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LA BISSIA E SEXAPELO – BRACHIOSAURO

domenica 09 aprile ‘17


Dopo la Giuliana, avrei scommesso in una tranquilla domenica da FF ma è bastata solo la parola “Valle” per farmi ricaricare lo zaino con ogni armamentario caiano e tuffarmi nella nuova avventura. Pagato l’obolo per l’accesso al paradiso, andiamo a infilarci tra le già numerose auto che ammirano l’imponente faccione del Precipizio, voltato verso la pianura forse perchè stufo del ghiaccio perenne del Disgrazia (cosa che non posso dire della mia macchina fotografica). Cece mi propone quindi la combinazione di un paio di “viette”, roba da nulla, tanto che prima varrebbe la pena scaldarsi su qualche monotiro ma, con la fiamma caiana che brucia già baldanzosa, riesco a dirottare le sue esigenze di riscaldo sull’avvicinamento al Brachiosauro. Come da antica tradizione, l’amico si appioppa quindi la prima lunghezza sperando di salvare le chiappe sulla placca iniziale e scampare il successivo tiro ma, purtroppo per lui, già lungo i primi passaggi, il rischio spiattellamento lievita a dismisura mentre più in alto il capocordata si tramuta in un cerino pronto ad incendiarsi sulla lavagna granitica. Usciti quindi sani e salvi dalla prima esperienza mistica di giornata, ammiriamo la successiva fessura diedro da proteggere: ho voluto il caianesimo extreme? E ora me lo cucco! Ignorata quindi l’ipotesi di aggredire la fessura da sinistra, inizio a salire sopra la sosta dopo aver individuato la sequenza di appoggi e micro appigli che dovrebbero portarmi alla fessura dove salvare finalmente gli attributi da un eventuale volo a piombo sulla sosta. Peccato però che la sequenza di prese si allontani sideralmente e, contemporaneamente, arrivi a farci compagnia lo spalmo sul nulla con contestuale schizzo verso l’alto delle quote di una potenziale evirazione! Siccome dopo tanti anni mi sono affezionato al sacchetto che penzola in mezzo alle gambe, ritiro ogni velleità e torno a fare compagnia a Cece. Possibile che dovremo già alzare bandiera bianca? Praticamente abbiamo solo messo fuori il naso dalla trincea e già sembra che il nemico ci abbia sonoramente sconfitto. Ma l’occhio di falco caiano non è della stessa opinione: individuato un chiodo sulla sinistra, ci propone infatti la logica soluzione per addentarci verso le linee nemiche redarguendomi che il troppo essere FF mi sta facendo dimenticare il principio base del caianesimo: “cercare il facile nel difficile!”. Mi sposto quindi nella direzione indicata e, grazie alla super pompa da falesista, traverso sopra la sosta, affero il bordo di una lama e mi ribalto sul piccolo pianerottolo soprastante, alla base della fessura cattiva. Ora l’unica possibilità è salire verso l’alto ma il livello di pompa è già ai minimi e così non mi resta che ficcare dentro la spaccatura i numerosi “amici” che penzolano dall’imbraco e proseguire con il “ciapa e tira”. Impegnato quindi nella mia opera di carpenteria, mi viene in mente Kirkpatrick sulla Reticent Wall: osservo le camme dei miei friend e e li ringrazio per la loro solidità, o almeno per la fiducia che riescono ad infondermi! Mentre quindi i friend iniziano a lasciarmi con rapidità, anche la fessura passa sotto le scarpe finchè arrivo agli ultimi movimenti: con i rimasugli della pompa, rapido come un felino, tiro il labbro della fessura come se volessi scoperchiare la parete, sbuffo come un locomotore d’altri tempi e poi mi catapulto sul piccolo avvallamento. Ciò che trovo mi fa felice come un bambino a Natale: due luccicanti, robusti spit che significano che i prossimi metri di fessura saranno un problema di Cece. L’impresa però mi ha caricato ulteriormente: non mi interessa se il vero duro dobbiamo ancora affrontarlo, mi sento come un orologio a molla appena caricato, pronto a spaccare il secondo e portarmi a casa la linea!

