HOMBRE DE MAR – ENGADINA      

domenica 18 dicembre ‘11


Sabato sono solitario al Tramonto ma poi trovo Cece e Silvia e, alla fine, mi aggrego alla coppia. Con i rinvii piazzati e dopo aver ripassato i movimenti vedendo Cece scalare, chiudo al primo tentativo Sunset Boulevard (7a+); beh, a dire il vero, l’avevo già provato più e più volte tempo fa e, il tratto dopo il passo chiavo l’avevo già fatto. Galvanizzato dal risultato, mi butto sul nuovo 7b e, al secondo tentativo, mi riescono tutti i passi: una serie di lanci da puro pannello. Devo “solo” metterli insieme! Solo che, dopo aver sbriciolato un appoggio, ho anche distrutto le braccia e per oggi chiudo con la falesia.

Insomma, dopo gli exploit, il fatto che domenica potrebbe esserci vento non mi turba più di tanto. Guardo le previsioni e scopro che in Engadina prevedono invece nuvolosità con possibile nevischio. Normalmente avrei chiuso la pagina prendendo atto della cosa senza però curarmene più di tanto. Invece mi ronza in testa la ghiotta possibilità di tornare in falesia e così mando un messaggio a Fabio dicendogli di mettere in macchina anche le scarpette che non si sa mai.

Il ritrovo è tardivo per andare a fare cascate: 7 a Lecco è una proposta troppo allettante per poter sprofondare sul cuscino e così non ribatto e la accetto ben volentieri.

Ci muoviamo con l’unica informazione che le guide svizzere hanno dato all’“allegra Fabio”: le cascate si sono formate. Un po’ scarna, ma almeno sembra ci sia materiale dove infilare le nostre picche. Salendo il Maloja prendo la decisione: gomme da neve e altri euri che si volatilizzano; del resto la macchina un po’ troppo leggera è un ottimo motivo per farsi spennare dal gommista. Meglio comunque quello che il carrozziere!

I laghi sono completamente liquidi: “allegra Fabio” siamo sicuri che ci siano le cascate? Vedremo.

Lasciamo l’auto a Pontresina; la val Roseg è appena imbiancata dai 15cm che devono essere caduti il giorno prima. Insomma, gli sci possono continuare a ronfare tranquilli sotto lo strato di polvere. Paghiamo il parcheggio prevedendo un rientro entro le 16:15 e ci avviamo verso la cascata. Il ghiaccio non abbonda, però c’è e noi proviamo. Salgo la prima lunghezza; il tiro non è difficile e sopporto senza troppi problemi lo strato sottile di ghiaccio sotto il quale scorre ancora l’acqua. La seconda lunghezza propone ancora del ghiaccio sottile ma sempre su difficoltà ridotte; Fabio mi recupera alla base del salto successivo. È il tratto più impegnativo e non riesco a trattenermi dal “ringraziare” amichevolmente il compagno per avermi lasciato la patata bollente. Parto. Penso di salire senza problemi i primi metri e infatti piazzo subito due viti. Non sono per nulla tranquillo: il ghiaccio sopra di me rompe la sua crosta liberando lo strato sottostante di migliore qualità. Voglio scendere e chiedo a Fabio un consiglio. Ovviamente lui vede la situazione con l’ottica dello spettatore e può valutare più obiettivamente: in fondo ho due chiodi all’altezza della vita, non corro nessun rischio. Alla fine mi decido e, goffamente, raggiungo la base del primo saltino. Mi torna in mente il commento di Micol di qualche settimana fa a Civate: “avevi l’eleganza di un elefante”! Si, però sono salito su un quintone unto e stra unto con le scarpe d’avvicinamento! Piazzo un chiodo e provo a proseguire ma sono completamente annebbiato. Butto più in alto le picche mentre annaspo con i piedi che praticamente sono delle inutili propaggini. Dovrei imparare a usarli e a fidarmi delle punte dei ramponi. Alla fine faccio qualcosa che non pensavo avrei mai fatto; qualcosa che va contro a quello che ho sempre sostenuto: getto la spugna. Cioè: non rinuncio semplicemente ma decido che con oggi ho chiuso con le cascate. Mi faccio calare in evidente stato di panico. Non mi fido delle protezioni, non mi piacciono le picche, i ramponi mi spaventano; le cascate possono andare a fanculo. Venderò tutto il materiale. Saranno anni, secoli, millenni che non provo una sensazione del genere. Cavallo Goloso sarà stato si e no un Puledro Affamato agli albori del suo alpinismo l’ultima volta che si è trovato in una simile situazione.

Lascio a Fabio la cordata e mi metto in coda ad aspettare e a meditare sul mio futuro. Fabio mi tira su dalla cascata. La tecnica della Fisarmonica si mostra ancora vincente. E intanto ho tempo di pensare: arranco ancora sul tratto più duro ma le picche non le venderò più. Anzi, penso mi deciderò a trovare le dragonne d’attaccare all’imbraco: non me ne frega un cazzo dell’etica moderna! E poi, perchè mai dovrei scandalizzarmi quando, su roccia, staffo a destra e a manca senza alcun ritegno? Poi userò sempre gli scarponi da sci alpinismo; quelli che ho mi danno la maledetta sensazione di poterli perdere da un momento all’altro. E, per finire, sarà meglio iniziare coi monotiri, prendere fiducia nelle tecniche di progressione e, soprattutto, nei materiali. Sarà un’involuzione, ma non me ne frega nulla: non ho mollato con la roccia, mi sono intestardito con lo sci, sono stato ostinato con la corsa, non sarà un pezzo di ghiaccio a fermare la mia cavalcata!

La lunghezza successiva è più facile: fanculo, o scalo da primo e mi tolgo di dosso questa insensata paura oppure parlo solo a vanvera. Prendo i ferri e risalgo la colata per poi arrivare alla base di un canale. Proseguiamo in conserva e, allo stesso modo, superiamo un facile passo di misto per poi raggiungere un altro salto ghiacciato. Faccio sosta e assicuro Fabio. Decidiamo di proseguire per il canale: il ghiaccio è appena sufficiente per evitare di camminare sui sassi e dopo poco più di 60 metri, il capocordata fa sosta ad alcuni alberi. Lo raggiungo e risalgo per il successivo ripido pendio nevoso. Incredibile, il classico ambiente caiano mi trova perfettamente a mio agio: non mi sono protetto perchè era praticamente impossibile, ma mi muovo con sicurezza e senza esitazione. Si tratta solo di fare altrettanto sul ripido!

Oltre la cascata ha termine; cerco con lo sguardo il sentiero citato dalla guida ma non scorgo nulla e così iniziamo la nostra discesa lungo la linea di salita nel vano tentativo di raggiungere la macchina prima del tempo limite: le 16:15! Dovrei svuotare la vescica ma quella può attendere: non sono nelle condizioni di nonno Simpson.

Nonostante siano le 5, nessun foglietto svolazza sul parabrezza della Punto mentre il sole scende lentamente oltre le montagne e il mantello scuro della sera ci avvolge completamente.


Cavallo Goloso


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