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VIA NORMALE – BERNINA (CIMA ITALIANA)

sabato 01, domenica 02 agosto ‘15


Zeus inizia a non avercene più, si frega le mani e finalmente riesce a metterci i bastoni tra le ruote o, almeno così lui crede. Dopo innumerevoli week end con tempo asciutto o dove sono riuscito a schivare la pioggia, questa volta sembra infatti che gli dei dell’Olimpo non riusciranno a trattenere le loro lacrime; tuttavia, gioco ugualmente la mia mano infischiandomene della possibile ribattuta e mi preparo per la nuova sfida. In fondo, se sabato dovesse anche piovere, potremmo accontentarci di raggiungere la Marinelli per poi puntare alla vetta il giorno successivo sotto la promessa di un bel sole. D’altra parte un regalo è un regalo, il tempo passa e questo è l’ultimo week end per puntare al Bernina dopo tentativi che si perdono nella notte dei tempi. Quando mio papà ci aveva provato la prima volta, ero in piena epoca da sogni immaginifici dove qualsiasi salita, anche quella della collina dietro casa, sembrava un’impresa indicibile. Poi c’era stato il tentativo con lui, Lorenzo e Rufus che ci aveva portato, ancora oggi mi chiedo come, a sbagliare canale e a trovarci con il rifugio Marco e Rosa davanti al naso ma separato da un salto insormontabile. Quindi questa volta o la va o la spacca. Il programma prevede di raggiungere la Marco e Rosa, passarci la notte per poi puntare alla vetta e quindi rientrare a casa ma le previsioni sembrano consigliarci la sosta alla Marinelli, rendendo così il secondo giorno una vera maratona. La prospettiva scoraggia le ambizioni del mio socio ma riesco a ravvivarle proponendogli di fare uno zaino unico per l’assalto alla vetta: insomma, tecnica leggera e conseguente rapidità saranno le nostre carte per mettere sotto scacco il meteo. Nonostante tutto, l’ottimismo resta alto e così, ben prima dell’alba, lasciamo Como senza avere completamente accantonato il piano iniziale. Quando però arriviamo in val Malenco, le cataratte si sono appena aperte a dirotto e il nostro castello crolla quasi completamente: in tali condizioni anche solo avventurarsi verso la Marinelli equivarrebbe ad un inzuppata tipo tuffo nel lago! Avessimo almeno shampoo e bagnoschiuma potremmo approfittarne per fare la doccia! A questo punto è la mia cocciutaggine ad entrare prepotentemente in scena: abbiamo tutto il giorno e, stando alle previsioni, il diluvio dovrebbe diminuire così ce la prendiamo comoda e attendiamo l’evolversi degli eventi perchè “chi non risica non rosica!”. E come volevasi dimostrare, basta infatti un’oretta per poter iniziare a camminare sotto una leggera pioggerella che ci accompagnerà per l’infinito sentiero d’accesso, percorso che domani si allungherà come fosse l’uomo di gomma.

Un tempo così inclemente ha però i suoi vantaggi: il rifugio è praticamente vuoto e alle 4 della domenica siamo solo in 7 a partire alla caccia della vetta. Forti della nostra tecnica leggera, sebbene siamo gli ultimi a lasciare la Marinelli, sul deprimente ghiacciaio di Scerscen passiamo gli altri pretendenti mentre un dedalo di crepacci ci costringe ad arzigogolati aggiramenti sui resti agonizzanti del ferito, vittima di un’atroce quanto calda estate. Ci allunghiamo quindi sulla massa ghiacciata annusando il percorso corretto che ci porta ad aggirare il bastione roccioso a difesa del canale che sale verso il rifugio. Mentre la Marco e Rosa sonnecchia sopra le nostre teste, iniziano per noi le prime difficoltà; la crepaccia terminale del canale si apre infatti con una bocca apparentemente tranquilla: scendo brevemente nelle sue fauci mentre alla mia destra i resti di un vecchio ponte di neve indicano dove passava la via; inizio quindi a spicozzare con certa disperazione sul ripido pendio opposto di neve compressa e ghiaccio così da sfuggire dalla tenaglia della bocca famelica. Superato l’ostacolo, è la volta delle roccette rese ora più infide (e quindi più interessanti!) dalla spolverata di neve fresca del giorno prima: risalendo così le catene e poi spostandoci lungo il tratto finale del canale, raggiungiamo finalmente il rifugio che svetta sulle masse di nubi che rovinano sul versante svizzero. Il sole ci accoglie in tutto il suo calore come già non bastasse l’anomala temperatura della zona in ombra e, dopo una veloce pausa, verso le 8 sferriamo l’attacco decisivo. Continuiamo slegati lungo il facile pendio nevoso solcato dalle tracce di una cordata che incroceremo sulla cresta finale e, rapidamente, ne arriviamo al culmine gustando l’aria dei quasi 4000 metri. Ora le cose si fanno un po’ più delicate e così ci leghiamo in cordata. Scalare con i ramponi non è certo il mio forte e sui primi teoricamente facili passi devo convincere la testa che quelle punte gracchianti sulla roccia tengono. È comunque solo una questione di tempo e pazienza finchè mi abituo alla situazione e, con alcuni tiri, raggiungiamo l’ultimo esposto tratto che porta alla vetta italiana. Sono una manciata di passi inattesi: avevamo infatti inteso che il tratto esposto fosse prima della cima principale ma ora ci troviamo alle prese con un passaggio stretto attorniato da due ripidi scivoli che sprofondano verso valle. Provo a convincere il papà ma lui si ritiene soddisfatto, così supero da solo gli ultimi metri e raggiungo la cima italiana. Anche per me è arrivato il momento di dire basta perchè in fondo inizio a soffrire la scammellata e non ho proprio voglia di coprire la breve cresta che mi porterebbe alla cima svizzera. D’altra parte avrò la scusa per tornare da queste parti, magari salendo dal versante elvetico! Così, posizionata anche questa bandierina, non ci resta che scendere lungo l’interminabile percorso che ci riporta all’auto verso l’ora di cena: se quindi già mi erano parsi dei D days quelli del Cengalo, questo certo li batte con gli interessi!


Cavallo Goloso


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