatti muovendo verso i rispettivi obiettivi, così ci accodiamo alle 3 cordate dirette al Parravicini forti del fatto che, mentre loro punteranno direttamente agli ultimi tiri, noi proveremo l’integrale. Così, appena il sentiero inizia a scendere, ci buttiamo verso un breve canale ghiaioso e poi lungo la successiva rampa al termine della quale la montagna confeziona il suo scherzetto sotto forma di un chiodo ad anello che ci lascia intendere di essere sulla strada giusta. Persi quindi nelle nostre sicurezze, mentre risaliamo la successiva lunga cengia erbosa, ci sforziamo ad incastrare le parole della relazione con quanto abbiamo di fronte finchè ci ritroviamo nuovamente a guardare le chiappe dei caiani davanti! Siccome la vista non è particolarmente interessante, dopo la prima lunghezza, proviamo ad ingegnarci con il primo sorpasso riuscendo però solo ad accavallarci con il trio che ci precede senza scrollarcelo di dosso finchè, alla partenza del quarto tiro, tento nuovamente con una manovra diversiva che spero possa anche essere risolutiva. La via segue infatti un diedro sulla destra che sale parallelo ad un’analoga struttura proprio sopra la nostra sosta: l’idea quindi è quella di iniziare a salire per il diedro che ci sovrasta per poi traversare a destra senza sapere che, cosi facendo, sono come il maialino che si infila la bacchetta del girarrosto! Inizio quindi la scalata tempestando la fessurina di ogni diavoleria senza per altro trovare un punto dove sia facile ricongiungermi con l’itinerario corretto; sostanzialmente sono nella stessa condizione dello stitico: da un lato vorrei liberarmi dal biscione che cresce nell’intestino dall’altro, per quanto spinga e mi sforzi, quello se ne rimane comodamente rannicchiato al calduccio. Solo che oramai la stronzata l’ho fatta. Poiché però sono caiano e ultimamente mi sto infarcendo di letteratura sui generis, arrivato ad uno spuntone, allestisco una sosta con l’idea, una volta che Danilo mi avrà raggiunto, di calarlo brevemente e farlo pendolare verso destra per poi, a due lunghezze dalla vetta, concludere il cinema del sorpasso.

Oramai sentiamo il profumo della vetta ma non l’odore maleodorante dell’alito di Eolo che ci colpisce appena superiamo il punto più alto: ma in fondo questa, insieme ad una piccola perdita della nuvola di Fantozzi che ci sovrasta e all’allegra massacrata di ginocchia per tornare all’auto, è solo la cornice conclusiva di una giornata nel segno dell’aquila.


Cavallo Goloso


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