racconto della via panoramix al paretone (lecco, lombardia)


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PANORAMIX – PARETONE

domenica 20 ottobre ‘13


Dopo la discoteca del sabato sera eccomi alla Discoteca. O meglio: dopo aver lavorato sabato mentre fuori splendevano 8 soli (mi sto ancora fustigando) e essere andato la sera ad una festa multi compleanno, mi trovo a guidare la macchina in completa solitudine verso una falesia del lecchese. D’altra parte, chi può preferisce starsene sotto le coperte in una giornata uggiosa ma io, vittima di crisi d’astinenza, non posso fermarmi a guardare anche oggi l’aria aperta da dietro una finestra. Ho anche pensato a soluzioni drastiche che mi permetterebbero di avere anche i lunedì, i martedì e così via completamente liberi; ma quanto durerei? Cioè: quanto resisterebbero le mie finanze? Poi mi troverei a vedere sempre e solo l’aria aperta ma da sotto un ponte. Alla fine ho quindi convenuto che sia meglio passare 5 giorni in semi prigionia per 2 di libertà.

Risalgo dunque il breve avvicinamento per la Discoteca dove trovo una miriade di altri truzzi FF; mi metto in disparte e inizio la trafila del solitario finchè, vuoi alcune brevi piovute, vuoi l’orario del pranzo, mi ritrovo in esclusiva compagnia di me stesso. Una noia mortale: non ho motivi di dialogo, so già dove va a parare ogni discussione ma, soprattutto, conosco già la conclusione di tutte le barzellette che mi racconto!

A fare venire meno lo sbuffo ci pensa Luca che cambia in corsa i suoi programmi e decide di raggiungermi; completo il tiro (cioè mi isso su per la corda), mi calo e raddoppio la presenza al suolo.

Luca spara subito sul facile centrando la porta con una pallina da golf a mezzo metro dalla linea del goal: perchè non andiamo a fare una via?

Così, sfidando il tempo grigio e minaccioso, ci avviamo verso la vicina Panoramix sperando di non ripetere la capitolazione con Cece. Ovviamente Luca sale da primo e io mi accontento di fare il gregario: d’altra parte, in questo modo posso concentrarmi di più sul gesto tecnico-atletico. Che poi significa rendere un po’ meno elefantiaci i miei movimenti. Diciamo che potrei avere la grazia di un ippopotamo. La prima lunghezza fila via liscia, la successiva invece è già un’altra storia ma riesco ad evitare di rompere i cristalli uscendo dal negozio indenne. Ma lo sforzo e il prolungato stare sulle dita unito al mix della Discoteca mi fanno pagare dazio: sul terzo tiro vedo le stelle, le estremità delle mani cantano l’Alleluia ogni volta che le carico mentre inizio a precipitare nel vortice dello sconforto totale. Continuo però d’impegno cercando di azzerare solo dove sia strettamente e necessariamente indispensabile concludendo così il tiro con una certa dignitosa performance.

Ma il mio stato d’animo è in continuo subbuglio, una nave nella tempesta: alterno momenti in cui vorrei solo tornare a casa o salire il più in fretta possibile ad altri in cui cerco di impegnarmi per scalare il più possibile. Così mentre distruggo letteralmente i calici del quarto tiro cercando di scrollarmi di dosso il più rapidamente possibile il reparto, supero la sezione dei lampadari alla quinta lunghezza provocando solo pochi e limitati danni. Ma poi inforchiamo la scorciatoia e ci fiondiamo direttamente all’uscita. Luca mi chiede infatti che ore siano e, dopo la mia risposta, beatamente mi dice che 10’ prima sarebbe dovuto essere in stazione a Lecco. Siccome la mia barca sta risalendo la cresta dell’onda, ribatto che, se vuole, per me si può anche benissimo scendere e lasciar perdere la bandierina di vetta.

