racconto della via architettura gialla alla punta emma, catinaccio (trento, trentino alto adige)


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ARCHITETTURA GIALLA – PUNTA EMMA

sabato 14, domenica 15 settembre ‘18


Quando arriviamo a Gardeccia è come se fossi appena uscito dalla lavatrice: apriamo la porta dell’alberghetto mentre fuori la notte ha avvolto ogni cosa e il gestore, stretto parente del rifugista dell’Allievi, ci squadra come fossimo esattori delle tasse accennando un saluto stentato. Walter prova ad alleviare il clima da pinguini calato nel locale informando che siamo i due che avevano prenotato: l’omuncolo ci consegna le chiavi, ci indica la stanza e noi, prima che ci salti sulla giugulare, ci andiamo a barricare nel locale dai letti ottocenteschi guardandoci bene dal domandare un tè caldo probabilmente diluito con acido muriatico. La mattina la stanza della colazione è apparecchiata solo per noi, unici clienti del conte Dracula che, tutto sommato, deve avere a cuore la salute delle sue denutrite vittime; così, dopo essermi ingollato torte, biscotti e yogurt con muesli, raggiungo il livello calorico minimo per portare a casa la Steger al Catinaccio.

La parete è immensa e allungata come l’uomo di gomma e noi, almeno all’inizio, studiamo le sue linee e i punti deboli ma sul torrione sbagliato finchè, folgorati come Paolo sulla via di Damasco, abbiamo la nostra rivelazione e finalmente puntiamo lo sguardo là dove gli avi caiani hanno tracciato la via. In prossimità dell’attacco veniamo bersagliati da una coppia di granatieri teutonici che, a intervalli regolari, si divertiranno a sganciarci le loro bombe e poi sulla seconda lunghezza me la vedo con l’unto; ma non quello di qualche presa patinata, no: proprio l’infido unto da marmo ecclesiastico con l’aggiunta di una passata di burro! Più su la roccia torna invece bella aderente forse perchè alla partenza del terzo tiro c’è il passo della morte certa. Forse sono un po’ annebbiato ma il rischio di una crisi di nervi sullo scorbutico passaggio è molto alto, poi rinvio il primo chiodo, ringrazio di non essere finito tra le braccia del Walter e finalmente le cose iniziano a filare per il verso giusto. Già mi vedo davanti ad una fettazza di strudel quando, senza accorgermi, subisco la metamorfosi in allocco; la trappola scatta sotto forma di una sosta intorno ad un masso e una specie di rampa che sembra calzare alla perfezione con la relazione. In realtà non ci vuole molto perchè entrambi ci rendiamo conto di essere come Anastasia e Genoveffa con la scarpetta di Cenerentola: nonostante si spinga e si stringano le dita dei piedi, la calzatura non è decisamente della nostra misura! Alla fine non possiamo più nascondercelo: la relazione quadra come un cerchio ma, almeno, la presenza di alcuni chiodi ci conforta sul fatto che qualcuno da qui sia passato. Poi, magari, si è trattato di altri perdigiorno e perdivia come noi ma su questo non stiamo a soffermarci e continuiamo ad avvicinarci verso il soprastante tetto giallo. Sono perplesso: se fossi Steger, non andrei certo ad infilarmi da quelle parti ma è anche vero che se fossi stato Oppio, non sarei mai andato tra gli strapiombi del Sasso Cavallo! Poi il tetto arriva, noi lo svicoliamo sulla sinistra e finalmente ritorniamo su quella che dovrebbe essere la linea giusta nei pressi del camino d’uscita. Superati un po’ di alghe e guano, i due spazzacamini escono finalmente dal condotto fumario per poi raggiungere la croce di vetta. Suonato il silenzio per lo strudel della merenda oramai vaporizzatosi nell’etere, iniziamo quindi la discesa scoprendo così che le soste di calata devono avere una stretta fratellanza con la specie dei conigli in quanto a capacità di riproduzione; queste infatti si sono moltiplicate tanto da farci cadere in uno stato semi confusionale che ci porta a buttare via dell’ulteriore tempo prezioso.

Quando varco le porte dell’alberghetto sulla scia di turbo-Walter, sono quasi le 8. Il mestruato oste mi guarda più o meno con la stessa aria della sera prima ordinandomi di scendere per la cena il prima possibile e informandomi che siamo stati ghettizzati nel locale al piano terra mentre nella sala da pranzo al piano superiore ci sono gli altri commensali, quelli puliti e profumati che non possono mischiarsi con la feccia putrida caiana!

La cena ci viene servita come fossimo delle oche da foie gras al fast food ma, se non altro, risulta piuttosto gustosa anche se resta tutt’ora un mistero l’abbinamento tra canederli e sugo al pomodoro!

Domenica mattina l’albergatore si è ammorbidito e ci concede di uscire dal ghetto per la colazione nonché di lasciare sotto le scale gli zaini col materiale in esubero. La mia idea è di infilarmi sugli strapiombi della punta Emma lungo Architettura Gialla. Walter invece sembra più convinto che faremo la Piaz. Insomma: nella cordata vige il più grande accordo! Poi, siccome sono davanti, alla fine ci troviamo alla base della Steger, diretti verso la via di Grill.

Sul tiro dopo la rampa sembra di essere al Sasso Cavallo: così anche i Crollonitisti possono assaggiare cosa significhi scalare su roccia grigia spaziale! Spero solo di non sfracellarmi e centrare il tiro a segno con tanto di sedia a rotelle disegnata sull’obelisco alla base della placca: me la cavo anche questa volta e poi mi godo la scalata. Alla quarta lunghezza entriamo nei gialli e io inizio a pensare al Luca: “roccia gialla cattivo presagio”. Saluto il Walter sperando di non andare incontro alla lapidazione ma più salgo, più mi stupisco della qualità della roccia che, fino alla fine della via, mi darà del filo da torcere solo in qualche sporadico passaggio.

Al quinto tiro rischiamo di andare a sbattere contro un’enorme molla: non mi arrendo però a fare il rimbalzino e, dopo aver tentato ed escluso la possibilità di salire dallo spigolo a sinistra, mi infilo scettico nel diedro. Vista da sotto la struttura sembra morire contro il tetto soprastante, senza lasciare alcuna possibilità di scampo e invece, proprio dove la faccia del diedro appare più liscia, scovo un ottimo bidito (forse non proprio naturale) che ci apre le porte verso l’alto.

A questo punto devo solo gestire la ghisa, godermi una sosta aerea che mi ricorda le calate da Siddharta e poi guadagnare la vetta.


Cavallo Goloso


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