|racconto|   |relazione|   |foto|


DONGALLO – PLACCHE CASCATA VICIMA

domenica 06 settembre ‘15


Quando Micol acconsente ad andare a fare una via, resto stupito: non sono per nulla certo su come andrà la giornata ma, di contro, non sarò io a cercare di deviare il treno in corsa! La meta scelta è nuova per tutti e quattro e dovrebbe garantire una tranquilla scampagnata, senza grossi sbattimenti. Insomma una giornata da FF caiani! Spesi i soldi per l’accesso in Predarossa (ma oggi ho una certa indole da FF e quindi non mi turba sganciare parte del pedaggio), saliamo rapidi verso il tornate dove lasciamo l’auto per poi imboccare il sentiero d’accesso. L’aquila nella gabbia ha come un fremito: praticamente la traccia è una specie di vago ricordo che più che altro intuiamo con una forte dose di immaginazione sapendo solo che la parete deve nascondersi non molto lontano sopra le nostre teste. A parte quindi i rumori dovuti al nostro disboscamento, è Cece a rompere il silenzio con tre esclamazioni di giubilo dopo aver trovato altrettanti porcini: non male se consideriamo che si era partiti con la sola intenzione di scalare!

Dopo quindi una buona dose d’esplorazione, la parete ci si para d’innanzi quasi con le stesse modalità dei funghi: lasciamo strada a Cece e Silvia e poi finalmente buttiamo anche noi le mani sulla roccia. Sarà forse che sono di bocca buona oppure che mi è bastato il breve avvicinamento stile Indiana Jones per darmi la carica, fatto sta che i primi due tiri proprio non mi sembrano da buttare mentre chi mi precede continua a decantare le bellezze del Madagascar. Certo, a volte la linea di roccia passa proprio in mezzo ad alcune zolle erbose poco estetiche ma maledettamente indispensabili per proseguire senza troppi problemi. Azzeramento? Assolutamente no: l’erba fa parte della parete, un po’ come un qualsiasi arbusto! L’FF non pare molto convinto mentre il caiano gongola sciallandosi per la salita e il sottoscritto evita di tirare il rinvio. Micol, dal canto suo, chiude la fila dei gagliardi arrampicatori gustandosi l’arrampicata almeno fino alla fine del terzo tiro, sostanzialmente un’allegra passeggiata nel bosco che porta ad un breve diedro voragine che fatico a decifrare. Cagandomi sotto per il terrore di essere inghiottito nella fessura in cui un elefante potrebbe incastrare una zampa, riesco a raggiungere la sosta, per poi chiudere la via sull’ultimo interessante ma breve tiro che porta sulla specie di cima della struttura. Nella norma, la pratica si sarebbe potuta dire conclusa ma, siccome ultimamente mi piace affrontare discese ben più lunghe e complesse dell’ascesa, questa volta ci pensano le corde e un diedro a rompere le uova nel paniere. Mentre infatti Cece e Silvia sprofondano già nell’abisso delle doppie, io e Micol completiamo la prima calata: mi appendo alle corde e, come un provetto campanaro, inizio a recuperarle. La sonata ha però un solo rintocco perchè le malefiche sono ben incastrate poco sotto la sosta di partenza! Provo spostandomi verso destra tra arbusti e roccette ma alla fine, cosa mai successa in milioni di anni d’arrampicata, non mi resta che risalire alla marinara e liberare l’incastro. Bel riconoscimento per l’unico che aveva difeso strenuamente la bellezza e validità della linea!

In fondo perö la parete non è cosü cattiva e, dopo averci suggerito l’ubicazione del sentiero, sembra volersi sdebitare per lo sgarbo: mentre cerco infatti di rimettere in piedi un ometto, Micol richiama la mia attenzione su un fungo proprio dietro le mie chiappe. Il bel porcinazzo da 3 etti abbondanti ci lascia semplicemente a bocca aperta e, rapidamente, passa dall’umido terreno alle nostre mani. Ma la pentola d’oro non è ancora terminata: poco sotto un altro bel fungo, che ci porta a superare il mezzo chilo, richiama la mia attenzione sotto alcuni ciuffi d’erba a dimostrazione del fatto che quest’ultima porta sempre gioie al caiano puro!


Cavallo Goloso


Per lasciare un commento, clicca QUI