Intanto me ne sto comodo ad ammirare e incitare le chiappe dell’amico che inizia a sua volta a scaricare l’imbraco dai ferri e infilarli nella spaccatura ora un po’ più clemente di quanto non fosse quella ai miei piedi. Dopo un tiro di raccordo, ci troviamo quindi sotto le placche di Sexapelo, il nostro prossimo carnefice-vittima: tutto dipenderà dalla nostra testa, dalla capacità di spalmo e, soprattutto, di spinta sui piedi! Tocca ancora a Cece: risale il grosso faggio per piazzare un cordino prima di iniziare la placca e quindi sveglia una civetta, la seconda nel giro di un paio di settimane! Spero di non trovarmi fuori casa un manipolo di rappresentanti della LIPU! Il volatile passa sopra le nostre teste e poi sparisce in direzione del Disgrazia mentre Cece inizia a salire verso la mano ossuta della signora in nero fino a raggiungere l'ultima coppia di spit, le nostre colonne d’Ercole: lì il novello Ulisse arresta la corsa della sua barca lasciandomi il comando sul successivo mare di placche. Cerco di cavarmela come meglio posso anche perchè, in caso di naufragio, non colerei a picco ma piuttosto striscerei a grande velocità verso la sosta lasciando un’infinità di cellule sul granito. Un vero peccato nonchè un vero spreco! Spingendo sui piedi, mi allontano sempre più dal mondo conosciuto fino ad arrivare all’ultimo spit visibile. Per il paziente spettatore ancorato alla sosta inizia un interessante quanto lentissimo documentario mentre il sottoscritto si trova, suo malgrado, protagonista di un film dell’orrore. Per prima cosa devo capire da che parte proseguire: con movimenti a rallentatore da sembrare fermi anche per un bradipo, inizio a seguire le minuscole asperità che trovo davanti al naso. La strada scelta però mi porta solo in un vicolo ceco che da il via ad un infinito balletto con una miriade di sali-scendi verso l’ultimo spit; provo poi anche a sinistra alla disperata ricerca dell’unica presa degna di tale nome per poi raggiungere l'apice dell’orrore quando qualcuno spegne per l’attrito e io mi ritrovo con i piedi che scivolano verso il basso! Vedo le estremità perdere preziosi centimetri mentre strisciano sulla placca grigia e, davanti agli occhi, passano le immagini delle braccia scorticate dello sventurato su Colibrì: mi incendierò anch’io? La scena sembra infinitamente lunga ma, al contempo, rapidissima: non faccio in tempo a lanciare un inutile grido che le scarpe, magicamente, riprendono ad incollarsi sul granito. Salvo! Qualcuno ha ristabilito gli attriti! L’esperienza però è al momento più che sufficiente per farmi alzare bandiera bianca e lasciare a Cece la possibilità di condurre la cordata verso l’alto, l'amico però, individuata la soluzione con un caianissimo posizionamento del piede sullo spit e conseguente spostamento verso sinistra, ritorna alla sicurezza della sosta. Siamo forse davanti ad un misero fallimento? Non riesco a capacitarmi per una sconfitta dopo l’estenuante lotta e così, forte dell’intuizione da uovo di Colombo, ritorno in prima linea. Metto il sinistro sullo spit, incrocio il destro su una minuscola asperità e, così facendo, riesco a raggiungere quella specie di costola verticale che fino a pochi minuti prima mi guardava irridente. Una rapida spalmata mi permette di afferrare una micro tacca e poi la famosa presa: una vampata di semi incazzatura mi pervade. Afferro un verticale sopra il successivo strapiombino, punto i piedi e mi ribalto sopra. Sono sempre più determinato. Piazzo due C3 di dubbia tenuta a testa in giù e poi mi avvio a rinviare un arbusto. Sono salvo solo quando ho sotto le chiappe il successivo spit e, a quel punto, la carica adrenalinica ha un tuffo verso il basso: meglio lei che il sottoscritto! Alla successiva coppia di spit e davanti ad una placca infestata di muschi e licheni però non ho più carte da giocare se non quella di fermarmi e recuperare Cece. Lascio quindi l’incombenza di raggiungere la vetta all’amico che, potenza dei tempi passati, si alza noncurante sul tappeto erboso spalmando le scarpette come solo un vero caiano sa fare. Lo guardo allontanarsi dalla sosta insieme a tutte le mie energie fisiche e mentali mentre il grosso faggio in cima alla placca ci accoglie a rami spalancati.


Cavallo Goloso


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