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VIA NORMALE – GRAN PARADISO

domenica 10 giugno ‘18


In realtà in cima non ci arrivo. Ma nemmeno tutta la marea di caiani che raggiungono il pinnacolo con la madonnina evitando quello poco più alto sulla destra: e pensare che, mentre attendo il mio turno lungo la crestina finale, ho la tentazione di salire quella manciata di metri in bilico sul precipizio. Poi ci penso su: non ho nulla per proteggermi e sono col corso caiano, meglio lasciare perdere, evitare di fare Icaro e raggiungere la vetta secondaria. Eppure meno di un paio d’ore prima di toccare la statuetta ero praticamente certo che non l’avrei mai raggiunta.

Sabato pomeriggio approfitto del mio potente ruolo di vice direttore per accaparrarmi due delle donzelle iscritte al corso e poi aspetto la sveglia antidiluviana che ci permette di lasciare lo Chabod alle 4. Sul ghiacciaio c’è già la festa delle luminarie e noi andiamo ad aggiungerci alla colonna della processione di Ferragosto sicuro che riuscirò a vedere la Madonna. Invece poco dopo esserci legati finisco nella processione al Golgota: il mal di testa infatti ha iniziato a bussare nelle meningi di Raffaella come un testimone di Geova alla porta ma lei, imperterrita, prova a tenere duro finchè Marcello, con abile mossa, riesce a convincerci a fare uno scambio di allievi. Non sono mai stato un amante delle figurine e il risultato si vede: in pochi minuti mi ritrovo turlupinato a guidare una cordata che da femminile è passata a mista. Solo che a quel punto diventano cazzi amari per tutti, soprattutto per Laura e Ivan che si vedono proiettati verso la vetta come se avessero preso lo skilift visto che il sottoscritto passa immediatamente alla modalità “vetta” iniziando a tirare come un forsennato su per il pendio. È una specie di corsa contro le altre cordate, una rincorsa dalle retrovie come in una gara ciclistica che ci permette di raggiungere chi ci precede e passargli sopra le orecchie. Poi sull’ultima rampa prima della cresta ingaggio una gara con tre cordate francesi ma dietro iniziano a mancare le energie e alla fine, all’attacco del tratto roccioso, desisto e le faccio sfilare. Sulla cresta sembra di essere in tangenziale all’ora di punta. Praticamente si fa un giro intorno alla madonnina e poi ci si va ad ingarbugliare con le cordate che salgono. Ovviamente i casi umani sono i più disparati e la cosa non fa che innervosire le guide francesi che devono scendere con i clienti stile papera con gli anatroccoli. Poi finalmente mi trovo a fianco della statuetta incredibilmente da solo, giusto il tempo che Laura e Ivan mi raggiungano insieme al resto dell’orda barbarica. E ovviamente si riforma il tappo cosicché resto in cima ad aspettare e farmi schiaffeggiare dall’arietta dei 4000 finchè finalmente riusciamo a infilarci nella ragnatela di corde e uscire dalla bolgia infernale.

In discesa rotoliamo. Non sarebbe male avere un paio di sci ai piedi ma tutto sommato riusciamo a smontare rapidamente e senza troppo soffrire il castello faticosamente costruito in salita e tornare così al rifugio. Solo che a quel punto mi metto in testa di fare il brillante: sistemato il materiale e liberatomi dello zaino ritorno in quarta verso la montagna perchè all’appello manca ancora una cordata che fortunatamente trovo dopo un paio di centinaia di metri tranquillamente impegnata nella discesa. A quel punto però la gola simile al Salar de Uyuni reclama insistentemente acqua e così torno a rotolare verso valle e, finalmente, ad appoggiare le chiappe su qualcosa di piatto prima di massacrarmi le ginocchia con la discesa all’auto.


Cavallo Goloso


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