Lui accoglie ben volentieri la proposta e così ci buttiamo verso la base senza da un lato portarci la via in tasca dall’altro scampando nuovamente alla stesura della sua relazione!


Cavallo Goloso


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sabato 29 settembre ‘12


È brutto: il cielo grigio minaccia pioggia ma noi, imperterriti, qualcosa dobbiamo andare pure a fare. All’inizio l’idea é di aprire la stagione in Medale, poi magari tra qualche settimana si tornerà a schiattare di caldo e ci stupiremo di aver scalato alla fine di settembre sopra Lecco, ma i piani cambiamo e noi ci spostiamo sul lago con l’idea di fare una delle vie del Vitali. Cece è ancora un po’ in dubbio: forse é meglio falesiare e posticipare la via al pomeriggio quando il rischio pioggia dovrebbe attenuarsi. Il sottoscritto, preso dalla nuova filosofia secondo cui si raccoglierebbero più risultati facendo vie dure piuttosto che perdere tempo in falesia perché, in fondo, la motivazione é tutto, é invece fermamente deciso a lasciare perdere la falesia. Così ci dirigiamo verso la parete il cui accesso è ostruito da una selva oscura tagliata solo da una stretta e vaga traccia che permette di guadagnare l’attacco. Parte Cece che supera la prima lunghezza e inizia quindi a recuperarmi. Mi sento un po’ arrugginito e come legato ma il tiro é facile e quindi conto di riuscire a scaldarmi prima della successiva lunghezza. Lascio la sosta e inizio la mia salita da primo. Scalo guardingo e lentamente, forse anche troppo piano tanto che Cece inizia un processo di mummificazione ma alla fine raggiungo la cengia intermedia con l’idea di aver superato in libera e a vista il passo chiave; infatti davanti a me c’è un bel muro verticale che non sembra per nulla banale: provo e mi rendo subito conto della cantonata che ho preso mentre la mia boria da pallone gonfiato sibila verso le acque del lago. Ovviamente mi appendo mandando a cagare la filosofia da purista estremo: provo il passo seguente e l’unico appiglio decente che individuo è di stoffa e con due pezzi metallici alle estremità. Raggiungo la sosta e recupero Cece che supera il tiro successivo: vista dal basso la parete sembra leggermente appoggiata e infatti quando scalo la sensazione é di essere sul muro di una casa; per fortuna che nei passi chiave Cece ha lasciato dei provvidenziali cordini verso i quali compio dei lanci estremi. Insomma, doveva essere la giornata dell’arrampicata libera e invece si sta tramutando pericolosamente nel solito valzer della staffata.

Quarta lunghezza: dalla sosta parte uno strapiombino ma il primo spit seppur vicino resta irraggiungibile, non c’è nulla per le mani e anche per i piedi la situazione non è migliore. L’unica soluzione é quindi staffare dalla sosta; provo un paio di volte ma resto sbilanciato: la sosta è troppo a sinistra rispetto lo spit e quindi spingendo sulla gamba questa tende ad aprirsi. Alla fine l’unica soluzione mi illumina il volto: “Cece, devo cliffare! È l’unica!”. Così, dopo Magic Line, per la seconda volta estraggo il ferretto metallico: piccole tacche non ne mancano e, dopo averne individuata una davanti a me, carico delicatamente il cordino e guadagno lo spit. Sono semplicemente esaltato! Nel frattempo inizia a piovere, raggiungo uno spit che in parte fuoriesce dalla sede e poi esco dallo strapiombo raggiungendo la placca soprastante che inizia lentamente a bagnarsi: è il tripudio dell’esaltazione, ci mancherebbe solo l’erba da tirare e sarei a posto. Ma guadagno la sosta solo per dare il via alle calate nonostante la pioggia abbia oramai smesso di scendere. Lasciamo così la via incompiuta in attesa di una preparazione migliore o, più probabilmente, per una prossima sequela di staffate!


Cavallo Goloso


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