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LINEA D'OMBRA – CORNO RAT

sabato 12 aprile ‘14


Il piede non non vuole saperne di entrare nella scarpetta: spingo un po’ e alla fine riesco ad infilarla. Possibile che si sia gonfiato a tal punto? Osservo la calzatura e vedo che ha il puntale rifatto: ma alle mie non ho mai risuolato la punta! Afferro l’altra scarpa e mi levo ogni dubbio: 39 e mezzo, un numero in meno rispetto le mie! Lo scambio deve essere capitato ieri a Carate, pazienza: da stoico caiano soffrirò le pene dell’inferno ma certo non rinuncio alla scalata. L’altra sorpresa è rappresentata dalle protezioni: ci aspettavamo una via sportiva ma davanti a noi salgono chiodacci intervallati a qualche spit. La notizia ci scalda ulteriormente gli animi mentre pregustiamo un po’ di sana lotta con l’alpe finchè il gong suona e l’incontro ha inizio: i primi passi sono doloranti ma poi i piedi si assestano (o forse la concentrazione non mi permette di pensare al dolore) e io salgo leggiadro verso l’alto scoprendo che le scarpe piccole hanno l’enorme vantaggio di essere estremamente precise su ogni minima asperità. Mi incarto solo per un momento, in corrispondenza di una specie di nicchia rischiando di arenarmi per poi riuscire a svicolare dalla sacca e portarmi a casa la libera. Il primo pensiero è togliere il giogo dalle estremità per poi mettermi in attesa di Cece; ci lasciamo alle spalle anche la seconda lunghezza e quindi inizio l’ingaggio della successiva con l’augurio di buone staffate! E invece no! Non staffo e non tiro nemmeno un rinvio: insomma, passo a vista e in libera, niente male soprattutto se consideriamo come era andata sull’Ultimo Shampoo. Ma andiamo con ordine. Il tiro mi accoglie con un diedro verticale chiuso in alto da uno strapiombo stile fauci; mi avvio verso l’anticamera dell’inferno costatando che la chiodatura, seppure abbondante, non è sempre buona ma, fortunatamente nella sezione aggettante, intervallata da solidi spit. Inizio quindi ad avvicinarmi alle zanne superiori studiando per bene i diversi appoggi; salgo bene e insolitamente sicuro riuscendo ad azzeccare praticamente ogni movimento tanto che, con un dinamico, agguanto il labbro superiore e sono fuori. Le braccia pulsano ma fin qui non ho estratto la staffa, quindi devo solo evitare di rompere la frittata! La lunghezza prosegue ancora in diedro ma questa volta appoggiato, peccato però che da qui non passi nessuna impresa di pulizie: la roccia è polverosa, la chiodatura a tratti decisamente inaffidabile e le mie braccia urlano sempre più pietà. Tutto diventa più difficile e la progressione eccessivamente lenta e indecisa; vedo la sosta sempre più vicina ma contemporaneamente lontana anni luce finchè finalmente lancio il comando a Cece: molla! L’ultima lunghezza la salgo baldanzoso e infatti mi prendo la legnata sui denti: mi incollo allo spigolo annaspando disperatamente alla ricerca di un appiglio e poi, faticando ben più del previsto, mi lascio alle spalle il tratto più duro.

Dopo un tale successo non possiamo certo accontentarci e così, scesi alla base, ripartiamo per la vicina Linea d’Ombra. Questa volta però è il valzer della staffata da secondo; sono stufo di tenere i piedi nella pressa e quindi opto per salire con le scarpe d’avvicinamento con il risultato che, nella parte bassa, metto da parte ogni velleità da free climber e torno alla sana tecnica caiana che mai delude. Alla fine, lanciando ora ai rinvii ora ai comodi buchi, riesco a concludere la salita in tempo per spostarci al Tramonto dove torno in possesso delle mie calzature.


Cavallo Goloso


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