racconto del piz tuf, rheinwald (grigioni)


|racconto|   |relazione|   |foto|


PIZ TUF – RHEINWALD

sabato 29 dicembre ‘12


Dopo le maratone culinarie che viaggiano di pari passo con la slitta di Babbo Natale, viene il momento di fare i conti con le calorie ingerite e, di conseguenza, bruciare quelle in eccesso. Quindi, niente di meglio di una bella sgambata con gli sci in solitaria. Ovviamente, anche per rispettare la promessa fatta, il parametro preponderante è il dislivello così, preso spunto dalla guida, mi preparo per la nuova avventura che, questa volta, mi porterà in Svizzera, al di là del San Bernardino. Appena lascio la macchina, gli strascichi delle abbuffate si fanno sentire: il primo vero obiettivo è quindi un albero sufficientemente isolato che mi permetta di sganciare la bomba biologica maturata nelle mie interiora. L’effetto dirompente e il tanfo nauseante non scoraggiano però due scialpinisti che passano poco distanti, giusto per confermarmi l’accurata riservatezza della toilette. Dopo il parto, tutto appare più leggero e così mi avvio baldanzosamente lungo l’evidente traccia che conduce alle baite di Dumagns. Grazie al sovraccarico espulso mi risulta relativamente facile raggiungere e superare chi mi precede finchè decido per la prima sosta. Il nuovo thermos, fresco e utilissimo regalo dopo la perdita al Gross Ruchen, si rivela subito un ottimo compagno di salita con un solo neo: l’assenza del bicchiere, mi costringe ad una delicata operazione di sorseggiamento che comunque non impedisce al bollente tè di ustionarmi lingua e palato. Alla fine, per non morire disidratato o per le ustioni di 4° grado, sarò costretto a rimpinguare la bevanda con un’abbondante spruzzata di neve. In ogni caso, individuato il percorso, riprendo a salire o meglio, ad andare avanti: davanti a me si apre infatti una vallata con una pendenza per lo più trascurabile che mi porta al successivo punto di tappa, l’Alp Tumpriv. Dopo una breve salita e l’ennesimo e cosmico tratto in falsopiano, supero il piz Tarantschun alla mia destra mentre la coltre nevosa diventa intonsa: bene, oltre ad avere migliaia di chilometri di sviluppo, dovrò anche battere traccia! Il percorso prosegue quindi superando alcune vallette con relativi sali-scendi e poi, finalmente incappo nuovamente in una traccia. La seguo però solo per un breve tratto perchè questa punta al piz Tuf mentre il sottoscritto mira al Bruschghorn che, ovviamente, è ancora più lontano a chiudere l’anfiteatro della valle ma nonostante la strada passata sotto le pelli, il ritmo resta comunque sostenuto e il morale della truppa ben alto. Ovviamente c’è sempre un “ma”, la classica foratura che impedisce di vincere la tappa. Nella fattispecie uno stupendo e insormontabile salto roccioso. Il fetente si mimetizza per benino tra una piega e l’altra dell’ennesima valletta e così, quando me lo trovo tra gli sci, rimango basito. Da lì non si scende, se non qualche estremismo che oggi non posso certo permettermi. Non mi resta quindi che salire verso il piz Tuf nella speranza, come mi lascia intendere l’orografia del salto, che più in alto ci sia il mitico passaggio a nord ovest. Supero così di buona lena il tratto che ho davanti fino ad aver la matematica certezza che da lì proprio non si passa. Il Bruschghorn mi fa ciao con la manina mentre un ghigno beffardo si disegna sul suo volto. La meta tanto ambita lentamente scivola via da sotto le pelli e si rintana in un buco irraggiungibile. Mi guardo attorno e l’unica altura nelle vicinanze è proprio il piz Tuf: arriverò fin lì e poi si vedrà, magari dal versante nord si riesce a raggiungere l’altra cima. Così in quattro e quattr’otto calco la vicina vetta; ogni ambizioso proposito però crolla come un castello di carte: la cresta che scende alla sella con il Bruschghorn non pare scalabile con l’attrezzatura che mi ritrovo e analogamente i versanti sono tutti scoscesi e inaccessibili. L’unica è tentare di tornare da dove sono venuto e aggirare la barra rocciosa. Tolgo le pelli e in un attimo sono dove termina il salto, circa 300 metri più in basso. Il nuovo progetto ha bisogno di un po’ di matematica: fin qui sono salito per circa 1500m e altri 500m mi separano dalla vetta ambita; in più ci sono i chilometri di sviluppo ma, soprattutto, una discesa che si prefigura con numerose ma brevi risalite. Guardo l’ora e rifaccio i conti; potrei anche farcela, arrivando all’auto intorno alle 4, troppo tardi per essere a casa ad un orario decente. E allora mando a quel paese il Bruschghorn e inizio a scendere; o meglio: inizio a traversare, cercando di evitare il più possibile le risalite. Gli sci scivolano finchè la pendenza lo permette per poi incuzzarsi dove il percorso si fa pianeggiante o, peggio, torna a puntare verso l’alto fino a quando si profilano solo due possibilità: ripellare o levarsi gli sci. Scelgo la seconda considerando che dovrò superare si e no una ventina di metri e così sgancio il primo legno mentre lo scarpone sprofonda fino al ginocchio; tolgo l’altro e arrivo quasi alla cintola; ho la stessa visuale che avevo quando ero all’asilo: 1:20m! Ottimo! Annaspo nella neve e inizio a muovermi: non avrei mai creduto di ringraziare di aver la neve fino al ginocchio! Nuotando in questa specie di farina, dopo una dura lotta degna di certi racconti bonattiani, guadagno l’ennesimo traverso in leggera discesa che mi deposita sula verticale con l’ Alp Tumpriv. Finalmente posso inanellare alcune curve: le prime lasciano un po’ a desiderare, ma poi la neve perfetta mi permette di esprimere il meglio. L’ennesimo tratto in falso piano, con conseguente traversone, mi fa raggiungere le baite di Dumagns: da qui è freestyle extreme! Finalmente sotto gli sci ho una vera discesa con tanto di piccoli salti che affronto agguerrito con foga esplosiva. Le gambe sembrano degli stantuffi che salgono e scendono a ripetizione mentre gli sci disegnano curve sinuose sulla neve già trasformata. In realtà la vista di fraclimb sugli sci deve essere molto meno estetica di quanto creda il sottoscritto ma d’altro canto, il divertimento è certamente ai massimi livelli. Così alla fine, dopo essermi sparato 1500m di dislivello, riesco a sballarmi solo per poco più di metà: un’ottima pianificazione della gita!


Cavallo Goloso


Per lasciare un commento, clicca QUI