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IL DIEDRO DEL MISTERO – TRAMONTO

domenica 09 dicembre ‘12


Fregato, resto fregato. Dopo il giro a vuoto di ieri, lascio Luca a congelarsi a San Martino mentre Cece e Colo si preparano a sfacchinare su per il Grignone con le rispettive “mogli”. Ora che mi attivo è quasi l’ora di pranzo e quindi metto subito da parte l’idea di andare a sciare. Non mi resta che il classico e immancabile Sasso Giallo! Ma mentre salgo al parcheggio, cambio idea: perchè non andare su una delle multipich del Tramonto? Oramai sono diventato un arrampicatore sportivo, anche la terminologia è da FF! Devo assolutamente rimediare e quindi pianifico una salita in stile big wall con saccone al seguito. La scelta ricade su una via che avevo già affrontato, Amon Ra ma con l’uscita su Piccolo Principe. Questi almeno sono le intenzioni ma prima bisogna iniziare. La prima lunghezza è una formalità ma il traverso finale mi da qualche pensiero per il recupero del saccone; intanto torno all’attacco e “pulisco” il tiro tornando poi alla sosta finale. Inizio quindi a recuperare la corda e il sacco si incastra immediatamente. Provo e riprovo ottenendo solo un nulla di fatto; non mi resta quindi che scendere nuovamente e liberare il saccone. Ritorno su e ora il sacco sale finchè non è la corda ad impigliarsi, ottimo! Sbroglia la corda, libera il sacco e alla fine ho tutto con me. Questo maledetto tiro mi ha occupato per una mezza era geologica, solo perchè voglio provare a fare quello da big wall! Finalmente riprendo a scalare: salgo, salgo, salgo fino ad una placchetta e poi, rapidamente sono alla sosta. Torno giù e sistemo il sacco così che non si incastri fiducioso anche nella leggera inclinazione della lunghezza. In effetti questa volta tutto fila liscio ma, a scanso di equivoci, preferisco non portarmi dietro il fardello anche sull’ultimo tiro. Inizio a salire con l’intento di superare la lunghezza a vista e in effetti riesco a passare lealmente il primo tratto per poi arrivare dove la parete si fa un po’ aggettante. Studio i movimenti e provo ma alla fine sono costretto a mungere e appendermi. Tirando un paio di rinvii raggiungo sano e salvo la sosta per poi fissare la corda e ripetere quindi il tiro in libera. Ora mi aspetta solo la discesa: faccio passare la corda nell’anello di calata, la lego per un capo all’imbraco mentre l’altro passa nel gri gri che ho vincolato all’anello di servizio. Praticamente mi auto calo. In questo modo, passo alla sosta sottostante, carico il passeggero (il saccone) e riprendo a scendere. La roccia lentamente si allontana e io inizio a penzolare nel vuoto finchè mi accorgo di non poter raggiungere la sosta del famigerato primo tiro né, tanto meno, toccare terra. Ottimo, potrei essere nella merda più totale, appeso come un salame senza alcuna possibilità di muovermi. L’unico modo è far girare i criceti che tirano fuori una soluzione senza neppure troppa fatica: devo risalire la corda oppure, in alternativa, tagliarla e saltare quella decina di metri che mi permetterebbero di raggiungere il terreno. Solo che non ho il coltello quindi, se non voglio rovinarmi i denti, non mi resta che andare verso l’alto. Piazzo il croll a monte del gri gri e staffo sul cordino che penzola dall’autobloccante. L’operazione funziona e, abbastanza velocemente riesco a raggiungere un tratto di parete sufficientemente vicina da essere afferrata. Con la roccia nuovamente tra le mani, traverso brevemente a destra verso la seconda lunghezza e poi, disarrampicando per pochi metri, arrivo alla sosta. Salvo! L’altra calata è una pura formalità ma, a questo punto, voglio mettere la ciliegina sulla torta e ripetermi sul Diedro del Mistero. La prima lunghezza la affronto slegato, poi fisso la corda e riprendo a scalare. Questa volta adotto lo stile leggero: niente saccone e voglio provare ad arrivare in cima con un tiro unico. Presa dopo presa, la seconda lunghezza è sotto i miei piedi; ora mi resta solo il diedro. Riprendo a salire e in poco tempo sono in cima. Con un’unica calata sono già a metà del canale iniziale e da qui, disarrampicando, alla base della parete. A questo punto posso dirmi soddisfatto, anche perchè sono quasi le 5 e in giro non c’è più nessuno, così lascio la falesia sola e soletta e mi avvio verso l’auto.


Cavallo Goloso


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