PIZZO STELLA – VALLE SPLUGA
venerdì 16 agosto ‘24
Avevo inteso qualcosa di diverso: una salita un po’ meno escursionistica, un po’ meno torre Jenga collassata e, soprattutto, dove ci fosse un poco da scalare. D’altra parte la relazione non lasciava adito a dubbi: “...passaggi di I e II...” tanto che mi era quasi venuto il dubbio che sarebbe potuto tornare utile uno spezzone di corda. Già ma senza imbraco, un paio di moschettoni e magari, per dirla alla Laura, degli “sbatti uova” (comunemente noti come friends) che me ne faccio di qualche metro di corda? Così l’idea del peso aggiuntivo cade come la torre Jenga secondo la saggia massima secondo cui eventualmente poi si vedrà. Partiamo quindi la sera prima con l’idea di dormire al parcheggio, farci raggiungere dall’altra Laura e poi iniziare a sfacchinare. Solo che l’altra Laura si fa attendere oltre il previsto, parcheggia la sua auto, scende dal mezzo e si presenta con un vassoio di paste: la commissione giudicatrice con un’occhiata si scioglie all’istante “ritenendo la giustificazione di siffatto ritardo oltremodo bastevole per non dar luogo a procedere”. Ci sbafiamo la seconda colazione e, con un incrementato carico di zuccheri, prendiamo la mulattiera per il rifugio. L’extra dose energetica si rivela un toccasana per superare il salto che porta alla capanna Chiavenna, una rampa che al ritorno sembrerà infinita un po’ come le scale del paradiso ma fatte al contrario. E poi, finalmente, raggiungiamo il rifugio davanti al lago e all’inconfondibile forma triangolare del pizzo Stella. Da quel punto la salita si fa sempre piè “pepata”. La prima extra razione la scofaniamo subito fuori dalla struttura: destra o sinistra? Prendo la traccia che gira dietro le case allontanandosi dallo specchio d’acqua con la Laura-ritardataria che subito alza le antenne - Ma non dovremmo girare intorno al lago? - Un brivido mi passa per la schiena: mi guardo attorno, provo ad intuire dove vada la traccia e gioco le carte dell’azzardo mostrando una sicurezza che in realtà non ho - È uguale: poi lassù le tracce si uniscono - Convinco la titubante ma io resto con le dita incrociate finchè, effettivamente, i due sentieri si incontrano: vero è che quella era una conclusione abbastanza logica. Così andiamo avanti fino ad incontrare i primi mattoncini Jenga preludio del mega deposito che sovrasta le nostre teste. Qui i dubbi sul percorso si infittiscono più che altro perchè spuntano ometti da ogni parte e, più che seguire quelli, è preferibile scovare i segni di passaggio nella marea di massi accatastati. Probabilmente alla Laura tutto questo farà venire in mente il nostro tentativo al Marco e Rosa e, soprattutto, la fatidica frase che “dalla Marinelli non si deve assolutamente passare”. Forse è per questo che attivo tutti i sensi più del normale per evitare di trovarmi davanti ad una massa instabile di mattoncini impossibile da superare. Invece tutto fila liscio: guadagniamo la cresta e poi da lì è una specie di formalità (almeno per quel che riguarda l’individuazione del percorso). Ci basta solo evitare la sassaiola del duo che, evidentemente, pensa di essere difensore di un qualche castello medioevale e, da parte mia, arroventarmi su quale possa essere il fatidico tratto di II: forse quel passaggio qui? Probabilmente se prendessimo la scala UIAA la bombassimo con un bella dose di ormoni poi ci aggiungessimo una badilata di lievito e quindi stirassimo il tutto! Arriviamo quindi sotto la croce che in giro non c’è nessuno: in lontananza c’è il Bernina e, soprattutto, il Disgrazia e la Laura gongola prima di tornare sopra i mattoncini Jenga.
Cavallo Goloso
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