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FEHRMANN – TORRE STABELER

domenica 19, venerdì 24 agosto ‘18


Non ci siamo proprio: una simile disfatta non l’avrei mai preventivata né lontanamente immaginata. E pensare che sono stato proprio io a tirarmi la zappa sui piedi, troppo sicuro delle mie capacità.

Ci sono tre priorità: arrampicare, mangiare e giocare a Uno capendone le regole ufficiali. Ebbene, la prima sono riuscito a soddisfarla anche se non proprio come avrei voluto, la terza è stata abbondantemente rispettata nei lunghi momenti di attesa pre e post cena. E poi arriva la seconda, quella che dovrebbe essere il mio cavallo di battaglia ma che in realtà, sotto forma di due strudel degni della Taverna dei Giganti di Obelix, si è trasformata nel cavallo di Troia per Priamo!

Domenica arriviamo al Vajolet e alla fine vengo battezzato con una mezza lavata mentre sto recuperando le corde usate durante le manovre caiane, poi arriva lunedì e finalmente si fa quello per cui siamo in venuti in Crolloniti: scalare, scalare, scalare! Solo che sopra la testa abbiamo sempre la mannaia dei temporali del primo pomeriggio, così va a finire che le vie candidate non superano i 7/8 tiri. Mi trovo così a recuperare la mancata esperienza della coda da esodo estivo con un’interminabile attesa alla base della Fedele alla punta Emma: avessimo almeno le carte da Uno potremmo alleviare il dolce far niente! Poi finalmente inizio a scalare concatenando il diedrone iniziale prima di lasciare al Gughi il tiro successivo mentre dall’alto, a intervalli regolari, grandinano pezzi di dolomia; peccato non avere l’ombrello ma avevo capito che il brutto sarebbe arrivato intorno alle 4. Poi il lassativo funziona e il tappo là davanti si sblocca e così riusciamo a raggiungere una coppia di scimmie urlatrici che mi fanno partire entrambi i timpani con le loro comunicazioni da sosta a sosta. Menomato ma ancora vivo, arrivo alla fine della via di cui mi resta un parere da limbo ma almeno, pur trovandomi “tra quelli che son sospesi”, riesco a scampare dall’opera di Giovani il Battista.

Martedì mi mandano sulla Ferhmann alla torre Stabeler. Già perchè come al solito io non so praticamente nulla delle vie che ci sono in zona e, alla fine, mi lascio guidare dalle scelte degli altri. All’attacco seguo le indicazioni del Jag e mi trovo sotto una pancia che mi pare un bel palo: possibile che sia solo V? Eppure tutto sembra tornare: le roccette facili, la cengia di partenza e poi la fettuccia nera. Sotto lo strapiombo arrotondato vedo l’anello da calata: sono nel punto giusto e allora inizio a scalare mentre le prese saltano fuori come le amanite nei boschi della Walt Disney. Esco dalla pancia e mi trovo sul bagnato ma è solo un antipasto rispetto il terzo tiro dove, più che un pacchetto di Tampax e un bel phone, sarebbe utile un’idrovora con canna da pesca: indosso la muta, afferro le zanche e liquido la lunghezza con la tipica maestria del caiano d’esperienza per poi guadagnare la vetta con un ultimo lungo tiro. Il meglio però arriva al rifugio quando, durante una partita a scopa per alleviare la noia delle gare di Uno, mi illumino di immenso davanti al frigo dei dolci che non la smette di ammiccare e, alla fine, scommetto di divorare due strudel in 1 ora e un quarto. I malefici sponsor che devono avere una qualche partecipazione in aziende di farmaci per diabetici, non tardano a cacciare fuori il grano e io mi ritrovo con più di 2 chili di dolce davanti al naso. Lo attacco quasi come fosse una via ma verso la quarta enorme fetta il livello glicemico che ho in bocca è più alto rispetto quello di uno zuccherificio. Vado avanti ma alla fine della sesta fetta, nauseato dal dolciume del ripieno, sono davanti ad un passo insuperabile e, alla fine, alzo definitivamente bandiera bianca con più di 1 chilo di strudel nello stomaco e qualcosa come 2500kcal che circolano nel sangue!

Mercoledì mi lascio intortare con la Steger alla punta Emma: lasciato il ricordo dello strudel ai piedi della parete, sono pronto per il sentiero-arrampicata dei primi tiri. Per rendere il tutto più interessante, salgo con le scarpe d’avvicinamento confidando che sarà poi Alessandro a smazzarsi i tiri duri. Così, poco prima del tiro di V, mi accodo alla cordata e mi lascio scarrozzare sull’ultima parte di parete.

Ciò che mi suona più strano fino a questo momento è la difficoltà dichiarata delle varie lunghezze percorse. Il V non è il classico V dolomitico: duro, paloso, da morte certa e dove devi tirare come un ossesso. No, qui in Catinaccio sembra abbiano adottato la stessa scala che si trova da altre parti e infatti, come volevasi dimostrare, giovedì sulla Steger alla torre Winkler la scala ritorna ristretta come una maglietta dopo un lavaggio a 90° tanto da spaccarmi le braccia su dei VI che, come dirà il Marco, sono più duri di certi 6c! All’inizio sono titubante: mi immagino l’ennesima caianata mentre mi sono fissato con Passeggiata sui Neri al Catinaccio senza però trovare un pesce (o forse sarebbe meglio dire un allocco) che abbocchi alla mia esca. Così alla fine do una sbirciata alla guida, scopro che saremo prossimi al limite umano e alla fine accolgo la proposta alla torre Winkler. In salita spingo come un treno: non ho voglia di beccarmi il temporale delle 13. All’attacco siamo i primi, dietro una coda da giorno di presentazione del nuovo Iphone: c’è Marco con Alessandro che seguiranno le mie e le chiappe di Elena e poi uno sproposito di cordate che punta alla Winkler sulla Winkler.

Il primo tiro dopo la cengia è un bel palo, oltretutto con alcune prese non proprio asciutte: che strano, è solo una settimana che, tutti i giorni, dall’alto bagnano l’orto! Me la cavo in qualche modo ma alla fine arrivo alla sosta. La partenza del tiro seguente è una specie di boulder a meno di essere alti sufficienti per afferrare la presa buona e, siccome la scala evidentemente si ferma ancora al VI/VI+, la guida recita che si tratta di un bel sesto! Sarà: io so solo che ogni tanto mi devo fermare a sghisare e, quando arrivo in sosta, ho i bicipiti come quelli di Schwarzenegger! La lunghezza seguente mi catapulta sul granito. Già, perchè si alza con un diedro tagliato da una fessura perfetta e regolare da salire con tecnica ad incastro a meno di volere, ancora una volta, tirare come Maciste. Così, vinte le tentazioni del secondo friend che mi stuzzica ad essere tirato, supero il passo più duro e poi inizio a incastrare le mani nella spaccatura umida. Ancora una volta vinco il braccio di ferro con Newton e alla fine arrivo alla sosta pronto per superare lo strapiombo soprastante che si dimostra essere un tranquillo agnellino.

Ma non può certo finire qui perchè alla sosta di calata ci raggiunge la prima cordata proveniente dalla Winkler così ci organizziamo per una discesa rapida e in sequenza. Tutto funzionerebbe al meglio se non fosse per due turisti teutonici che, persa la strada per il museo di Otzi, si sono trovati a risalire la torre su una via non ben precisata. Alla fine ci tocca prestar loro le corde, sistemargli la calata risparmiando così all’elicottero del soccorso una gita sul Catinaccio.


Cavallo Goloso


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